Inferno - Letteratura Italiana
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a la miseria del maestro Adamo:<br />
io ebbi vivo assai di quel ch’i’ volli,<br />
e ora, lasso!, un gocciol d’acqua bramo.<br />
Li ruscelletti che d’i verdi colli<br />
del Casentin discendon giuso in Arno,<br />
faccendo i lor canali freddi e molli,<br />
sempre mi stanno innanzi, e non indarno,<br />
ché l’imagine lor vie più m’asciuga<br />
che ‘l male ond’io nel volto mi discarno.<br />
La rigida giustizia che mi fruga<br />
tragge cagion del loco ov’io peccai<br />
a metter più li miei sospiri in fuga.<br />
Ivi è Romena, là dov’io falsai<br />
la lega suggellata del Batista;<br />
per ch’io il corpo sù arso lasciai.<br />
Ma s’io vedessi qui l’anima trista<br />
di Guido o d’Alessandro o di lor frate,<br />
per Fonte Branda non darei la vista.<br />
Dentro c’è l’una già, se l’arrabbiate<br />
ombre che vanno intorno dicon vero;<br />
ma che mi val, c’ho le membra legate?<br />
S’io fossi pur di tanto ancor leggero<br />
ch’i’ potessi in cent’anni andare un’oncia,<br />
io sarei messo già per lo sentiero,<br />
cercando lui tra questa gente sconcia,<br />
con tutto ch’ella volge undici miglia,<br />
e men d’un mezzo di traverso non ci ha.<br />
Io son per lor tra sì fatta famiglia:<br />
e’ m’indussero a batter li fiorini<br />
ch’avevan tre carati di mondiglia”.<br />
E io a lui: “Chi son li due tapini<br />
che fumman come man bagnate ‘l verno,<br />
giacendo stretti a’ tuoi destri confini?”.<br />
“Qui li trovai – e poi volta non dierno –”,<br />
rispuose, “quando piovvi in questo greppo,<br />
e non credo che dieno in sempiterno.<br />
L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo;<br />
l’altr’è ‘l falso Sinon greco di Troia:<br />
per febbre aguta gittan tanto leppo”.<br />
E l’un di lor, che si recò a noia<br />
forse d’esser nomato sì oscuro,<br />
col pugno li percosse l’epa croia.<br />
Quella sonò come fosse un tamburo;<br />
e mastro Adamo li percosse il volto<br />
col braccio suo, che non parve men duro,<br />
dicendo a lui: “Ancor che mi sia tolto<br />
lo muover per le membra che son gravi,<br />
ho io il braccio a tal mestiere sciolto”.<br />
Ond’ei rispuose: “Quando tu andavi<br />
al fuoco, non l’avei tu così presto;<br />
ma sì e più l’avei quando coniavi”.<br />
E l’idropico: “Tu di’ ver di questo:<br />
ma tu non fosti sì ver testimonio<br />
là ‘ve del ver fosti a Troia richesto”.<br />
“S’io dissi falso, e tu falsasti il conio”,<br />
disse Sinon; “e son qui per un fallo,<br />
e tu per più ch’alcun altro demonio!”.<br />
“Ricorditi, spergiuro, del cavallo”,<br />
rispuose quel ch’avea infiata l’epa;<br />
“e sieti reo che tutto il mondo sallo!”.<br />
Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 89<br />
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118<br />
61. l’infelicità di maestro Adamo. Io ebbi in vita più<br />
di quel che volli ed ora, ahimè!, bramo una goccia<br />
d’acqua. 64. I ruscelletti, che dai verdi colli del Casentino<br />
discendono giù in Arno facendo i loro canali<br />
freschi e inzuppati d’acqua, 67. mi stanno sempre<br />
davanti agli occhi, e non invano, perché la loro immagine<br />
mi fa sentir la sete più del male che mi fa<br />
dimagrire il volto. 70. La severa giustizia, che mi<br />
tormenta, trae motivo dal luogo in cui peccai, per<br />
farmi sospirare di più. 73. Lì, nel Casentino, si trova<br />
il castello dei conti Guidi da Romena, dove falsificai<br />
la lega che reca impressa l’immagine di [Giovanni]<br />
Battista (=il fiorino). Perciò lasciai il mio corpo bruciato<br />
lassù. 76. Ma, se io vedessi qui l’anima trista di<br />
Guido o di Alessandro o di lor fratello, non scambierei<br />
questo piacere con quello di bere alla fonte Branda.<br />
79. Qui dentro c’è già l’anima di uno di loro<br />
(=Guido), se le ombre arrabbiate che qui si aggirano<br />
dicono il vero. Ma che cosa mi giova con queste<br />
membra che m’impediscono di muovermi? 82. Se io<br />
fossi ancora tanto agile, da potermi muovere in cento<br />
anni anche soltanto di qualche pollice, mi sarei già<br />
messo in cammino verso il fondo della bolgia, 85.<br />
per cercarlo tra questa gente deforme, anche se la<br />
bolgia ha la circonferenza di undici miglia ed è larga<br />
non meno di mezzo miglio. 88. Per colpa loro io mi<br />
trovo in mezzo a questa famiglia, perché m’indussero<br />
a batter fiorini che avevano tre carati di metallo<br />
vile.» 91. Ed io a lui: «Chi son quei due tapini, che<br />
per la febbre fumano come le mani bagnate<br />
d’inverno e giacciono stretti alla tua destra?». 94. «Li<br />
trovai qui» rispose, «quando precipitai in questa bolgia.<br />
Non si mossero mai e credo che non si muoveranno<br />
in eterno. 97. Una è la falsa (=la moglie di Putifarre)<br />
che accusò Giuseppe; l’altro è il falso Sinone,<br />
greco di Troia. Per la febbre altissima mandano questa<br />
gran puzza di olio bruciato.» 100. Uno di loro,<br />
forse indispettito dal modo spregevole in cui era stato<br />
indicato, gli diede un pugno sulla pancia gonfia e<br />
dura. 103. Essa risuonò come fosse un tamburo. Maestro<br />
Adamo a sua volta lo colpì sul viso con un pugno<br />
che non parve meno duro, 103. dicendogli:<br />
«Anche se non posso muover le membra rese pesanti<br />
dall’idropisia, ho ancora il braccio capace di colpire».<br />
109. Egli rispose: «Quando tu andavi al rogo,<br />
non l’avevi così rapido. L’avevi così agile, e anche di<br />
più, quando coniavi moneta». 112. E l’idropico: «Tu<br />
dici il vero in questo caso; ma tu non fosti un testimone<br />
così verace, quando a Troia ti fu chiesto di dire<br />
il vero». 115. «Se io dissi il falso, tu falsasti il conio<br />
(=la moneta) disse Sinone; «io son qui per un solo<br />
inganno, tu sei qui per più inganni di qualsiasi demonio!»<br />
118. «Ricòrdati, o spergiuro, del cavallo di<br />
Troia» rispose quel che aveva la pancia gonfia,<br />
«vergògnati che tutto il mondo lo sa!»