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Inferno - Letteratura Italiana

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neve. Un’anima si rivolge a Dante e gli chiede se la<br />

riconosce. Il poeta risponde di no. Il dannato è il fiorentino<br />

Ciacco. Dante allora gli pone tre domande: a<br />

quale conclusione verrà Firenze dominata dalle fazioni;<br />

se vi è qualche giusto; perché la città è dilaniata<br />

dalla discordia. Ciacco risponde che i Bianchi ed i<br />

Neri si scontreranno in modo sanguinoso e che nel<br />

giro di tre anni i Neri conquisteranno la città con<br />

l’aiuto del papa Bonifacio VIII, che ora si barcamena;<br />

i giusti son due e non sono ascoltati; la superbia,<br />

l’invidia e l’avarizia sono le cause degli scontri. Dante<br />

allora chiede dove sono le anime di coloro che operarono<br />

per il bene della città. Ciacco risponde che<br />

sono tra le anime più nere: se scende ancora<br />

nell’inferno, le potrà vedere. Quindi lo prega di ricordarlo<br />

nel mondo dei vivi e si lascia cadere giù.<br />

Riprendendo il viaggio, Dante chiede a Virgilio se i<br />

dannati soffriranno di più o di meno dopo il giudizio<br />

universale. Virgilio risponde che, più una cosa è perfetta,<br />

più sente il bene e, ugualmente, il dolore. Essi<br />

perciò soffriranno di più, perché allora, avendo anche<br />

il corpo, si avvicineranno di più alla perfezione. I<br />

due poeti continuano a parlare fino al cerchio sottostante.<br />

Canto X: sesto cerchio; gli eretici; Farinata degli Uberti<br />

e Cavalcante de’ Cavalcanti; le profezie di Farinata<br />

sul futuro di Dante<br />

Dante e Virgilio percorrono un sentiero tra le mura<br />

della città di Dite (=Lucifero) e le arche degli eretici.<br />

All’improvviso da un’arca esce una voce, che prega<br />

il poeta di fermarsi. Farinata degli Uberti chiede a<br />

Dante chi furono i suoi antenati. Sapùtolo, riconosce<br />

che furono fieri avversari a lui, ai suoi antenati ed<br />

alla sua parte, così che per ben due volte li disperse.<br />

Il poeta ribatte che i guelfi ritornarono l’una e l’altra<br />

volta, mentre i ghibellini non vi riuscirono. Allora<br />

dall’arca si sporge un’altra anima, che guarda intorno<br />

a Dante. Quindi tra le lacrime chiede dov’è suo figlio<br />

e perché non è con Dante. Il poeta, che ha riconosciuto<br />

Cavalcante de’ Cavalcanti, risponde che Virgilio<br />

lo guida da Beatrice, che forse Guido non ebbe<br />

cara. Cavalcante chiede allora se suo figlio è ancora<br />

in vita. Dante esita a rispondere. L’anima allora si<br />

lascia cadere giù. Davanti a questa scena Farinata<br />

non muta aspetto e riprende il discorso interrotto: la<br />

cacciata dei ghibellini lo tormenta più di quel letto di<br />

fuoco; ma anche Dante saprà tra cinquanta lune<br />

com’è difficile ritornare in patria. Il poeta poi chiede<br />

a Farinata di sciogliergli un dubbio: sembra che i<br />

dannati conoscano il futuro ed ignorino il presente.<br />

Farinata lo conferma ed aggiunge che hanno notizie<br />

del presente soltanto per l’arrivo di nuove anime:<br />

dopo il giudizio universale la loro conoscenza sarà<br />

completamente estinta. Dante chiede il nome di chi<br />

sta con lui. Il dannato nomina Federico II di Svevia e<br />

il cardinale Ottaviano degli Ubaldini. Riprendendo il<br />

viaggio, Dante pensa alle predizioni avverse. Virgilio<br />

gli dice di tenerle a mente, perché da Beatrice saprà<br />

quale sarà la sua vita futura.<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 105<br />

Canto XI: quarto cerchio, gli eretici; il papa Anastasio<br />

e Fotino; Virgilio spiega l’ordinamento dell’inferno<br />

secondo i tre gradi di violenza (incontinenza,<br />

malizia e matta bestialità)<br />

Dante e Virgilio passano accanto alla tomba del papa<br />

Anastasio, che si è fatto traviare da Fotino. Poi Virgilio<br />

spiega l’ordine dei tre cerchi sottostanti, dove<br />

sono puniti i peccati che fanno capo all’ingiuria.<br />

L’ingiuria (o l’ingiustizia) che si reca al prossimo si<br />

suddivide in violenza (primo cerchio dei tre) e frode<br />

(secondo e terzo cerchio). La violenza poi si può fare<br />

contro Dio, contro se stessi, contro il prossimo; e in<br />

due modi diversi, direttamente verso di essi o indirettamente<br />

verso le loro cose. Ad ognuno di questi tre<br />

modi è riservato un girone. La frode, che spiace più a<br />

Dio perché richiede l’uso dell’intelligenza, può avvenire<br />

in due modi: verso chi si fida e verso chi non<br />

si fida (secondo e terzo cerchio rispettivamente). Il<br />

primo peccato offende la benevolenza naturale, che<br />

congiunge tutti gli uomini. Il secondo, più grave, mina<br />

le basi della società. A una domanda di Dante<br />

Virgilio spiega poi che l’incontinenza (lussuria, gola,<br />

ira, avarizia e prodigalità) è punita nei cerchi superiori<br />

perché offende meno Dio: nell’ordine spiacciono<br />

a Dio l’incontinenza, la malizia e la matta bestialità.<br />

Canto XIII: settimo cerchio, secondo girone; la selva<br />

dei suicidi; suicidi e scialacquatori; Pier delle Vigne;<br />

Lano da Siena e Giacomo da Sant’Andrea; un anonimo<br />

fiorentino<br />

Il centauro Nesso trasporta i due poeti oltre il Flegetónte,<br />

nella selva dove le Arpìe straziano le anime<br />

dei suicidi. Virgilio dice a Dante di spezzare il ramo<br />

di un albero, così saprà l’origine delle grida che sente.<br />

Il poeta lo fa: dal ramo escono parole di dolore e<br />

sangue. Virgilio allora prega l’anima incarcerata nel<br />

tronco di dire il suo nome, perché Dante la può in<br />

qualche modo ripagare, rinfrescando il suo ricordo<br />

nel mondo, dove gli è concesso di ritornare. Il tronco<br />

dice di essere Pier delle Vigne, di aver tenuto ambedue<br />

le chiavi del cuore di Federico II di Svevia. Fu<br />

fedele al suo glorioso incarico, per il quale perse il<br />

sonno e la salute. L’invidia della corte lo spinse però<br />

a suicidarsi, anche se era innocente. Il poeta quindi<br />

gli domanda come le anime dei suicidi si legano a<br />

quei tronchi. Il cortigiano risponde che l’anima del<br />

suicida cade nella selva, dove germoglia e diventa<br />

albero: le Arpìe, mangiando le sue foglie, provocano<br />

dolore e lamenti. I poeti sono ancora attenti davanti<br />

al tronco, quando da sinistra spuntano due dannati<br />

(=Lano da Siena e Giacomo da Sant’Andrea), nudi e<br />

graffiati, inseguiti da nere cagne. Uno dei due (=Giacomo<br />

da Sant’Andrea) si lascia cadere su un cespuglio.<br />

Le cagne lo raggiungono e lo sbranano. Il cespuglio<br />

allora si lamenta. Virgilio gli chiede chi è.<br />

L’anima lo prega di raccogliere ai piedi del tronco le<br />

foglie strappate. È fiorentino e s’impiccò nella sua<br />

casa.

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