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Inferno - Letteratura Italiana

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1.3. La conclusione del canto è netta: coincide con la<br />

fine del racconto del protagonista.<br />

2. Il poeta è sarcastico verso Firenze (vv. 1-6). Aveva<br />

dedicato l’intero If VI, 40-90, ai conflitti che dilaniavano<br />

la sua città. E si dimostra addolorato in If XVI,<br />

64-78. La coinvolge nella condanna ai principi<br />

d’Italia, alla Chiesa e all’Impero in Pg VI, 126-151.<br />

Ne condanna il fiorino che corrompe il mondo in Pd<br />

IX, 127-142.<br />

3. Davanti al folle volo di Ulisse Dante manifesta lo<br />

stesso sentimento provato davanti a Francesca e a<br />

Paolo: come credente condanna le azioni di frode,<br />

come uomo comprende e, in questo caso, ammira<br />

l’amore per il sapere. I due episodi hanno anche un<br />

altro aspetto simile: come Paolo, anche Diomede tace.<br />

Per il poeta l’eroe greco è il simbolo dell’umanità<br />

pagana assetata di conoscenza, per la quale essa è<br />

disposta a sacrificare tutto, anche gli affetti familiari.<br />

L’Ulisse dantesco (l’eroe acheo invece ritorna in patria)<br />

ha davanti a sé due scelte possibili, ugualmente<br />

valide e ugualmente attraenti: la vita tranquillità in<br />

famiglia da una parte, il conseguimento di «virtute e<br />

canoscenza» dall’altra. Sceglie il valore e la conoscenza,<br />

e intraprende il viaggio che lo porta ad esplorare<br />

il mondo sanza gente e quindi alla morte.<br />

3.1. Il viaggio di Ulisse è folle perché estremo, eccessivo,<br />

mai tentato da alcuno, vietato dagli dei. Esso<br />

era la sfida più grande che i protagonisti potevano<br />

lanciare al loro destino. In palio c’era il rischio, il pericolo,<br />

forse la morte; ma anche la conoscenza del<br />

mondo disabitato, la dimostrazione del proprio valore<br />

e del proprio coraggio, il superamento degli ostacoli<br />

e dei pericoli, l’esplorazione dell’ignoto.<br />

4. Nella letteratura medioevale un altro esempio di<br />

sfida estrema e di sfida impossibile è quella che ser<br />

Ciappelletto deve affrontare e risolvere in punto di<br />

morte: se muore senza confessarsi, è sepolto in terra<br />

sconsacrata e i suoi ospiti sono forse uccisi. Egli allora<br />

decide di uscire dalla difficoltà facendo una falsa<br />

confessione a un santo frate, esperto di libri ma non<br />

della vita. Il frate è ingannato ed egli è sepolto con<br />

tutti gli onori nel convento. Dopo morto incomincia a<br />

fare miracoli (Decameron, I, 1).<br />

5. Il poeta drammatizza la scelta di Ulisse, contrapponendo<br />

tra loro due possibilità ugualmente valide:<br />

la famiglia da una parte, la conoscenza dall’altra. Egli<br />

presenta anche davanti agli occhi del lettore questa<br />

duplice possibilità. Ed anche il lettore nel suo intimo<br />

deve scegliere: o l’una o l’altra scelta, poiché<br />

una scelta esclude l’altra. Ma, qualunque scelta egli<br />

faccia, è coinvolto nella scelta, nella storia e nella fine<br />

di Ulisse. Il poeta vuole far provare anche al lettore<br />

i sentimenti, le emozioni, le gioie, le angosce e i<br />

drammi dei suoi personaggi. Nel caso di Ulisse il coinvolgimento<br />

è soltanto emotivo e intellettuale. Nel<br />

caso di Francesca e Paolo il coinvolgimento è religioso,<br />

sociale e personale (If V). Nel caso del conte<br />

Ugolino della Gherardesca è ben più drammatico ed<br />

angoscioso, poiché riguarda l’antropofagia e la necrofagia<br />

dei propri figli e la possibilità di continuare<br />

la famiglia nel futuro (If XXXIII, 1-78). Ma la strategia<br />

del coinvolgimento continua – e in forme sempre<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 78<br />

più complesse – sia nel Purgatorio, sia nel Paradiso.<br />

Alla fine il poeta porta il lettore a partecipare anche<br />

all’essenza divina (Pd XXXIII, 133-145).<br />

6. Il momento più intenso della drammatizzazione è<br />

alla fine del canto, quando Ulisse e l’equipaggio si<br />

rallegrano alla vista della terra che non vedevano da<br />

cinque mesi lunari, e sùbito la loro gioia si trasforma<br />

in pianto, perché dalla nuova terra sorge un turbine<br />

che affonda la nave ed i suoi occupanti. La fine del<br />

canto coincide con la fine del monologo di Ulisse,<br />

che termina di raccontare la sua storia. Né Dante né<br />

Virgilio intervengono con un qualche commento, ad<br />

esempio passando ad altri problemi come in If VI (i<br />

dannati soffriranno di più o di meno dopo il giudizio<br />

universale?) o in If X (i dannati vedono soltanto il<br />

futuro?) o chiedendo chi sono i compagni di pena<br />

come in If X o in If XV. Il motivo di ciò è semplice:<br />

la domanda non avrebbe aggiunto nulla, anzi avrebbe<br />

abbassato la tensione emotiva. In If XXVII invece<br />

non sono i poeti che se ne vanno, come in genere<br />

succede, è l’anima ancora scottata dall’inganno che<br />

se ne va. Dante quindi fa continue variazioni sullo<br />

stesso motivo.<br />

7. Come Capanèo, anche Ulisse sfida i decreti del<br />

cielo, superando le colonne d’Ercole, e dal cielo viene<br />

punito ( If XIV, 43-72). Le motivazioni di Capanèo<br />

e di Ulisse sono però diverse: la violenza contro<br />

il volere degli dei da una parte; l’amore verso la conoscenza<br />

dall’altra. Ma la sorte è la stessa: il gigante<br />

è fulminato da Giove; l’eroe omerico annega con i<br />

suoi compagni davanti alle spiagge del purgatorio.<br />

Per Dante l’uomo deve sottomettersi ai decreti del<br />

cielo. Non li deve violare per nessun motivo. Che<br />

provengano dagli dei pagani o dal Dio cristiano, è<br />

indifferente: si tratta sempre di decreti della divinità,<br />

e in quanto tali devono essere rispettati. Il dramma<br />

dell’uomo sembra essere stato sempre il dramma<br />

della conoscenza: nel paradiso terrestre Adamo disobbedì<br />

a Dio e mangiò il frutto dell’albero della<br />

conoscenza. Fu cacciato dal paradiso e privato<br />

dell’immortalità.<br />

8. Ulisse non può scendere sulle spiagge della montagna<br />

altissima che vede e che è la montagna del<br />

purgatorio per due motivi: a) è ancora in vita; e b) è<br />

pagano, non è battezzato, non ha il dono della fede.<br />

Per Dante, come per ogni pensatore medioevale,<br />

l’uomo è incompleto senza la fede; non può raggiungere<br />

la salvezza dell’anima con la sola ragione.<br />

Ha bisogno della fede. Tra ragione e fede non c’è<br />

quindi contrapposizione: la ragione non può capire<br />

tutto, non può capire le verità supreme della religione,<br />

ha dei limiti, deve ad un certo punto affidarsi alla<br />

fede, che si nutre della rivelazione contenuta nella<br />

Bibbia.<br />

9. Il canto di Ulisse è un canto silenzioso come quello<br />

di Capanèo: in If XIV, 94-114, Virgilio racconta<br />

del gran veglio (il racconto sembra essere senza narratore).<br />

Qui il canto inizia con una lunga descrizione<br />

della bolgia, illuminata da migliaia di fiammelle,<br />

procede con un breve scambio di battute tra Dante e<br />

Virgilio, quindi si sviluppa e si conclude con la lunga<br />

risposta di Ulisse che racconta la storia della sua

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