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Inferno - Letteratura Italiana

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Li miei compagni fec’io sì aguti,<br />

con questa orazion picciola, al cammino,<br />

che a pena poscia li avrei ritenuti;<br />

e volta nostra poppa nel mattino,<br />

de’ remi facemmo ali al folle volo,<br />

sempre acquistando dal lato mancino.<br />

Tutte le stelle già de l’altro polo<br />

vedea la notte e ‘l nostro tanto basso,<br />

che non surgea fuor del marin suolo.<br />

Cinque volte racceso e tante casso<br />

lo lume era di sotto da la luna,<br />

poi che ‘ntrati eravam ne l’alto passo,<br />

quando n’apparve una montagna, bruna<br />

per la distanza, e parvemi alta tanto<br />

quanto veduta non avea alcuna.<br />

Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,<br />

ché de la nova terra un turbo nacque,<br />

e percosse del legno il primo canto.<br />

121<br />

124<br />

127<br />

130<br />

133<br />

136<br />

Tre volte il fé girar con tutte l’acque; 139<br />

a la quarta levar la poppa in suso<br />

e la prora ire in giù, com’altrui piacque,<br />

infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso”. 142<br />

I personaggi<br />

Elia ed Eliseo sono due profeti d’Israele. Un giorno,<br />

mentre stanno parlando in riva al Giordano, un carro<br />

di fuoco con due cavalli di fuoco passa in mezzo a<br />

loro e rapisce Elia e lo porta in cielo. Eliseo si mette<br />

a gridare finché non lo vede più (2 Re 2, 11-12).<br />

Eliseo stava andando da Gerico a Betel, quando alcuni<br />

ragazzi lo deridono. Egli li maledice nel nome<br />

del Signore. Allora due orse escono dal bosco e sbranano<br />

42 di quei ragazzi (2 Re 2, 23-24).<br />

Ulisse, figlio di Laerte, è il protagonista dell’Odissea,<br />

un lungo poema che narra il suo ritorno ad Itaca,<br />

un’isola del mar Egèo, dopo la distruzione di Troia.<br />

Il viaggio dura ben dieci anni sia per l’ostilità di Poseidone,<br />

dio del mare, a cui l’eroe ha accecato il figlio<br />

Polifemo, sia per l’insaziabile curiosità di visitare<br />

paesi e genti sconosciute. In una di queste avventure<br />

la maga Circe s’innamora di lui e lo trattiene presso<br />

di sé per un anno, poi lo deve lasciar partire per<br />

volere di Giove. Una volta in patria, egli deve riconquistare<br />

il trono combattendo contro i proci, i nobili<br />

che avevano approfittato della sua lunga assenza per<br />

insidiargli il potere e la moglie Penelope. Egli è famoso<br />

per l’astuzia (o meglio per il suo ingegno versatile),<br />

ma anche per il coraggio e la saggezza. È suo<br />

l’inganno del cavallo, che permette agli achei di penetrare<br />

nella città di Troia e di distruggerla dopo dieci<br />

anni di inutile assedio. Oltre all’inganno del cavallo<br />

Dante ricorda anche l’astuzia con cui Ulisse e<br />

Diomede costringono Achille ad abbandonare Deidamìa,<br />

appena sposata, per partecipare alla guerra di<br />

Troia e il furto della statua di Pàllade Atena, che proteggeva<br />

la città di Troia.<br />

Diomede, figlio di Tideo, re di Argo, è il compagno<br />

inseparabile e fidato degli inganni di Ulisse. Dopo la<br />

guerra di Troia è respinto dalla moglie, perciò viene<br />

in Italia, dove combatte contro i messapi. Dante lo<br />

unisce ad Ulisse anche in morte, racchiudendolo nella<br />

stessa fiamma.<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 77<br />

121. Con questo breve discorso io feci i miei compagni<br />

così desiderosi di continuare il viaggio, che a<br />

fatica poi sarei riuscito a trattenerli. 124. E, volta la<br />

nostra poppa nel [sole del] mattino, facemmo dei<br />

remi ali al folle volo, piegando sempre più dal lato<br />

mancino. 127. La notte già ci mostrava tutte le stelle<br />

dell’altro polo, mentre il nostro polo [era divenuto<br />

tanto basso sull’orizzonte, che] non sorgeva fuori<br />

della superficie marina. 130. Cinque volte si era accesa<br />

e cinque spenta la parte inferiore della luna, dopo<br />

che avevamo iniziato l’ardua impresa, 133. quando<br />

ci apparve una montagna (=il purgatorio), bruna<br />

per la distanza, che mi sembrò tanto alta quanto non<br />

ne avevo mai viste. 136. Noi ci rallegrammo, ma sùbito<br />

[la nostra gioia] si tramutò in pianto, perché dalla<br />

nuova terra sorse un turbine che percosse la prua<br />

della nave. 139. Tre volte la fece girare con tutta<br />

l’acqua circostante, alla quarta fece alzar la poppa in<br />

alto e fece andar la prua in giù, come ad altri (=Dio)<br />

piacque, 142. finché il mare si rinchiuse sopra di<br />

noi».<br />

Etéocle e Polinìce sono figli di Edipo, re di Tebe, e<br />

di Giocasta. Alla morte del padre, decidono di regnare<br />

un anno ciascuno. Passato l’anno però Etèocle<br />

non vuole lasciare il trono. Polinìce allora arma un<br />

esercito contro di lui. Nella battaglia muoiono entrambi.<br />

Quando i loro corpi sono deposti sulla pira<br />

per essere bruciati, sembra che le fiamme dell’uno si<br />

dividano da quelle dell’altro, come se il loro odio<br />

perdurasse anche dopo la morte.<br />

Deidamìa, figlia di Licomede di Sciro e da poco<br />

moglie di Achille, muore di dolore, quando il marito,<br />

che era stato fatto vestire da donna affinché non<br />

partisse per la guerra di Troia, è scoperto da Ulisse e<br />

da Diomede (gli fanno sentire il rumore delle armi) e<br />

costretto a partire. Nel limbo la donna continua a<br />

piangere l’abbandono e il mancato ritorno dell’eroe.<br />

La fonte di Dante è Stazio, Ach. I, 689 sgg.<br />

Commento<br />

1. Il canto inizia in modo semplice ed efficace: il<br />

poeta pensa alla sua Firenze con un sentimento di<br />

odio e di amore. Da una parte prorompe in un’apostrofe<br />

violentissima e piena di sarcasmo contro la<br />

città, perché lì all’inferno egli ha trovato cinque suoi<br />

concittadini di buona famiglia; e perciò è contento<br />

che le altre città della Toscana si preparino a punirla.<br />

Dall’altra desidera che la punizione sia già avvenuta,<br />

perché più egli invecchia, più le sventure che colpiscono<br />

la sua città lo fanno soffrire (vv. 1-12).<br />

1.1. Dopo questo preludio il poeta descrive l’ottava<br />

bolgia. Fa una descrizione indiretta (il contadino che<br />

vede le lucciole d’estate) e una descrizione diretta (la<br />

bolgia era piena di fiammelle) (vv. 13-51).<br />

1.2. Passa alla parte centrale del canto: l’incontro –<br />

mediato da Virgilio (vv. 52-84) – con Ulisse e la richiesta<br />

che l’eroe greco racconti dove andò a morire.<br />

E fa parlare il personaggio, che pianamente racconta<br />

la sua fine, che occupa metà canto (vv. 85-142).

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