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Inferno - Letteratura Italiana

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Poi si rivolse, e parve di coloro<br />

121<br />

che corrono a Verona il drappo verde<br />

per la campagna; e parve di costoro<br />

quelli che vince, non colui che perde. 124<br />

I personaggi<br />

Brunetto Latini (Firenze 1220ca.-Firenze 1294) è<br />

un uomo di lettere che si occupa anche di pubblici<br />

affari. È di parte guelfa. Si trova in Francia, di ritorno<br />

da un’ambasceria presso Alfonso X di Castiglia,<br />

quando è sorpreso dalla notizia della sconfitta dei<br />

guelfi a Montaperti (1260). Preferisce rimanere in<br />

Francia. Qui scrive in provenzale Li livre du Tresor<br />

(o Tesoro), una sorta di enciclopedia che raccoglie le<br />

conoscenze dell’epoca. L’opera ha un enorme successo.<br />

La sconfitta dei ghibellini a Benevento (1266)<br />

gli permette di tornare a Firenze, dove riveste numerose<br />

cariche. Inizia il Tesoretto, un poemetto allegorico<br />

e morale, che rimane incompiuto. Insegna pure<br />

retorica ed ha anche Dante tra i suoi occasionali allievi.<br />

Quel popolo ingrato sono i fiorentini. Secondo una<br />

leggenda Firenze è fondata da pochi romani (vv. 76-<br />

77) e dai fiesolani superstiti dopo che la città, che si<br />

schiera con Catilina e gli altri congiurati, è distrutta<br />

(63 a.C.). La presenza di questi due popoli dai caratteri<br />

opposti è la causa dei continui conflitti cittadini.<br />

Prisciano di Cesarea (Asia Minore) (sec. VI d.C.) è<br />

un famoso grammatico. Compone le Institutiones<br />

grammaticae, uno dei testi di grammatica più diffusi<br />

nel Medio Evo. Soltanto Dante dice che è omosessuale.<br />

Forse il poeta lo confonde con il grammatico e<br />

vescovo Prisciano (sec. IV d.C.), di cui parla un documento<br />

bolognese del 1294.<br />

Francesco d’Accorso (1225-1293) è un celebre giurista<br />

bolognese. Insegna diritto a Bologna, ma anche<br />

ad Oxford, dove è chiamato da re Edoardo I d’Inghilterra.<br />

Più che di omosessuale, ha fama di usuraio.<br />

Andrea de’ Mozzi (?-1296) è cappellano del papa Alessandro<br />

IV e poi di Gregorio IX, quindi è vescovo<br />

di Firenze. Nel 1295 è trasferito dal papa Bonifacio<br />

VIII nella sede vescovile di Vicenza, dove muore.<br />

Anche le cronache dell’epoca parlano della sua vita<br />

scandalosa.<br />

Commento<br />

1. Il canto ha un inizio piano, come molti altri, quindi<br />

ha il colpo d’ala: un dannato tira il mantello di Dante,<br />

che scopre con sorpresa che si tratta di Brunetto Latini,<br />

suo maestro di retorica. Da questo punto in poi il<br />

canto è dedicato al dialogo a due tra maestro e discepolo,<br />

ascoltato con attenzione da Virgilio, che si tiene<br />

in disparte e che fa una battuta soltanto alla fine.<br />

Dante dimostra deferenza verso il maestro. Brunetto<br />

chiede a Dante come sia giunto fin lì. Il poeta gli risponde<br />

genericamente che si è perso in una valle e<br />

che Virgilio lo sta riaccompagnando a casa. Brunetto<br />

dimentica la domanda e la risposta, per esprimere antiche<br />

riflessioni: «Se tu segui la tua stella, otterrai<br />

grandi risultati, se ho visto bene quand’ero in vita. Io<br />

ti avrei anche aiutato, vedendo che il cielo ti era favo-<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 61<br />

121. Poi si volse [per raggiungere la sua schiera] e<br />

parve uno di quelli che a Verona corrono in campagna<br />

per vincere il palio verde; e parve di costoro<br />

124. colui che vince, non colui che perde.<br />

revole. Ma sono morto troppo presto». Quindi il<br />

maestro si scaglia con violenza estrema e con parole<br />

di fuoco contro i fiorentini, che sono bestie, e lo<br />

mette in guardia contro di essi, perché cercheranno<br />

di fargli la pelle (vv. 61-78). Dante risponde senza<br />

alzare la voce e con la deferenza di uno scolaro:<br />

«Io avrei voluto che voi viveste ancora, perché nella<br />

mia memoria ho ancora impressa l’immagine paterna<br />

che ho di voi, quando, in vita, m’insegnavate come<br />

l’uomo si eterna con la fama». Quindi il poeta,<br />

alzando la voce, si dice pronto ad affrontare tutto ciò<br />

che gli riserva la Fortuna (=la Provvidenza divina).<br />

Virgilio, in silenzio fino a quel momento, interviene<br />

ed approva. Dante chiede quindi chi sono i compagni<br />

di pena. Brunetto risponde rapidamente: sono<br />

tutti letterati grandi e di grande fama. E fa tre nomi.<br />

Quindi si congeda dal discepolo: non può stare con i<br />

nuovi arrivati. Prima di andarsene di corsa, gli raccomanda<br />

il suo Tesoro, nel quale egli vive ancora.<br />

Con la fuga poco dignitosa di Brunetto, che a Verona<br />

avrebbe vinto il palio, Dante prende le distanze<br />

dal maestro e riprende il cammino.<br />

2. Attraverso le ultime parole del maestro Dante si<br />

dimostra duro con gli intellettuali, che accusa di essere<br />

omosessuali. Tuttavia riconosce ad essi la capacità<br />

di essere grandi spiritualmente. Forse ha attribuito<br />

loro vizi che non hanno e forse ha confuso Prisciano<br />

con un altro Prisciano (o gli ha attribuito perfidamente<br />

un vizio che non aveva). Non è questo<br />

l’atteggiamento adatto per leggere il testo dantesco.<br />

Il poeta non si è proposto di fare storia o cronaca.<br />

Non è compito suo. Si è proposto di fare il poeta, il<br />

profeta, il riformatore politico e sociale. Perciò segue<br />

le leggi della poesia e adopera tutti gli artifici<br />

della narrazione, tra cui l’eccesso, l’esagerazione, il<br />

sarcasmo, l’ironia, l’invettiva ecc., per rendere più<br />

efficaci le sue parole. Se non facesse così, non riuscirebbe<br />

a tenere vivi l’attenzione e il coinvolgimento<br />

del lettore e a trasmettergli le sue idee.<br />

3. Dante ricorda con affetto la cara e buona immagine<br />

paterna di Brunetto, perché questi durante i loro<br />

incontri sulla terra gli ha insegnato come l’uomo si<br />

eterna, qui su questa terra, con la fama. In questo<br />

canto come in altri il poeta distingue l’insegnamento<br />

del maestro, che egli valuta positivamente, dal suo<br />

comportamento morale, che egli condanna. Un dannato<br />

può essere condannabile per un aspetto ed ammirevole<br />

per un altro. Ciò vale per Brunetto Latini<br />

ma anche per Ciacco, Farinata degli Uberti, Pier delle<br />

Vigne, Ulisse ecc.<br />

3.1. Dante condanna il peccato del maestro, perché è<br />

un’azione contro la natura, e la natura è ministra di<br />

Dio. Ma il peccato è anche contro la società, danneggiata<br />

sia perché l’omosessuale tendenzialmente<br />

non genera figli, sia perché non riserva il debito a-

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