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Inferno - Letteratura Italiana

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due poeti possono scendere nella bolgia sottostante<br />

soltanto per un ponte lì vicino. Quello che vedono<br />

era caduto a pezzi 1266 anni prima (=alla morte di<br />

Gesù Cristo sulla croce). Egli deve organizzare un<br />

gruppo di diavoli, per controllare che i dannati non<br />

escano dalla pece. Essi li possono accompagnare.<br />

Dante vorrebbe procedere senza la scorta. Virgilio<br />

dice che i demoni digrignano i denti contro i dannati.<br />

Il drappello dei diavoli è pronto e chiede il permesso<br />

di partire. Il loro capo dà il segnale con una scoreggia.<br />

Canto XXVI: ottavo cerchio, ottavo girone; i fraudolenti;<br />

Ulisse e Diomede; la fine di Ulisse<br />

Dall’arco di ponte Dante vede tante fiammelle, che<br />

rendono tutta splendente l’ottava bolgia. Virgilio<br />

spiega che esse racchiudono le anime dei fraudolenti.<br />

Il poeta vede una fiamma a due punte, domanda chi<br />

è e se può parlare con essa. La guida risponde che<br />

essa punisce Ulisse e Diomede, che insieme prepararono<br />

i loro inganni. Quindi si rivolge alla fiamma e<br />

la prega che uno dei due racconti dove andò a morire.<br />

Dalla punta più alta della fiamma esce la voce di<br />

Ulisse: dopo aver lasciato Circe, né la tenerezza per<br />

il figlio, né il rispetto per il padre, né l’amore per<br />

Penelope riuscirono a vincere in lui il desiderio di<br />

conoscere il mondo e gli uomini. Perciò con una sola<br />

nave si diresse verso lo stretto di Gibilterra, dove Ercole<br />

aveva segnato i confini ultimi della terra. Prima<br />

di varcarlo, incitò con un breve discorso i fidati<br />

compagni: essi non devono negarsi l’esperienza, seguendo<br />

il corso del sole, di esplorare il mondo senza<br />

gente; non sono nati per vivere come gli animali bruti,<br />

ma per conseguire valore e conoscenza. Così infiammati,<br />

i suoi compagni fecero dei remi ali al folle<br />

volo. Da cinque mesi lunari essi navigavano piegando<br />

sempre più a sinistra, quando videro una montagna<br />

altissima (=il purgatorio). Tutti si rallegrarono,<br />

ma sùbito la gioia si trasformò in pianto, perché dalla<br />

montagna sorse un turbine, che affondò la nave.<br />

Canto XXVII: ottavo cerchio, ottavo girone; i fraudolenti;<br />

la situazione della Romagna; Guido da Montefeltro<br />

e l’inganno del papa Bonifacio VIII<br />

Ormai la fiamma di Ulisse e di Diomede se ne sta<br />

andando, quando si avvicina un’altra fiamma, che<br />

chiede notizie della Romagna. Dante risponde che la<br />

Romagna non è mai stata senza guerra, ma al presente<br />

si trova in pace. Il poeta chiede poi al dannato di<br />

dire il suo nome. Guido da Montefeltro non risponderebbe,<br />

se sapesse che Dante torna sulla terra; ma<br />

nessuno è mai tornato vivo dall’inferno, perciò senza<br />

vergogna racconta la sua storia. Fu uomo d’arme e<br />

poi frate francescano. Le sue opere non furono di leone,<br />

ma di volpe, e la sua fama militare raggiunse i<br />

confini della terra. Ormai vecchio, si pentì e si fece<br />

frate. Bonifacio VIII, che era in guerra con Palestrina,<br />

gli chiese un consiglio fraudolento, per far cadere<br />

la città. Egli si rifiutò, ma il papa incalzò: lo assolveva<br />

dal peccato prima ancora che lo commettesse. E<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 107<br />

Guido diede il consiglio: il papa doveva fare promesse<br />

di pace, che poi non avrebbe mantenuto.<br />

Quando morì, Francesco d’Assisi venne a prendere<br />

la sua anima, ma un demonio lo fermò: essa toccava<br />

a lui, poiché non ci si può pentire prima di peccare<br />

perché la contraddizione non lo permette. Così, tutto<br />

dolente, finì nel girone dei fraudolenti. Poi l’anima<br />

straziata di Guido se ne va e i due poeti riprendono il<br />

cammino.<br />

Canto XXX: ottavo cerchio, decimo girone; i falsari;<br />

Griffolino d’Arezzo, Capocchio da Siena, Gianni<br />

Schicchi, Mirra, maestro Adamo, la moglie di Putifarre,<br />

Sinone<br />

Due anime nude e smorte corrono per la bolgia, dove<br />

sono puniti i falsari, mordendo gli altri dannati. Una<br />

di esse è sopra Capocchio da Siena, lo azzanna e<br />

comincia a trascinarlo per la bolgia. Griffolino d’Arezzo<br />

dice a Dante che è Gianni Schicchi: per avere<br />

la più bella cavalla della mandria ardì fingersi Buoso<br />

Donati e diede valore legale al testamento. L’altra<br />

anima è la scellerata Mirra che divenne amante del<br />

padre. Dante poi vede maestro Adamo, che, colpito<br />

dall’idropisia, ha la forma di un liuto. Maestro Adamo<br />

ha battuto moneta falsa per i conti Guidi da Romena<br />

ed ora, non ostante la sete, rifiuterebbe di bere<br />

alla fonte Branda, pur di vedere i suoi committenti<br />

puniti in quella bolgia. Dante chiede a maestro Adamo<br />

notizie di due dannati che fumano per la febbre.<br />

Questi dice che una è la moglie di Putifarre, la quale<br />

accusò Giuseppe d’averla insidiata; l’altro è Sinone,<br />

greco di Troia. Indispettito dal modo spregevole con<br />

cui è indicato, Sinone colpisce con un pugno la pancia<br />

di maestro Adamo, il quale ricambia con un pugno<br />

al viso. Tra i due segue poi uno scambio di offese,<br />

che Dante ascolta affascinato. Virgilio con voce<br />

adirata richiama e rimprovera il poeta: voler ascoltare<br />

quelle genti litigiose è un desiderio meschino.<br />

Canto XXXIII: nono cerchio, Antenora; i traditori; il<br />

conte Ugolino della Gherardesca e l’arcivescovo<br />

Ruggieri degli Ubaldini; nono cerchio, Tolomea; frate<br />

Alberigo dei Manfredi; Branca Doria; il lago gelato<br />

di Cocìto<br />

Il conte Ugolino della Gherardesca alza il capo dalla<br />

testa dell’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, che<br />

aveva già guastata dietro. Si pulisce la bocca con i<br />

capelli di questi, poi racconta la sua storia. Fidandosi<br />

dell’uomo di Chiesa, era stato imprigionato con i<br />

suoi quattro figli nella torre della Muta. Una notte<br />

sognò che l’arcivescovo era a capo della brigata che<br />

cacciava il lupo e i lupetti sul monte san Giuliano.<br />

Ebbe un triste presentimento. All’alba sentì inchiodare<br />

la porta della torre. Quel giorno ed i giorni successivi<br />

nessuno portò loro del cibo. I suoi figli piansero,<br />

quindi ad uno ad uno morirono. Alla fine più che il<br />

dolore poté il digiuno. Davanti a questa tragedia<br />

Dante inveisce contro i pisani: era giusto che si vendicassero<br />

del conte Ugolino, che aveva consegnato<br />

alcuni loro castelli ai nemici; ma non era giusto che

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