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Inferno - Letteratura Italiana

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prova. Così il lettore sente più intensamente la problematica<br />

del testo e s’immedesima nel poeta e nei<br />

personaggi che egli crea. Per questo motivo il poeta<br />

non si mette mai su un piedistallo di assoluta perfezione;<br />

anzi fa costantemente il contrario: si fa anche<br />

rimproverare da Virgilio (If XXX, 130-148) e maltrattare<br />

da Beatrice (Pg, XXX, 55-145). In Pd XVII,<br />

136-142, fa dire giustamente a Cacciaguida: «O figlio<br />

mio, nel corso del viaggio ti sono stati mostrati<br />

soltanto i personaggi famosi, perché la gente presta<br />

fede soltanto agli esempi conosciuti».<br />

11. Alla fine del racconto del conte Ugolino Dante<br />

esplode in una durissima invettiva contro i pisani:<br />

potevano prendersela con il conte, ma non con i figli,<br />

che per la giovane età erano innocenti. Con la sua<br />

invettiva egli rafforza la richiesta di compassione e<br />

di rispetto per i figli avanzata dal conte. O meglio,<br />

prendendo le difese del conte e condividendo quello<br />

che aveva detto, può sùbito dopo lanciare l’invettiva,<br />

alla quale si aggiunge con forza e simmetricamente<br />

l’invettiva finale contro i genovesi. Sul piano narrativo<br />

questa presa di posizione è estremamente efficace.<br />

Non è detto però che nella pratica il politico Dante<br />

si sarebbe comportato in modo diverso dai nemici<br />

del conte: così si faceva al suo tempo, anche se ha<br />

dato in genere dimostrazione di grande equilibrio.<br />

Anzi lo stesso poeta vede i suoi figli coinvolti nella<br />

sua condanna: dopo il 1315, divenuti maggiorenni,<br />

sarebbero stati giustiziati, se cadevano nelle mani dei<br />

fiorentini. Il fatto è che al suo tempo non esisteva<br />

l’individuo, esisteva la famiglia. Perciò i figli del<br />

conte, se risparmiati, non avrebbero apprezzato l’atto<br />

umanitario, avrebbero cercato di vendicare il padre.<br />

Era un loro diritto e un loro dovere, a cui non si sarebbero<br />

sottratti: la giustizia privata, il diritto di faida,<br />

era riconosciuto dalla legge. E la faida sarebbe<br />

continuata per anni e anni; avrebbe coinvolto altre<br />

famiglie e avrebbe causato disordini sociali... I nemici<br />

del conte hanno pensato prudentemente di far fuori<br />

il conte e anche tutta la sua famiglia. Così si sentivano<br />

più sicuri. Anzi hanno voluto far morire il conte<br />

e i figli in un modo atroce, per poter dare un esempio<br />

efficace anche ad eventuali altri nemici.<br />

11.1. Il poeta invita alla pietà per i figli innocenti e<br />

subito dopo è sadico verso frate Alberigo, che non<br />

conosce e che non gli aveva fatto niente. E non gli<br />

toglie il ghiaccio dagli occhi come gli aveva promesso.<br />

Debolezze umane!<br />

11.2. In séguito mette in bocca queste parole a Jacopo<br />

del Càssero: Azzo VIII d’Este, che aveva mandato<br />

i sicari ad ucciderlo, l’aveva odiato più del giusto<br />

(Pg V, 77-78).<br />

12. Francesca da Polenta e Paolo Malatesta sono la<br />

prima coppia di personaggi puniti all’inferno (If V).<br />

Altre coppie dell’inferno sono Farinata degli Uberti e<br />

Cavalcante de’ Cavalcanti (If X), Ulisse e Diomede<br />

(If XXVI), quindi il conte Ugolino della Gherardesca<br />

e l’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini (If XXXIII).<br />

Lo stesso poeta fa coppia prima con Virgilio (inferno<br />

e purgatorio), poi con Beatrice (paradiso terrestre<br />

ed empìreo). I rapporti tra le anime accoppiate sono<br />

molteplici: Francesca e Paolo sono uniti dall’amore;<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 98<br />

Farinata degli Uberti e Cavalcante de’ Cavalcanti sono<br />

legati da vincoli di parentela e dallo stesso peccato;<br />

Ulisse e Diomede sono legati dall’amicizia terrena<br />

e dagli inganni che hanno perpetrato insieme; il<br />

conte Ugolino e l’arcivescovo Ruggieri sono uniti da<br />

un odio implacabile.<br />

13. Accanto alle coppie ci sono i solitari: il cespuglio<br />

dell’anonimo fiorentino, che si lamenta perché<br />

Giacomo da Sant’Andrea gli è caduto addosso e gli<br />

ha strappato le fronde (If XIII, 139-151), Capanèo,<br />

che continua a bestemmiare la divinità da cui è stato<br />

sconfitto, e, sùbito dopo, il gran veglio di Creta,<br />

immobile e silenzioso (If XIV, 43-60; e 103-120),<br />

Lucifero (If XXXIV, 28-60), Sordello da Goito, che<br />

sta seduto solo soletto sulla spiaggia, in attesa di entrare<br />

in purgatorio (Pg VI, 58-66). Nel purgatorio e<br />

nel paradiso non ci possono essere anime solitarie:<br />

esse espiano coralmente. In paradiso invece le anime<br />

sono in costante comunione con Dio.<br />

14. Con frate Alberigo il poeta si comporta coscientemente<br />

da villano. Ritiene ingiustificato un comportamento<br />

cortese o gentile. I tre termini indicano valori<br />

diversi di tre classi sociali diverse. Villano è<br />

l’abitante del borgo, cortese è l’abitante del castello,<br />

gentile è l’abitante della città. Il cortese si contrapponeva<br />

con orgoglio al villano. Il cittadino si contrapponeva<br />

alle altre due classi. Anche l’educazione<br />

rivela la sua origine di classe...<br />

15. ...insomma Dante sfrutta la compassione innata e<br />

istintiva che in genere ognuno ha verso i bambini,<br />

verso gli afflitti, verso i deboli e... imbroglia le carte:<br />

attribuisce ai figli la minore età, quando il nipote<br />

Brigata è maggiorenne e per di più si è già macchiato<br />

le mani di un omicidio; e sfrutta il fatto che la ferocia<br />

della punizione fa dimenticare al lettore la gravità<br />

della colpa e la legittimità della rappresaglia.<br />

15.1. ...e senza fretta attende al varco il lettore. In Pg<br />

VI, 17-18, egli incontra Gano (o il fratello Farinata)<br />

degli Scornigiani, ucciso nel 1287 da Nino, soprannominato<br />

Brigata, nipote del conte Ugolino. L’anima<br />

gli chiede suffragi. Marzucco, il padre di Gano,<br />

si era fatto frate e aveva perdonato l’omicida e il suo<br />

mandante, il conte Ugolino. Tocca al lettore collegare<br />

i due canti, evitare la subdola trappola tesagli dal<br />

poeta e dimostrare un po’ d’intelligenza.<br />

La struttura del canto è semplice: 1) il conte Ugolino<br />

della Gherardesca racconta la sua tragica storia:<br />

venne imprigionato dall’arcivescovo Ruggieri degli<br />

Ubaldini e fatto morire di fame con i figli ed i nipoti;<br />

2) il poeta allora lancia un’invettiva contro i pisani:<br />

era giusto che si vendicassero del conte, che li aveva<br />

traditi, ma non era giusto che punissero anche i figli<br />

del conte, che per la giovane età erano innocenti; 3)<br />

sùbito dopo un altro dannato, frate Alberigo dei<br />

Manfredi, racconta la sua storia: ha invitato i parenti,<br />

fingendo di far pace, e li ha uccisi alla frutta; 4) vicino<br />

a lui c’è Branca Doria, che ha ucciso il suocero<br />

con l’aiuto di un parente; 5) il poeta allora lancia<br />

un’invettiva contro i genovesi, che sono pieni di ogni<br />

magagna.

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