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Inferno - Letteratura Italiana

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“S’i’ credesse che mia risposta fosse<br />

a persona che mai tornasse al mondo,<br />

questa fiamma staria sanza più scosse;<br />

ma però che già mai di questo fondo<br />

non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,<br />

sanza tema d’infamia ti rispondo.<br />

Io fui uom d’arme, e poi fui cordigliero,<br />

credendomi, sì cinto, fare ammenda;<br />

e certo il creder mio venìa intero,<br />

se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!,<br />

che mi rimise ne le prime colpe;<br />

e come e quare, voglio che m’intenda.<br />

Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe<br />

che la madre mi diè, l’opere mie<br />

non furon leonine, ma di volpe.<br />

Li accorgimenti e le coperte vie<br />

io seppi tutte, e sì menai lor arte,<br />

ch’al fine de la terra il suono uscie.<br />

Quando mi vidi giunto in quella parte<br />

di mia etade ove ciascun dovrebbe<br />

calar le vele e raccoglier le sarte,<br />

ciò che pria mi piacea, allor m’increbbe,<br />

e pentuto e confesso mi rendei;<br />

ahi miser lasso! e giovato sarebbe.<br />

Lo principe d’i novi Farisei,<br />

avendo guerra presso a Laterano,<br />

e non con Saracin né con Giudei,<br />

ché ciascun suo nimico era cristiano,<br />

e nessun era stato a vincer Acri<br />

né mercatante in terra di Soldano;<br />

né sommo officio né ordini sacri<br />

guardò in sé, né in me quel capestro<br />

che solea fare i suoi cinti più macri.<br />

Ma come Costantin chiese Silvestro<br />

d’entro Siratti a guerir de la lebbre;<br />

così mi chiese questi per maestro<br />

a guerir de la sua superba febbre:<br />

domandommi consiglio, e io tacetti<br />

perché le sue parole parver ebbre.<br />

E’ poi ridisse: “Tuo cuor non sospetti;<br />

finor t’assolvo, e tu m’insegna fare<br />

sì come Penestrino in terra getti.<br />

Lo ciel poss’io serrare e diserrare,<br />

come tu sai; però son due le chiavi<br />

che ‘l mio antecessor non ebbe care”.<br />

Allor mi pinser li argomenti gravi<br />

là ‘ve ‘l tacer mi fu avviso ‘l peggio,<br />

e dissi: “Padre, da che tu mi lavi<br />

di quel peccato ov’io mo cader deggio,<br />

lunga promessa con l’attender corto<br />

ti farà triunfar ne l’alto seggio”.<br />

Francesco venne poi com’io fu’ morto,<br />

per me; ma un d’i neri cherubini<br />

li disse: “Non portar: non mi far torto.<br />

Venir se ne dee giù tra ‘ miei meschini<br />

perché diede ‘l consiglio frodolente,<br />

dal quale in qua stato li sono a’ crini;<br />

ch’assolver non si può chi non si pente,<br />

né pentere e volere insieme puossi<br />

per la contradizion che nol consente”.<br />

121<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 83<br />

61<br />

64<br />

67<br />

70<br />

73<br />

76<br />

79<br />

82<br />

85<br />

88<br />

91<br />

94<br />

97<br />

100<br />

103<br />

106<br />

109<br />

112<br />

115<br />

118<br />

61. «Se io credessi che la mia risposta fosse per<br />

una persona che dovesse tornare nel mondo, questa<br />

fiamma sarebbe senza più scosse (=tacerebbe). 64.<br />

Ma, poiché mai da questo fondo tornò alcun vivo,<br />

se io odo il vero, senza timore d’infamia ti rispondo.<br />

67. Io fui uomo d’arme, e poi fui frate francescano,<br />

credendo, così cinto, di fare ammenda [dei<br />

miei peccati]. E certamente il mio credere si sarebbe<br />

avverato per intero, 70. se non ci fosse stato il<br />

gran prete (=papa Bonifacio VIII), al quale incolga<br />

ogni malanno!, che mi rimise nelle prime colpe. E<br />

come e perché [avvenne] voglio che tu intenda. 73.<br />

Mentre io ebbi forma di ossa e di carne che mia<br />

madre mi diede, le mie opere non furon di leone,<br />

ma di volpe. 76. Io seppi tutti gli accorgimenti e<br />

tutte le vie coperte, e ne feci tale uso, che la fama<br />

giunse al confine della terra. 79. Quando mi vidi<br />

giunto in quella parte della mia età (=la vecchiaia)<br />

in cui ciascuno dovrebbe calar le vele e raccoglier<br />

le sàrtie, 82. ciò che prima mi piaceva, allora mi<br />

rincrebbe e, pentito e confesso, mi feci frate. Ahimè<br />

infelice! E[ppure mi] sarebbe giovato, [se non<br />

mi fossi lasciato sviare]! 85. Il principe dei nuovi<br />

farisei (=papa Bonifacio VIII), avendo guerra presso<br />

il Laterano (=Roma) [contro i Colonna] e non<br />

con[tro] i saraceni né con[tro] i giudei, 88. perché<br />

ciascun suo nemico era cristiano e nessuno era stato<br />

a vincere [come infedele la città di] Acri [in Siria]<br />

né [aveva fatto il] mercante nella terra del sultano,<br />

91. né sommo ufficio né ordini sacri guardò in sé,<br />

né in me quel cordone, che soleva far più magri coloro<br />

che lo cingevano. 94. Ma, come Costantino<br />

fece chiamare papa Silvestro dalla grotta del Soratte,<br />

per guarir la lebbra, così mi fece venir costui<br />

quale maestro (=medico e insegnante), 97. per guarir<br />

la sua febbre superba. Egli mi domandò [un]<br />

consiglio [fraudolento], ed io tacqui, perché le sue<br />

parole apparvero quelle di un ubriaco. 100. E poi<br />

riprese a dire: “Il tuo cuore non sospetti. Fin d’ora<br />

ti assolvo, e tu inségnami come fare per gettar in<br />

terra (=conquistare) Palestrina. 103. Io posso chiudere<br />

ed aprire il cielo, come tu sai, perché son due<br />

le chiavi che il mio predecessore (=papa Celestino<br />

V) non ebbe care”. 106. Allora gli argomenti gravi<br />

mi spinsero là dove il tacer mi apparve [cosa] peggiore,<br />

e dissi: “O padre, poiché tu mi lavi 109. di<br />

quel peccato nel quale ora io devo cadere, [ecco il<br />

mio consiglio:] una grande promessa [di pace e di<br />

conciliazione], che poi non manterrai, ti farà trionfare<br />

nella tua alta sede”. 112. Francesco d’Assisi<br />

venne poi, come io fui morto, per [prendere] la mia<br />

anima; ma uno dei neri cherubini disse: “Non portar[melo<br />

via]: non mi far torto. 115. Deve venir giù<br />

tra i miei servi, perché diede il consiglio fraudolento,<br />

dal quale in qua gli son sempre rimasto alle<br />

spalle, 118. perché non si può assolvere chi non si<br />

pente, né [ci] si può pentire e voler insieme [peccare],<br />

per la contraddizione che non lo consente”.

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