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Inferno - Letteratura Italiana

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decca, che puniscono rispettivamente i traditori della<br />

patria, degli ospiti e dei benefattori.<br />

Lancillotto del Lago, uno dei cavalieri della Tavola<br />

rotonda, è protagonista del poema cavalleresco Lancelot,<br />

scritto in francese antico (1220-1235): egli<br />

s’innamora della regina Ginevra, moglie di re Artù. Il<br />

loro incontro è favorito dal siniscalco Galehaut, Galeotto.<br />

Nel poema è la regina che prende l’iniziativa.<br />

Commento<br />

1. Dante, che ha vivissimo il senso dello spettacolo,<br />

in questo canto, come in altri, si sdoppia: si avvicina<br />

al dramma di Francesca, che ha tradito il marito, come<br />

credente, come cittadino e come uomo. Come<br />

credente è costretto a condannare; come cittadino poi<br />

non può accettare che le regole sociali siano infrante;<br />

come uomo invece partecipa intensamente al dolore.<br />

Egli comprende, ma non assolve: lo svenimento finale<br />

dimostra sia l’intensità del coinvolgimento sia il<br />

proposito di non assolvere un comportamento moralmente<br />

e civilmente condannabile. Egli mette in<br />

contrasto le esigenze del cuore di Francesca, innamorata<br />

di Paolo, con il comportamento che le è imposto<br />

dalle regole sociali: essa è sposa di Gianciotto e non<br />

può tradire il marito.<br />

1.1. Questa strategia (vedere una questione da più<br />

punti di vista, tra loro coordinati), che attraversa tutto<br />

il poema, si riallaccia al metodo di Tommaso<br />

d’Aquino: di una questione si devono vedere le varie<br />

soluzioni, che poi si devono reinterpretare per farne<br />

emergere il loro nucleo più profondo di validità, eliminandone<br />

gli aspetti accessori. Tale metodo rivela<br />

tutta la sua efficacia in ambito teorico – filosofico e<br />

teologico – e ugualmente in ambito pratico. Il metodo<br />

risulta valido per il cielo come per la terra, per la<br />

teologia come per la politica. E comprensibilmente<br />

anche per l’economia e la morale.<br />

1.2. Il lettore o la lettrice, che si immedesima nella<br />

donna, si trova nella difficoltà di scegliere: l’amore o<br />

la fedeltà al marito? Si vorrebbero tutte e due le cose,<br />

ma in genere non è possibile (e poi può banalmente<br />

succedere che l’erba del vicino sia sempre più verde<br />

e che, una volta assaggiata, si scopre uguale a quella<br />

che già si mangia). Il dilemma è un altro filo conduttore<br />

del poema. Si trovano davanti a un dilemma ad<br />

esempio Farinata degli Uberti e Cavalcante de’ Cavalcanti<br />

(vita pubblica o vita privata? E l’una esclude<br />

l’altra) (If X) e Ulisse (la famiglia o l’esplorazione<br />

del mondo disabitato?)(If XXVI). Addirittura il poeta<br />

espone il dilemma nella sua forma teorica canonica,<br />

proposta da un logico del sec. XIII, quella dell’asino<br />

di Buridano (Pd IV, 1-4): se si è posti tra due cibi,<br />

ugualmente saporiti, quali tra i due si sceglierà?<br />

Nell’incertezza, si rischia di morire di fame. Buridano<br />

(prima del 1300-1358ca.) aveva fatto l’esperimento<br />

con un asino, davanti al quale aveva posto due<br />

mucchi di fieno del tutto uguali. Aveva perso l’asino,<br />

ma aveva dimostrato che anche gli esseri senza ragione<br />

fanno una scelta soltanto se c’è almeno un motivo<br />

per farla. Con il dilemma il poeta attua una delle<br />

infinite forme della drammatizzazione, con la quale<br />

spinge il lettore a immedesimarsi nei personaggi e a<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 27<br />

sentire come proprie le scelte che essi sono costretti<br />

a fare.<br />

1.3. È difficile capire come il pensiero laico possa<br />

accusare Dante, Tommaso d’Aquino, la Chiesa e più<br />

in generale il Medio Evo di avere la testa tra le nuvole<br />

o nell’al di là e di perdere tempo a parlare di<br />

morale, di salvezza dell’anima o del sesso degli angeli.<br />

L’ipotesi più probabile è che il pensiero laico<br />

non abbia mai letto i testi di questi autori, li condanni<br />

per partito preso, per pregiudizio, per paura di<br />

confrontarsi... Tutti motivi che fanno onore alla serietà<br />

e alla correttezza scientifica, che caratterizzerebbe<br />

il mondo laico e che sarebbe del tutto assente<br />

negli autori così sbrigativamente condannati.<br />

2. La condanna (o l’assoluzione) civile dei due cognati<br />

sarebbe stata poco efficace dal punto di vista<br />

narrativo, anzi avrebbe messo il poeta sullo stesso<br />

piano del (e contrapposto al) lettore che non la pensava<br />

come lui. E il lettore si sarebbe risentito. Perciò<br />

egli non la mette in primo piano, resta alla condanna<br />

religiosa e insiste sulle sue reazioni personali. In altri<br />

casi, e ben più importanti, il poeta prende invece posizione.<br />

Egli vuole coinvolgere, ma contemporaneamente<br />

lasciar spazio anche al lettore!<br />

3. Dante descrive in termini stilnovistici l’amore dei<br />

due cognati: «L’amore – dice Francesca – fa rapidamente<br />

presa sul cuore gentile e costringe chi è amato<br />

a ricambiare l’amore». In tal modo egli recupera la<br />

sua esperienza poetica giovanile, anche se, ciò facendo,<br />

compie un anacronismo. Francesca e Paolo<br />

sono nobili e non possono innamorarsi in termini<br />

stilnovistici, ma in termini cortesi. Lo stilnovismo<br />

(1274-94ca.) viene dopo la poesia cortese della<br />

Scuola siciliana (1230-60ca.) ed è l’espressione letteraria<br />

della borghesia commerciale e cittadina, che<br />

in tutta Italia sta emergendo lottando contro le forze<br />

politiche tradizionali, cioè la nobiltà e la Chiesa.<br />

Con questa classe il poeta deve schierarsi a séguito<br />

degli Ordinamenti di giustizia promulgati a Firenze<br />

da Giano della Bella (1294), che imponevano l’iscrizione<br />

a un’arte, per entrare nella vita politica.<br />

3.1. Dello stilnovismo il poeta recupera qui la prima<br />

delle tesi tre (l’amore e il cuor gentile sono una cosa<br />

sola), che espone in due versioni (vv. 100 e 103).<br />

Essa poi non comparirà più. La seconda tesi (la nobiltà<br />

non è nobiltà di sangue, che si eredita; è nobiltà<br />

d’animo, che si acquista con il proprio impegno e<br />

con i propri meriti) è tendenzialmente sostituita con<br />

la tesi rifiutata. La terza tesi (la donna è un angelo<br />

del cielo, disceso sulla terra per portare l’uomo a<br />

Dio) aveva fatto la sua comparsa poco prima (If II,<br />

55-57) e non ricomparirà più. In Pg XXIV, 52-55,<br />

egli dà una definizione di Dolce stil novo, che dimentica<br />

tutti gli aspetti innovatori della corrente ed<br />

insiste sull’ispirazione amorosa e sull’Amore che<br />

detta nel cuore del poeta, una concezione classica<br />

della poesia: Dio ispira e detta allo scrittore sacro. Il<br />

motivo di questo cambiamento è che egli apparteneva<br />

alla piccola nobiltà, era entrato nel ranghi della<br />

borghesia in séguito agli Ordinamenti di giustizia di<br />

Giano della Bella (1294), ma poi le vicende politiche<br />

lo avevano staccato dalle sorti della borghesia,<br />

perciò aveva prima proposto lo stilnovo, che era le-

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