Inferno - Letteratura Italiana
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dal canto seguente: essa mostra l’anima del dannato<br />
che se ne va accora dolente per l’inganno subìto.<br />
1.2. Il canto si lega e contemporaneamente contrasta<br />
con il canto precedente. Si lega, perché sia Guido sia<br />
Ulisse sono condannati come consiglieri fraudolenti.<br />
Contrasta, perché il canto d’Ulisse raggiunge livelli<br />
di tensione altissimi, questo di Guido invece è divertente,<br />
ironico, comico. La tensione del canto di Ulisse<br />
non poteva allargarsi anche al canto successivo,<br />
perciò Dante pratica una varietà, un cambiamento di<br />
tono, e decide di ricorrere all’artificio narrativo della<br />
contrapposizione tra canto drammatico e canto comico.<br />
Questa contrapposizione è un allargamento<br />
delle contrapposizioni che ci sono già dentro i canti,<br />
tra una prima parte (introduttiva e/o tranquilla) e una<br />
seconda parte (la parte centrale che è drammatica).<br />
1.2. La storia di Ulisse coinvolge profondamente le<br />
convinzioni e gli ideali dei due poeti, che come il lettore<br />
ascoltano senza intervenire (le parole sarebbero<br />
inadeguate al dramma di Ulisse e dell’umanità pagana).<br />
La storia di Guido allevia la tensione e provoca<br />
nel lettore un sorriso ed un sospiro di sollievo. Essa<br />
costituisce la catarsi, dopo lo sprofondamento fisico<br />
nell’oceano.<br />
2. Dante beffa il già beffato Guido: il dannato non si<br />
accorge che sta parlando con un vivo. Lo esclude<br />
non in base a un controllo di qualche tipo, ma mediante<br />
un ragionamento: «Nessuno è mai tornato dal<br />
fondo dell’inferno, se io odo il vero; perciò ti rispondo<br />
senza temere di ricoprirmi di vergogna». Farinata<br />
degli Uberti invece si accorge sùbito che Dante<br />
è vivo: «O Tosco, che per la città del foco Vivo<br />
ten vai...» (If X, 22-23). Quando si avvicina<br />
all’episodio di Guido, il lettore è già preparato dalle<br />
parole di Farinata e, se ha buona memoria, sorride<br />
già... I due dannati hanno anche un altro aspetto che<br />
li unisce e li divide: Farinata come cittadino è addolorato<br />
per la situazione di Firenze più del fuoco che<br />
lo brucia; Guido come esperto di ogni astuzia si sente<br />
ancora bruciare e in modo cocente dall’inganno, in<br />
cui è caduto in vita.<br />
2.1. Guido è irretito dalla ragione, in vita come in<br />
morte. La usa quando essa non serve. Ma usare costantemente<br />
la ragione (e per di più usarla in modo<br />
scorretto negli inganni) era l’unica cosa che sapeva<br />
fare. Perciò si danna. Eppure la sua ragione è la stessa<br />
di Ulisse (che pure si danna), e la stessa di Virgilio<br />
(che si trova nel limbo ma che può giungere sino<br />
in cima alla montagna del purgatorio, nel paradiso<br />
terrestre). Ed è la stessa di Stazio (che si salva).<br />
3. Il canto gira intorno a tre coppie di personaggi:<br />
Dante (il viandante che cerca la retta via) e Virgilio<br />
(il simbolo della ragione); poi Guido e il papa Bonifacio<br />
VIII (due fraudolenti, ma il secondo è più astuto<br />
del primo); infine Francesco d’Assisi e il diavolo<br />
logico (due avversari, un santo e un demonio). Quest’ultima<br />
coppia è la continuazione – la scia – della<br />
coppia precedente e serve per rafforzare la figura (e a<br />
ribadire l’identità) dei due fraudolenti: Guido=Bonifacio<br />
VIII; Francesco=diavolo logico. Il rafforzamento<br />
è ottenuto anche con la parallela vittoria del<br />
più malvagio sul più santo.<br />
Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 85<br />
3.1. Dante definisce Bonifacio VIII «lo principe d’i<br />
novi Farisei» (v. 85), facendo riferimento al Vangelo,<br />
dove Gesù rimprovera i farisei di essere sepolcri<br />
imbiancati, (Mt. 23, 13-36). La figura di Bonifacio<br />
VIII era già apparsa in precedenza: il poeta lo accusa<br />
di schierarsi con i guelfi neri e di favorire il colpo di<br />
Stato di costoro (If VI, 67-69); ricorda che trasferisce<br />
il vescovo Andrea de’ Mozzi da Firenze a Vicenza e<br />
con questa associazione coinvolge il pontefice nel<br />
degrado morale del vescovo (If XV, 112-114); e, discendendo<br />
la costa per andare a vedere i papi simoniaci,<br />
fa sapere che il pontefice finirà all’inferno, anche<br />
se non è ancora morto (If XIX, 52-63). Il papa<br />
però riappare più volte anche nelle altre due cantiche:<br />
in Pg XX, 85-93, Ugo Capeto, re di Francia,<br />
parla della sua futura cattura ad Anagni ad opera di<br />
un emissario di Filippo il Bello, re di Francia (1303);<br />
in Pd IX, 127-142, Folchetto da Marsiglia, prima<br />
poeta e poi frate domenicano, lo accusa di pensare al<br />
denaro e di non pensare a liberare il sepolcro di Cristo;<br />
in Pd XXVII, 19-27, san Pietro lo accusa di usurpare<br />
la sede papale e di aver fatto di Roma una<br />
cloaca.<br />
4. Dante fa fare a Francesco d’Assisi la figura del<br />
santo logicamente sprovveduto. Ciò facendo, si riallaccia<br />
ad una scelta anticulturale precisa del frate<br />
(cultura=mondanità=perdizione), che il poeta riprende<br />
e stravolge in base alle regole della narrativa. Il<br />
poeta è su posizioni completamente diverse: Francesca<br />
s’innamora grazie alla cultura e secondo i moduli<br />
della cultura (If V, 124-138); Ulisse è disposto a sacrificare<br />
il figlio, il vecchio padre, la moglie e il regno,<br />
pur di esplorare il mondo «sanza gente» (If<br />
XXVI, 90-126). Nel 1354 il frate domenicano Jacopo<br />
Passavanti (1302ca.-1357) tiene a Firenze una serie<br />
di prediche, che poi raccoglie nello Specchio di<br />
vera penitenza, in cui difende il valore dell’ignoranza,<br />
poiché la conoscenza fa insuperbire l’uomo e gli<br />
fa correre il rischio di finire all’inferno.<br />
5. Un certo tipo di beffa poi fa sempre sorridere, e<br />
l’interessato non suscita la solidarietà del lettore: è la<br />
beffa che si ritorce contro colui che si vanta di avere<br />
una qualche capacità e che poi, alla prova dei fatti,<br />
dimostra di non averla. Guido ha usato l’astuzia per<br />
tutta la vita e ne è sempre uscito vincitore. Ormai<br />
vecchio, quindi al culmine della sua esperienza, si fa<br />
ingannare. Non soltanto si fa ingannare, ma si fa ingannare<br />
anche su ciò che vi è di più importante nella<br />
vita (la salvezza dell’anima) e da chi per definizione<br />
non doveva ingannare (il papa Bonifacio VIII). Guido<br />
programma con cura la salvezza dell’anima, come<br />
si può programmare una vittoria politica o militare.<br />
Egli però non si è convertito veramente con una fede<br />
sincera e profonda, ma con una scelta di comodo. E<br />
alla prima occasione ricade nel consueto comportamento<br />
e dà il consiglio fraudolento. La forza dell’abitudine<br />
lo tradisce. Egli non ha fatto i conti con un<br />
uomo più astuto di lui, il papa Bonifacio VIII, che lo<br />
raggira: «Dammi il consiglio, ti assolvo ancor prima<br />
di peccare!». Guido non coglie l’inganno, presta fiducia<br />
al papa, convinto che questi in quanto tale non<br />
possa né debba ingannare (e in effetti non ha ingan-