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Inferno - Letteratura Italiana

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ma teologico” non aveva nessuna conoscenza della una cosa (soprattutto se nota al lettore) suscita curio-<br />

teologia né alcuna esperienza di vita.<br />

sità ed interesse nel lettore, ed egli lancia l’esca. In<br />

3.2. La logica è presente anche in séguito: Guido da questo caso il lettore si chiede se è o non è papa Ce-<br />

Montefeltro commette un errore di logica e finisce lestino V; va alla ricerca degli argomenti a favore e<br />

all’inferno (If XXVII); Dante argomenta sulla fede contro, cerca di confutare le opinioni altrui e propo-<br />

(Pd XXIV); Dante è indeciso, perché non ha nessun ne la sua. Discute, si arrabbia, confuta, suda, pole-<br />

motivo per scegliere una decisione o un’altra (Pd IV, mizza, è deluso per le sue deboli argomentazioni e<br />

1-4). Egli trasforma anche la logica in poesia… perché scopre che il testo si può leggere a livelli di<br />

4. Nel canto ricompare il tema della viltà: il poeta complessità straordinariamente diversi. E intanto di-<br />

vede e riconosce l’ombra di «colui che fece per viltascute la problematica voluta dal poeta. E la fissa nelde<br />

il gran rifiuto» (v. 60). Nel canto precedente Virla memoria. Il poeta ha vinto la sua battaglia e il letgilio<br />

rimprovera Dante: «L’anima tua è da viltade oftore, che è contento delle sue fatiche, non si accorge<br />

fesa; La qual molte fïate l’uomo ingombra Sì che nemmeno d’essere stato costretto alla battaglia e di<br />

d’onrata impresa lo rivolve» (vv. 45-48). La fama, la essere stato sconfitto.<br />

gloria, l’onore e la ricchezza erano i valori comune- 6.1. In questa trappola preparata dallo scrittore sono<br />

mente diffusi nella società antica e in quella medioe- cadute generazioni di critici, che hanno versato fiumi<br />

vale, che erano da una parte profondamente legate al di inchiostro per sostenere le loro tesi. Ma questa è<br />

passato, dall’altra intimamente proiettate nel futuro. soltanto una delle trappole del poema. I critici sono<br />

Il presente non aveva un’esistenza autonoma, ma era caduti in tutte: chi è il Veltro (If I), chi è Matelda (Pg<br />

soltanto un frammento dell’eternità. Inoltre esso era XXVIII-XXXIII), chi è il DUX (Pg XXXIII) ecc. Da<br />

eredità di ricordi provenienti dal passato; e si propo- parte loro vi hanno aggiunto anche numerosi proneva<br />

di lasciare un’eredità di ricordi per le generablemi insignificanti come: se in If III Dante ha attrazioni<br />

future. Lo spazio e il tempo erano piccoli, a versato l’Acherónte prima o dopo lo svenimento.<br />

misura d’uomo. Oggi invece esiste soltanto il presen- 6.2. In séguito il poeta continua le variazioni sul<br />

te.<br />

nome: dall’anonimo fiorentino che si è suicidato nel-<br />

4.1. La morte sovrastava costantemente l’individuo le sue case (If XIII, 133-151) a Guido da Montefel-<br />

che apparteneva al popolo come l’individuo che aptro che non vuol dire ma poi dice il suo nome (If<br />

parteneva alle classi elevate. La reazione era perciò XXVII, 61-72), da se stesso che rifiuta di dire il<br />

quella di cercare un surrogato che allungasse la vita, proprio nome (Pg XIII, 130-138) a Matelda di cui<br />

che anzi rendesse immortale la vita. L’unico surroga- dice il nome ben tre canti dopo che la fa comparire<br />

to possibile era la fama, la fama sulla terra. I compo- (Pg XXVIII, 37 sgg., Pg XXXIII, 119).<br />

nenti delle classi elevati cercavano di superare con la 7. Scoprirlo è assolutamente sorprendente, ma Dante<br />

fama terrena la barriera del tempo. Dante ricorda con è l’iniziatore del marketing nel mondo occidentale<br />

affetto il maestro Brunetto Latini, perché gli ha inse- dopo la ripresa economica, politica, demografica e<br />

gnato come l’uomo si eterna con la fama qui sulla tecnologica avvenuta dopo il Mille. Ha coniato slo-<br />

terra (If XV, 79-87).<br />

gan efficacissimi, versi, situazioni e personaggi, che<br />

5. Al motivo della viltà e dell’ignavia è legato quello si imprimono in modo indelebile nella memoria del<br />

della fama. Dante lo affronta più volte: in If XV, 55- lettore, cioè del potenziale acquirente. Egli in vita<br />

60 (il maestro Brunetto Latini gli preannuncia fama e dal poema ha avuto pochi riconoscimenti economici,<br />

gloria), in Pg XI, 91-116 (Oderisi da Gubbio dice ma è stato la fortuna degli amanuensi. Tuttavia il<br />

che la fama terrena è come un battito di ciglia rispet- prodotto che ha confezionato ha avuto nei secoli e<br />

to all’eternità), in Pd XVII, 94-135 (il trisavolo Cac- ancor oggi un successo sbalorditivo. Il prodotto è<br />

ciaguida gli preannuncia la gloria futura). Anche in costruito tenendo presente la psicologia e le reazioni<br />

questo caso, come nella valutazione dei dannati psicologiche di un gran numero di potenziali utenti:<br />

(Francesca da Polenta e Paolo Malatesta, Farinata dal popolo minuto e ignorante, che crede ai miracoli,<br />

degli Uberti e Cavalcanti de’ Cavalcanti, Ulisse e agli intellettuali che si sentono superiori alla pleba-<br />

Diomede ecc.), il poeta vede il problema da più punti glia senza arte né parte, ai tipografi, che stampano<br />

di vista.<br />

soltanto se possono vendere il prodotto. Era buona<br />

6. Dante non fa il nome di «colui che fece per viltade farina.<br />

il gran rifiuto» (v. 60) per diversi motivi: a) al suo 8. Sul piano psicologico la certezza e la sicurezza<br />

tempo l’identificazione con il papa Celestino V era sono noiose, mentre l’oscurità (di un passo) o la si-<br />

immediata; b) se lo nominava, gli dava una fama tuazione di pericolo, in cui si trova un personaggio,<br />

immeritata (ciò vale per tutti gli ignavi, nessuno dei sono fonti di coinvolgimento e di emozioni per il<br />

quali è ricordato); c) che sia o non sia Celestino è una lettore, che vive il pericolo standosene tranquilla-<br />

cosa secondaria, quel che conta è che l’ignavo per mente seduto al sicuro in casa propria e senza ri-<br />

eccellenza, la figura dell’ignavo, sia condannata; e la schiare nulla. Dante, qui come altrove, è consape-<br />

soluzione più efficace è che il lettore immagini qualvolmente il deus ex machina di questa operazione,<br />

che personaggio specifico e che ricopre una posizio- che «incastra» il lettore.<br />

ne elevata nella società: d) ogni buon narratore usa 9. I dannati, che si preparano a salire sulla barca di<br />

l’espediente della varietà (in questo caso il nome non Carónte e a varcare il fiume, sono sistematici nelle<br />

viene detto), per non annoiare il lettore, per incurio- loro imprecazione (vv. 103-105). In ordine d’imporsirlo<br />

e per tenerne sempre viva l’attenzione; infine e) tanza, se la prendono con Dio, i loro genitori, la raz-<br />

ogni buon narratore sa che l’accenno indeterminato a za umana, il luogo, il tempo, il seme della loro stirpe<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 21

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