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Inferno - Letteratura Italiana

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del poeta provenzale Arnaut Daniel (1155ca.-1215<br />

ca.) (Pg XXIV, 139-148). Invece nel Paradiso al trisavolo<br />

Cacciaguida mette in bocca un latino suggestivo<br />

ed ipnotico (Pd XV, 28-30).<br />

7. Il valore e la gravità dell’invettiva si colgono soltanto<br />

se si tiene presente il contesto storico: dopo la<br />

morte del papa Bonifacio VIII (1303), che si era preoccupato<br />

della grandezza e del prestigio sia spirituale<br />

sia mondano della Chiesa, sul soglio pontificio va<br />

prima Benedetto XI (1303-1304) e poi Clemente V<br />

(1305-1314), un papa francese, che porta la sede papale<br />

ad Avignone. In tal modo inizia un profondo e<br />

lunghissimo periodo di crisi per la Chiesa (la cattività<br />

avignonese), che si conclude soltanto nel 1378,<br />

quando la sede papale è riportata a Roma. Ciò però<br />

dà luogo al Grande Scisma (1378-1416): la Chiesa ha<br />

un papa avignonese, un altro romano, e per qualche<br />

tempo ha tre papi. Esso si conclude soltanto 40 anni<br />

dopo con il concilio di Costanza (1416-20).<br />

8. Nel 1440 l’umanista Lorenzo Valla mediante una<br />

analisi filologica del testo dimostra che la cosiddetta<br />

Donazione di Costantino è un falso che risale al sec.<br />

VII (De falso credita et ementita Constantini donatione).<br />

La cosa però non deve sorprendere più di tanto:<br />

nel Medio Evo le falsificazioni, le manipolazioni,<br />

le interpolazioni (in buona o in mala fede) erano diffusissime.<br />

O, meglio, non esisteva – perché si doveva<br />

ancora formare – l’idea che il testo andava letto e<br />

tramandato com’era uscito dalle mani dell’autore.<br />

Perciò, se non vogliamo comportarci in modo acritico<br />

e anacronistico, dobbiamo sempre tenere presente<br />

che quelle falsificazioni sono tali per noi, non erano<br />

considerate falsificazioni dai diretti interessati. Con il<br />

tempo i valori e i criteri di scientificità cambiano. E,<br />

se ci fa piacere, possiamo sempre dire che i nostri<br />

sono migliori, più rigorosi e più «scientifici». I medioevali,<br />

per motivi tecnici, non verranno certamente<br />

a smentirci.<br />

8.1. Non deve sfuggire poi che manipolare un testo<br />

significava leggere attivamente un testo. La filologia<br />

invece trasforma il testo in un dato immutabile, in un<br />

corpo morto, senza vita e senza contenuto. Porta alla<br />

imbalsamazione del testo. La tesi poi che si deve riportare<br />

il testo alle ultime volontà dello scrittore ha<br />

provocato numerosi paradossi su cui non conviene<br />

insistere. Non si vuol mettere in discussione l’importanza<br />

di avere un testo senza le letture intermedie che<br />

ci separano dall’autore. Ma non si deve trasformare<br />

in dogma una semplice possibilità e un semplice<br />

strumento di lavoro, il cui valore non è mai teorico, è<br />

sempre legato ai risultati pratici che di volta in volta<br />

permette o non permette. Il restauro filologico poi è<br />

soltanto la condizione o, meglio, una delle condizioni<br />

imprescindibili per capire correttamente un testo. Insomma<br />

il lavoro vero e proprio sul testo avviene dopo<br />

tale restauro. Il corretto approccio a un testo non è<br />

un dogma da applicare meccanicamente. Ha questo<br />

significato: permette di cogliere più facilmente la ricchezza<br />

di un testo.<br />

8.2. Peraltro questo falso ha una sua spiegazione:<br />

giustificare o, meglio, fondare sul piano giuridico le<br />

pretese della Chiesa su Roma e i territori circostanti.<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 69<br />

La Chiesa quindi prende le sue precauzioni per prevenire<br />

future rivendicazioni di quei territori: li riceve<br />

da chi ne può legittimamente disporre e che perciò li<br />

può alienare. Da parte sua Valla dimostra la falsità<br />

del documento non per amore del sapere, ma perché<br />

doveva difendere il suo datore di lavoro, il sovrano<br />

di Napoli, dalle richieste di tributi che la Chiesa avanzava<br />

verso il regno di Napoli, su cui aveva diritti<br />

di origine feudale. Insomma il falso era uno dei tanti<br />

strumenti di lotta politica. E si deve aggiungere: di<br />

ieri come di oggi. Perciò l’analisi filologica è importante,<br />

ma non è l’unica possibile né a priori è la più<br />

importante.<br />

8.3. Da parte sua la Chiesa dimostra buon senso e<br />

responsabilità: a) giustifica sul piano giuridico le sue<br />

pretese, così nessuno può rivendicare il possesso di<br />

quelle terre; b) preferisce fare un documento falso<br />

che spargere fiumi d’inchiostro o di sangue per difendere<br />

in séguito le sue pretese; c) l’attacco che subisce<br />

non è fatto in nome della verità, ma per sottrarsi<br />

ai suoi tributi ed eventualmente per impossessarsi<br />

dei suoi beni; d) se non s’impossessava lei dei<br />

beni, ci avrebbero pensato i nobili di Roma o di Napoli,<br />

colpevoli soltanto di essere arrivati con secoli<br />

di ritardo. Ci sono le prove: a) i piccoli tiranni delle<br />

città italiane legittimano le loro conquiste fatte con<br />

la forza acquistando titoli nobiliari dall’imperatore o<br />

dal papa; b) le tesi di Martin Lutero (1517) scatenano<br />

sùbito gli appetiti di contadini, cavalieri e principi<br />

tedeschi sui beni della Chiesa...<br />

8.4. Il falsificatore doveva essere molto abile, se<br />

passano 750 anni prima che sia scoperto…<br />

9. Virgilio prende in braccio due volte Dante (vv.<br />

34-45 e 124-130). Anche in séguito il poeta si aggrappa<br />

a Virgilio (If XXXIV, 70). Invece altrove<br />

non riesce ad abbracciare Casella, perché è un’ombra<br />

vana, «fuorché nell’aspetto» (Pg II, 79-81), mentre<br />

i due poeti Sordello da Goito e Virgilio si abbracciano<br />

(Pg VI, 73-75). Non ha senso leggere<br />

l’opera per individuarne le contraddizioni. Dante<br />

non è un logico, è un poeta. E come tale si prende la<br />

libertà di decidere come vuole.<br />

10. La conclusione del canto è rapidissima, un solo<br />

verso (v. 133), che aggancia il canto al canto successivo.<br />

In tal modo si ripete il contrasto tra parte tranquilla<br />

e parte infuocata del canto. Un altro canto che<br />

si conclude allo stesso modo è If XV: Brunetto Latini,<br />

il bravo maestro del poeta che gli preannuncia<br />

fama e gloria, rincorre volgarmente la schiera dei<br />

suoi compagni e sembrava, al pallio di Verona, colui<br />

che vince, non colui che perde.<br />

La struttura del canto è semplice: 1) il poeta inveisce<br />

contro Simon mago e tutti i suoi seguaci; quindi<br />

2) Virgilio lo porta nel fondo dell’argine, dove sono<br />

puniti i simoniaci; 3) il papa Niccolò III lo scambia<br />

per Bonifacio VIII; poi racconta come in vita ha imborsato<br />

denaro e lì se stesso; 4) Dante allora lancia<br />

una violentissima invettiva contro i papi simoniaci,<br />

che piace a Virgilio; 5) il ritorno dei due poeti sull’argine<br />

conclude il canto.

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