14.06.2013 Views

Inferno - Letteratura Italiana

Inferno - Letteratura Italiana

Inferno - Letteratura Italiana

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

le gambe tue a le giostre dal Toppo!”.<br />

E poi che forse li fallia la lena,<br />

di sé e d’un cespuglio fece un groppo.<br />

Di rietro a loro era la selva piena<br />

di nere cagne, bramose e correnti<br />

come veltri ch’uscisser di catena.<br />

In quel che s’appiattò miser li denti,<br />

e quel dilaceraro a brano a brano;<br />

poi sen portar quelle membra dolenti.<br />

Presemi allor la mia scorta per mano,<br />

e menommi al cespuglio che piangea,<br />

per le rotture sanguinenti in vano.<br />

“O Iacopo”, dicea, “da Santo Andrea,<br />

che t’è giovato di me fare schermo?<br />

che colpa ho io de la tua vita rea?”.<br />

Quando ‘l maestro fu sovr’esso fermo,<br />

disse “Chi fosti, che per tante punte<br />

soffi con sangue doloroso sermo?”.<br />

Ed elli a noi: “O anime che giunte<br />

siete a veder lo strazio disonesto<br />

c’ha le mie fronde sì da me disgiunte,<br />

raccoglietele al piè del tristo cesto.<br />

I’ fui de la città che nel Batista<br />

mutò il primo padrone; ond’ei per questo<br />

sempre con l’arte sua la farà trista;<br />

e se non fosse che ‘n sul passo d’Arno<br />

rimane ancor di lui alcuna vista,<br />

121<br />

124<br />

127<br />

130<br />

133<br />

136<br />

139<br />

142<br />

145<br />

que’ cittadin che poi la rifondarno 148<br />

sovra ‘l cener che d’Attila rimase,<br />

avrebber fatto lavorare indarno.<br />

Io fei gibbetto a me de le mie case”. 151<br />

I personaggi<br />

Nesso è uno dei centauri, figli di Issione e di Neifele.<br />

Ha il corpo di cavallo e la testa umana. Trasporta i<br />

due poeti da una riva all’altra del Flegetónte.<br />

Pier delle Vigne (Capua 1190-San Miniato al Tedesco<br />

1249) studia a Bologna diritto e l’ars dictaminis.<br />

È notaio e poeta raffinato (è uno dei maggiori esponenti<br />

della Scuola siciliana). Si mette in luce alla corte<br />

palermitana dell’imperatore Federico II di Svevia<br />

(1194-1250), divenendo cancelliere e ministro. Coinvolto<br />

in un complotto contro l’imperatore, cade in<br />

disgrazia, è incarcerato a Cremona e accecato a San<br />

Miniato al Tedesco, dove si suicida. L’accusa di tradimento<br />

non è mai stata provata.<br />

Lano (o Arcolano) di Riccolfo Maconi è un giovane<br />

senese ricchissimo, che sperpera tutto il suo<br />

patrimonio. Nel 1287 partecipa ad una spedizione di<br />

senesi accorsa in aiuto dei fiorentini contro gli aretini.<br />

Al ritorno il gruppo, guidato in maniera disordinata e<br />

imprudente, cade in un’imboscata tesa dagli aretini a<br />

Pieve del Toppo in val di Chiana. Egli potrebbe salvarsi<br />

con la fuga, ma preferisce cercare la morte tra i<br />

nemici piuttosto che ritornare a vivere in povertà.<br />

Giacomo da Sant’Andrea (dal nome di un podere<br />

che possedeva presso Padova) è figlio di Oderico da<br />

Monselice. Sperpera il patrimonio, tanto da divenire<br />

povero. È al séguito dell’imperatore Federico II di<br />

Svevia (1194-1250). È assassinato nel 1239 da Ezzelino<br />

III da Romano (1194-1259), il feroce e spietato<br />

tiranno ghibellino della Marca trevigiana.<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 51<br />

121. le tue gambe nello scontro di Pieve del Toppo!».<br />

E, poiché forse gli mancava il fiato, si lasciò<br />

cadere su un cespuglio. 124. Dietro di loro la selva<br />

era piena di nere cagne, bramose e veloci come veltri<br />

appena sciolti dalla catena. 127. Affondarono i denti<br />

in quel che s’era appiattato e lo dilaniarono a brano a<br />

brano, poi trascinarono via quelle membra straziate.<br />

130. Allora la mia guida mi prese per mano e mi<br />

condusse al cespuglio, che piangeva attraverso le<br />

rotture invano sanguinanti. 133. «O Giacomo da<br />

Sant’Andrea» diceva, «che t’è giovato farti riparo di<br />

me? Che colpa ho io della tua vita malvagia?» 136.<br />

Quando il maestro si fermò sopra di lui, disse: «Chi<br />

fosti tu che attraverso tali ferite soffi con il sangue<br />

parole di dolore?». 139. Ed egli a noi: «O anime,<br />

che siete giunte a veder lo strazio vergognoso che ha<br />

così staccato le mie fronde da me, 142. raccogliétele<br />

ai piedi dello sventurato cespuglio. Io fui della città<br />

(=Firenze) che in Giovan Battista mutò Marte (=il<br />

dio della guerra), il primo protettore, perciò questi<br />

145. con la sua arte (=la guerra) la farà sempre sventurata.<br />

E, se su Ponte Vecchio non rimanesse ancora<br />

una sua immagine, 148. quei cittadini, che poi la ricostruirono<br />

sulla cenere rimasta dopo Attila, avrebbero<br />

lavorato invano. 151. Io feci delle mie case il<br />

luogo del mio supplizio».<br />

L’anonimo fiorentino è Lotto degli Agli, priore nel<br />

1285, che si suicida per aver emesso una condanna a<br />

morte contro un innocente, per ricavarne denaro; o<br />

Rocco de’ Mozzi, che si suicida dopo aver dilapidato<br />

tutto il patrimonio. Il poeta però preferisce non<br />

farne il nome.<br />

Secondo una leggenda Attila scende e distrugge Firenze.<br />

La città è ricostruita soltanto ai tempi di Carlo<br />

Magno, dopo che nelle acque dell’Arno la statua di<br />

Marte è ripescata e ricollocata su Ponte Vecchio. Attila<br />

è confuso con Totila, re degli ostrogoti, che assedia<br />

la città nel 542.<br />

Commento<br />

1. Il canto ha un inizio preparatorio, come molti altri:<br />

il centauro Nesso, che è mezzo uomo e mezzo<br />

cavallo, porta i due poeti sull’altra riva Flegetónte,<br />

poi ritorna indietro. Qui è un bosco abitato dalle<br />

Arpìe, mostri terribili, con il corpo d’uccello ed il<br />

viso di donna. Esso però anticipa un aspetto del personaggio<br />

che i due poeti di lì a poco incontrano: il<br />

linguaggio retorico, ricercato, fatto di antitesi è il<br />

linguaggio che il cortigiano Pier delle Vigne usa nella<br />

sua poesia. Dopo questo inizio, il personaggio appare<br />

drammaticamente come un cespuglio che si lamenta<br />

e che versa sangue dal ramo spezzato. Il dannato<br />

racconta quindi la sua infelice storia: fu fedele<br />

al suo glorioso incarico, ma l’invidia degli altri cortigiani<br />

lo spinse al suicidio. Il poeta pone in bocca al

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!