Inferno - Letteratura Italiana
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fero, precipitato da Dio giù dal cielo (If XXXIV, 34-<br />
54, 121-126).<br />
8. Capanèo è l’empio che ha fatto dell’empietà la ragione<br />
della sua vita. Ulisse invece ha commesso azioni<br />
empie, ma per altri motivi, per motivi di guerra,<br />
e comunque è punito perché è stato un fraudolento (If<br />
XXVI). Egli oltrepassa lo stretto di Gibilterra, che<br />
l’uomo non doveva superare, non per offendere la<br />
divinità, ma per soddisfare la sua insaziabile sete di<br />
sapere: vuol visitare il mondo «sanza gente». Ma davanti<br />
alla montagna del purgatorio è fermato da un<br />
turbine, che affonda la sua nave. Anche la sete umana<br />
di sapere va incontro a dei limiti che in nessun caso<br />
l’uomo può superare. Curiosamente il peccato di empietà<br />
di Capanèo è punito nel settimo cerchio, secondo<br />
girone, mentre il peccato di frode di Ulisse è<br />
nell’ottavo cerchio, ottavo girone, cioè in un girone<br />
più profondo dell’inferno. Ciò vuol dire che il poeta<br />
lo considera molto più grave. In altre parole il peccato<br />
ultraterreno contro Dio è meno grave del peccato<br />
terreno contro gli uomini. Anche qui il poeta mette in<br />
primo piano la società rispetto alla dimensione ultraterrena<br />
della vita.<br />
9. L’eresia (If X) e ora la bestemmia contro Dio sono<br />
i due unici peccati religiosi dell’inferno. È facile però<br />
farli rientrare tra i peccati sociali: non può essere<br />
buon cittadino e non può rispettare le leggi chi nega o<br />
bestemmia Dio. L’accusa mossa al Medio Evo di<br />
pensare all’al di là e di disinteressarsi dell’al di qua è<br />
assolutamente infondata: non avendo alcuna fiducia<br />
nella giustizia umana, i medioevali contavano almeno<br />
su un deterrente e su una giustizia ultraterrena. L’al di<br />
là è quindi in funzione dell’al di qua... Oltre a questo<br />
essi erano ben consapevoli, come cultori di logica,<br />
che il linguaggio è sempre un diaframma tra l’uomo e<br />
la realtà, e che perciò occorre una grande quantità di<br />
simboli per interpretare adeguatamente la realtà. A<br />
sua volta, sempre per lo stesso motivo, il linguaggio<br />
va letto in modo complesso, secondo i quattro sensi<br />
delle scritture.<br />
10. Il gran veglio di Creta è il simbolo delle età della<br />
storia umana. Per il poeta la storia umana è racchiusa<br />
tra un inizio in cui l’uomo era felice e immortale, il<br />
presente che è il momento di massima decadenza<br />
(1315), e il futuro che si apre all’età dello Spirito e<br />
del rinnovamento spirituale. La teoria delle quattro<br />
età serve per collocare il presente, per dargli un senso,<br />
per avere un punto di riferimento, per sapere da<br />
dove si viene, dove si è e dove si sta andando.<br />
10.1. Come per la storia dell’uomo, il poeta fa una<br />
cosa simile per la storia della Chiesa, che divide in<br />
sette riquadri e che pervade dello spirito profetico<br />
dell’Apocalisse di san Giovanni (Pg XXXII, 106-<br />
160).<br />
10.2. Con le età della storia umana il poeta mette il<br />
lettore a contatto con lo scorrere profondo della storia.<br />
Quando giungerà nel paradiso terrestre, in cima<br />
alla montagna del purgatorio, egli proverà una sensazione<br />
ancora più profonda: uscirà dal tempo per mettersi<br />
in contatto con il non tempo, la storia umana<br />
delle prime ore di Adamo ed Eva, rappresentata da<br />
una donna misteriosa ed enigmatica, Matelda. Con il<br />
Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 58<br />
peccato originale inizia per l’uomo la sofferenza, il<br />
dolore e la morte: inizia la storia (Pg XXVIII, 140-<br />
144).<br />
10.3. Dante è anche in questo caso un pensatore sistematico:<br />
alle età della storia umana rappresentate<br />
dal gran veglio di Creta segue la storia profetica della<br />
Chiesa (Pg XXXII) e la storia dell’Impero sotto le<br />
ali della Provvidenza (Pd VI). Le tre storie s’intrecciano<br />
in modo inestricabile. E il ritorno al paradiso,<br />
la sede stabilita da Dio per gli uomini, si rivela difficile,<br />
lunga e faticosa. Proprio come il viaggio che il<br />
poeta, simbolo dell’umanità errante, sta compiendo<br />
nell’al di là.<br />
11. Sia nel mondo classico ed ebraico sia nelle civiltà<br />
precedenti la storia umana era storia di una decadenza<br />
iniziata sùbito dopo il momento felice della<br />
comparsa o della creazione dell’uomo. Dante e il<br />
Medio Evo la fanno propria. Il poeta conosce i testi<br />
più significativi del mondo classico ed ebraico e ad<br />
essi si riallaccia: Dn II, 32-33 e Ovidio, Metam. I,<br />
89-131. Nel testo biblico il re Nabuccodonosor fa un<br />
sogno e il profeta Daniele glielo spiega: «Ecco quel<br />
che hai visto, maestà: dritta davanti a te c’era una<br />
statua altissima di accecante splendore e di terribile<br />
aspetto. La testa della statua era di oro fino, il petto e<br />
le braccia di argento, il ventre e i fianchi di bronzo,<br />
le gambe di ferro, e i piedi in parte di ferro e in parte<br />
di terracotta».<br />
12. L’idea della storia come di un progresso continuo<br />
e inarrestabile è recentissima, risale al Settecento,<br />
ed è opera degli illuministi francesi (1730-90).<br />
Essi la elaborano come arma ideologica con cui<br />
combattere la nobiltà, la quale fondava sul passato e<br />
sui titoli nobiliari acquisiti nel passato il prestigio<br />
sociale e i privilegi economici del presente. Oggi<br />
l’idea di progresso è divenuta assolutamente ovvia.<br />
Chi la critica diventa colpevole di mille nefandezze<br />
ed è aggredito sia dalla destra sia dal centro sia dalla<br />
sinistra, ben felici di trovarsi unite su qualcosa. E di<br />
questa visione del mondo non più soggetta ad analisi<br />
critica, che accomuna pure paesi post-industrializzati<br />
e paesi del quarto mondo, si deve essere ben lieti:<br />
con la scienza e la tecnologia l’uomo è divenuto capace<br />
di plasmare e di distruggere la natura e di manipolare<br />
anche il codice genetico.<br />
La struttura del canto è semplice: 1) i due poeti<br />
sono giunti in una landa infuocata; dove 2) il gigante<br />
Capanèo continua a bestemmiare contro Giove, che<br />
lo ha fulminato; 3) Virgilio racconta poi del gran<br />
veglio di Creta, il cui corpo è simbolo delle età della<br />
storia umana, e descrive la geografia infernale; 4) la<br />
decisione di Virgilio di abbandonare il bosco conclude<br />
il canto.