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Inferno - Letteratura Italiana

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I, 100-111). Ma la violenza pervadeva la società del<br />

tempo: la morte atroce del conte Ugolino della Gherardesca,<br />

dei suoi due figli e dei due nipoti (If<br />

XXXIII, 1-90); i crimini di tutti coloro che sono immersi<br />

nel ghiaccio del lago gelato di Cocìto, perché<br />

traditori dei parenti, della patria, degli ospiti e dei<br />

benefattori (If XXXIV, 10-15); la morte violenta di<br />

Jacopo del Càssero, di Bonconte di Montefeltro e<br />

della Pia de’ Tolomei (Pg V).<br />

4.3. Il poeta parla di cagne, che sembrano più feroci<br />

dei cani a causa del suono onomatopeico gn, che si<br />

associa all’espressione «digrignar i denti», che riproduce<br />

lo stesso suono. All’effetto di ferocia e di violenza<br />

contribuiscono anche il suono rabbioso della gr<br />

di «digrignar» (è il suono che il cane fa prima di mettersi<br />

ad abbaiare) e i suoni nasali di ne e di en di<br />

«nere» e «denti». D’altra parte tutto il canto riserva<br />

fin dall’inizio una particolare attenzione ai suoni, alle<br />

figure retoriche e al linguaggio prezioso e ricercato.<br />

5. L’anonimo fiorentino si suicida nelle sue case. Egli<br />

non spiega il motivo, ma si può facilmente immaginare<br />

un dramma familiare o personale dietro questa<br />

decisione. La corte dell’imperatore come la casa del<br />

borghese sono accomunate dalla stessa tragedia:<br />

l’individuo è spinto al suicidio perché ha commesso<br />

errori o perché le condizioni di vita sono insostenibili<br />

e la morte è divenuta un valore positivo.<br />

5.1. Giacomo da Sant’Andrea è raggiunto dalle cagne,<br />

che lo sbranano. Così facendo, lacera i rami e le<br />

foglie del cespuglio, che si lamenta e rimprovera lo<br />

scialacquatore: non gli è giovato a niente usarlo come<br />

riparo dalle cagne; egli non ha alcuna responsabilità<br />

per la vita malvagia dello scialacquatore. Ai due poeti,<br />

che si sono avvicinati, il suicida chiede cortesemente<br />

che raccolgano le sue fronde lacerate e le mettano<br />

ai piedi del suo tronco. I suicidi vivono e soffrono<br />

raccolti dentro i loro alberi o i loro cespugli. Il<br />

canto ha una struttura circolare: un cespuglio con le<br />

fronde lacerate lo apre e un cespuglio con le fronde<br />

lacerate lo chiude.<br />

5.2. La vera identità dell’anonimo suicida non è particolarmente<br />

importante: il poeta anche in questo caso<br />

vuole coinvolgere il lettore e contemporaneamente<br />

vuole esplorare questa possibilità narrativa. Si tratta<br />

quindi di una ripetizione in tono minore dell’artificio<br />

usato già in If III, 59-60, con l’anima che è forse del<br />

papa Celestino V (in questo caso però il silenzio sul<br />

nome ha anche un’altra funzione, quella di durissima<br />

condanna). Oltre a ciò egli «usa» l’anonimo suicida<br />

per altri tre motivi: a) chiudere il canto con un personaggio<br />

tranquillo e intimo-familiare, dopo il personaggio<br />

pubblico, Pier delle Vigne, che inizia il canto,<br />

e dopo la scena movimentata e crudele dei due dannati<br />

inseguiti dalle nere cagne; b) riprendere il discorso<br />

sulle cause dei conflitti tra le fazioni che dividevano<br />

la città («Firenze risente ancora del suo antico<br />

protettore, Marte, il dio della guerra»); e c) ribadire il<br />

suo attaccamento alla sua città, espresso più volte<br />

nell’<strong>Inferno</strong> (If XXVI, 1-15) come nelle altre cantiche<br />

(in particolare Pg VI, 127-151). Il poeta quindi<br />

riprende e varia l’artificio retorico del dannato che è<br />

innominato e/o anonimo.<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 53<br />

6. Nel canto Dante riesce ormai a manovrare abilmente<br />

e con naturalezza ben sei personaggi: lui stesso,<br />

Virgilio, Pier delle Vigne, Lano da Siena, Giacomo<br />

da Sant’Andrea, infine l’anonimo fiorentino.<br />

Anche qui affianca, per contrasto e ricorrendo alla<br />

figura retorica del chiasmo, una parte drammatica (il<br />

ramo strappato da cui escono sangue e lamenti; poi i<br />

due dannati inseguiti dalle nere cagne) ad una parte<br />

più tranquilla (come i suicidi s’incarcerano nei tronchi;<br />

poi l’intervento dell’anonimo fiorentino). L’uso<br />

di una problematica teologica (o discorsiva) per abbassare<br />

il tono drammatico del canto ha già numerosi<br />

precedenti e avrà largo séguito: il problema delle<br />

pene dopo il giudizio universale (If VI, 100-111), il<br />

problema dei dannati che vedono soltanto il futuro<br />

(If X, 94-108); la storia favolosa del gran veglio di<br />

Creta (If XIV, 94-115).<br />

7. Nella prima metà del canto i due poeti sono attivi<br />

(il dialogo con Pier delle Vigne); nella seconda assistono<br />

agli avvenimenti senza reagire (Lano da Siena<br />

e Giacomo da Sant’Andrea inseguiti dalle nere cagne);<br />

negli ultimi versi ascoltano commossi (i lamenti<br />

dell’anonimo fiorentino). Il poeta fa quindi un<br />

uso ben misurato della varietà. La prima e la terza<br />

parte sono divise dall’esplosione di violenza della<br />

seconda. Ma la violenza è il filo conduttore del canto:<br />

Dante che strappa le foglie al cespuglio che incarcera<br />

il suicida Pier delle Vigne; le Arpìe che<br />

strappano le foglie agli alberi degli altri suicidi; le<br />

cagne che inseguono Lano da Siena e sbranano Giacomo<br />

da Sant’Andrea; Giacomo da Sant’Andrea e le<br />

cagne che strappano le foglie all’anonimo suicida<br />

fiorentino che come tutti gli altri dannati si lamenta.<br />

8. Per la legge del contrappasso il suicida è condannato<br />

a soffrire in un corpo inferiore, quello di un vegetale.<br />

In vita ha straziato se stesso, ora è straziato<br />

dalle Arpìe. Gli scialacquatori in vita hanno piantato<br />

i denti, lacerato e disperso il loro patrimonio, ora<br />

subiscono la stessa sorte.<br />

9. La conclusione del canto è secca, un unico verso<br />

pieno di angoscia (v. 151).<br />

La struttura del canto è semplice: 1) i due poeti<br />

sono in un bosco pauroso; 2) Virgilio invita Dante a<br />

spezzare un ramo; Dante lo fa; 3) il cespuglio, Pier<br />

delle Vigne, si lamenta e racconta la sua storia: è stato<br />

fedele all’imperatore, ma l’invidia della corte lo<br />

ha spinto al suicidio; quindi 4) spiega come le anime<br />

dei suicidi s’incarcerano negli alberi; 5) all’improvviso<br />

appaiono due dannati, Lano da Siena e Giacomo<br />

da Sant’Andrea, inseguiti da nere cagne; 6) Giacomo<br />

da Sant’Andrea si lascia cadere su un cespuglio<br />

ed è sbranato da nere cagne; 7) il cespuglio si<br />

lamenta e racconta la sua storia: è fiorentino e si è<br />

suicidato nella sua casa.

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