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Inferno - Letteratura Italiana

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chiede al maestro chi sono i suoi compagni di pena).<br />

Infine procede verso la conclusione: Brunetto raccomanda<br />

il suo Tesoro, nel quale vive ancora. La conclusione<br />

(il poeta paragona il maestro a uno di quelli<br />

che a Verona corrono per il palio) raffredda in modo<br />

rapidissimo la tensione precedente: il poeta prende le<br />

distanze dal maestro e chiude il canto. Anche altrove<br />

Dante contrappone due (o più) parti di un canto – una<br />

fredda (o tiepida o neutra) e una esplosiva –, quindi<br />

conclude in modo secco e netto in pochi versi. In diversi<br />

casi elimina anche la conclusione: l’anonimo<br />

fiorentino che s’impicca nelle sue case (If XIV, 139-<br />

152) o la morte di Ulisse (If XXVI, 136-142).<br />

9. Dante scrittore è velenoso nei confronti di Brunetto.<br />

Gli fa dire: «Tiènti lontano dai costumi poco raccomandabili<br />

dei fiorentini» (v. 69). Il sottinteso è che<br />

egli si è tenuto lontano anche dai costumi poco raccomandabili<br />

del maestro. La battuta, che non fuoriesce<br />

dal linguaggio normalizzato né dal linguaggio<br />

quotidiano, mostra la complessità del linguaggio: il<br />

linguaggio non è puramente descrittivo né è univoco:<br />

è importante ciò che dice ma anche – e forse di più –<br />

quel che sottintende, quel che non dice. Oltre a ciò un<br />

gesto o un atteggiamento non ha soltanto una importanza<br />

funzionale (spingo il carro con le mani), ma anche<br />

una dimensione simbolica (il segno delle fiche,<br />

che un demonio fa in spregio della divinità) o esemplare<br />

(i personaggi sono figure di altro) o di altro tipo.<br />

Insomma il linguaggio è pluristratificato e i testi<br />

vanno letti secondo i quattro sensi delle scritture, che<br />

forse sono di più. E spesso quel che non vien detto,<br />

che viene sottinteso o taciuto o alluso, è più importante<br />

di quel che vien detto.<br />

9.1. Per tutto il poema il poeta è attento ai gesti e ai<br />

comportamenti dei personaggi. Il canto più esagitato<br />

è forse If XXX, quando Mastro Adamo e Sinone,<br />

greco di Troia, si scambiano due pugni e molte invettive.<br />

Ma anche Pg V, dove Dante descrive il comportamento<br />

di chi, nel gioco della mora, vince e di chi<br />

perde.<br />

10. Brunetto lancia una durissima invettiva conto i<br />

fiorentini, che ricopre di molteplici offese. Altre invettive<br />

sono contro i papi simoniaci (If XIX, 90-118),<br />

contro Firenze (If XXVI, 1-6), contro Pisa e contro<br />

Genova (If XXXIII, 79-90 e 151-157), contro i prìncipi<br />

d’Italia (Pg VI, 76-151) ecc. L’invettiva è un genere<br />

letterario diffuso ed apprezzato, che doveva rispettare<br />

numerosi criteri formali. In genere chi la lanciava<br />

si preoccupava di non cadere nelle mani di chi<br />

era oggetto dell’invettiva, altrimenti poteva rimpiangere<br />

il momento in cui l’aveva scritta. La cosa curiosa<br />

è che le civiltà del passato che avevano una popolazione<br />

analfabeta quasi totale avevano una cura per<br />

la retorica e per la comunicazione di gran lunga superiore<br />

alle civiltà moderne caratterizzate dall’industrializzazione<br />

e dal terziario avanzato. Il motivo è semplice:<br />

le società tradizionali, cioè agricole, avevano<br />

più tempo da dedicare ai propri progetti. Perciò i<br />

progetti erano meglio eseguiti. Ben inteso, avere più<br />

tempo può anche significare semplicemente che<br />

c’erano meno impegni e meno cose da fare. Oggi invece<br />

la società di massa, basata su un consumismo<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 63<br />

spinto ed esasperato e sulla produzione di sempre<br />

nuovi status symbol, produce merci – ed anche i libri<br />

e la cultura sono merci – che si comperano, (forse) si<br />

leggono e poi si buttano. La quantità sostituisce la<br />

qualità.<br />

11. Dante conclude il canto in modo originale: fa<br />

correre il maestro in modo disonorevole e lo paragona<br />

a uno che a Verona corre il palio e lo vince. Il<br />

paragone è particolarmente intenso ed efficace per<br />

due motivi: a) è concreto ed è legato alla vita quotidiana<br />

del lettore, e b) è associato ad un avvenimento<br />

sociale – il palio – che coinvolge fortemente lo spettatore.<br />

Il poeta presta attenzione anche alle chiusure<br />

dei canti, e si preoccupa di variarle continuamente. I<br />

goffi e reiterati svenimenti dei primi canti sono<br />

scomparsi (If III, 135; V, 142).<br />

12. Con il maestro, come in molti altri casi particolarmente<br />

importanti, il poeta usa il principio dell’eccesso:<br />

quale potrebbe essere la maggiore offesa in<br />

un mondo in cui la virilità è valore supremo? Chiaramente<br />

l’omosessualità. Così il poeta accusa il maestro<br />

di sodomia. In tal modo la figura di Brunetto<br />

s’imprime più fortemente nell’immaginazione del<br />

lettore. Il gesto con cui Brunetto si fa riconoscere da<br />

Dante è espressivo e potente per la sua volgarità: lo<br />

prende per il mantello e glielo tira. Nella vita faceva<br />

così per avvicinarsi agli altri uomini e, in particolare,<br />

ai suoi studenti. Ma il poeta finge d'ignorare il peccato<br />

del maestro, che invece è ben piantato in fronte<br />

al lettore. E, per contrasto, rivendica i suoi costumi<br />

fortemente virili: “Il mio maestro è all’inferno, io<br />

certamente non vi andrò per quel suo peccato. Però<br />

era un bravo maestro!”. Anche in questo caso egli<br />

usa il principio del contrasto: una cosa bianca è più<br />

bianca vicino a una cosa nera. Un omosessuale è ancora<br />

più volgare e spregevole davanti a chi non lo è;<br />

e chi non è omosessuale è ancora più onesto e degno<br />

di ammirazione agli occhi del lettore. Queste tecniche<br />

retoriche ci sono, ma il lettore fa fatica a vederle<br />

e cade coinvolto nel tranello che lo scrittore gli tende.<br />

Alla fine del canto il poeta reagisce violentemente<br />

nei confronti del maestro: lo maltratta, facendolo<br />

volgarmente correre come un personaggio da fiera.<br />

Chiaramente tutto ciò è giusto: maltrattare un omosessuale,<br />

che offende la parte maschile dell’umanità,<br />

che offende la virilità, che non compie i suoi doveri<br />

nei confronti delle donne (che hanno bisogno di figli<br />

per sentirsi realizzate) e della società (che ha bisogno<br />

di cittadini per esistere e per funzionare, e la mortalità<br />

era costantemente elevatissima), è del tutto legittimo.<br />

Anzi è riprovevole non farlo.<br />

12.1. Oggi i valori sono cambiati e in nome di un<br />

principio di tolleranza male inteso si devono rispettare<br />

anche coloro che non hanno alcun rispetto per<br />

quegli altri che sono la maggioranza. Il paradosso<br />

delle società tolleranti e democratiche è che impongono<br />

alla maggioranza dei cittadini di rispettare i valori<br />

della minoranza e non impongono alle minoranze<br />

devianti di rispettare i valori della maggioranza. I<br />

diritti dei meno valgono maggiormente dei diritti dei<br />

più. Chi offende i diritti o i valori della maggioranza<br />

non è punito, anzi è considerato un eroe, un trasgres-

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