Inferno - Letteratura Italiana
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Allora il duca mio parlò di forza<br />
tanto, ch’i’ non l’avea sì forte udito:<br />
“O Capaneo, in ciò che non s’ammorza<br />
la tua superbia, se’ tu più punito:<br />
nullo martiro, fuor che la tua rabbia,<br />
sarebbe al tuo furor dolor compito”.<br />
Poi si rivolse a me con miglior labbia<br />
dicendo: “Quei fu l’un d’i sette regi<br />
ch’assiser Tebe; ed ebbe e par ch’elli abbia<br />
Dio in disdegno, e poco par che ‘l pregi;<br />
ma, com’io dissi lui, li suoi dispetti<br />
sono al suo petto assai debiti fregi.<br />
Or mi vien dietro, e guarda che non metti,<br />
ancor, li piedi ne la rena arsiccia;<br />
ma sempre al bosco tien li piedi stretti”.<br />
Tacendo divenimmo là ‘ve spiccia<br />
fuor de la selva un picciol fiumicello,<br />
lo cui rossore ancor mi raccapriccia.<br />
Quale del Bulicame esce ruscello<br />
che parton poi tra lor le peccatrici,<br />
tal per la rena giù sen giva quello.<br />
Lo fondo suo e ambo le pendici<br />
fatt’era ‘n pietra, e ‘ margini dallato;<br />
per ch’io m’accorsi che ‘l passo era lici.<br />
“Tra tutto l’altro ch’i’ t’ho dimostrato,<br />
poscia che noi intrammo per la porta<br />
lo cui sogliare a nessuno è negato,<br />
cosa non fu da li tuoi occhi scorta<br />
notabile com’è ‘l presente rio,<br />
che sovra sé tutte fiammelle ammorta”.<br />
Queste parole fuor del duca mio;<br />
per ch’io ‘l pregai che mi largisse ‘l pasto<br />
di cui largito m’avea il disio.<br />
“In mezzo mar siede un paese guasto”,<br />
diss’elli allora, “che s’appella Creta,<br />
sotto ‘l cui rege fu già ‘l mondo casto.<br />
Una montagna v’è che già fu lieta<br />
d’acqua e di fronde, che si chiamò Ida:<br />
or è diserta come cosa vieta.<br />
Rea la scelse già per cuna fida<br />
del suo figliuolo, e per celarlo meglio,<br />
quando piangea, vi facea far le grida.<br />
Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,<br />
che tien volte le spalle inver’ Dammiata<br />
e Roma guarda come suo speglio.<br />
La sua testa è di fin oro formata,<br />
e puro argento son le braccia e ‘l petto,<br />
poi è di rame infino a la forcata;<br />
da indi in giuso è tutto ferro eletto,<br />
salvo che ‘l destro piede è terra cotta;<br />
e sta ‘n su quel più che ‘n su l’altro, eretto.<br />
Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta<br />
d’una fessura che lagrime goccia,<br />
le quali, accolte, foran quella grotta.<br />
Lor corso in questa valle si diroccia:<br />
fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;<br />
poi sen van giù per questa stretta doccia<br />
infin, là ove più non si dismonta<br />
fanno Cocito; e qual sia quello stagno<br />
tu lo vedrai, però qui non si conta”.<br />
Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 55<br />
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61. Allora la mia guida parlò con tanta forza, quanto<br />
non l’avevo mai udito: «O Capanèo, proprio perché<br />
la tua superbia 64. non si spegne, senti maggiormente<br />
la punizione: nessuna sofferenza, fuorché la tua<br />
rabbia, sarebbe un castigo adeguato al tuo furore».<br />
67. Poi si rivolse a me con volto più sereno, dicendo:<br />
«Egli fu uno dei sette re che assediarono Tebe.<br />
Ebbe e mostra di avere 70. Dio in gran disprezzo e<br />
poco mostra di considerarlo. Ma, come dissi, il suo<br />
disprezzo e le sue parole son ben appropriati alla sua<br />
pazzia. 73. Ora séguimi e cerca ancora di non metter<br />
i piedi (=camminare) nella sabbia riarsa, ma tiènili<br />
sempre vicini al bosco». 76. Senza più parlare giungemmo<br />
là dove sgorga fuori della selva un piccolo<br />
fiumicello, il cui color rosso mi fa ancor raccapricciare.<br />
79. Esso scorreva tra la sabbia, simile al ruscello<br />
che esce dal laghetto di Bulicame, che poi le<br />
peccatrici (=le prostitute) si dividono tra loro. 82. Il<br />
suo fondo, ambedue le sponde, come pure i margini<br />
laterali erano fatti di pietra, perciò mi accorsi che il<br />
passaggio era lì. 85. «Fra tutte le altre cose che ti ho<br />
mostrato, dopo che entrammo per la porta la cui soglia<br />
è aperta a tutti, 88. i tuoi occhi non videro cosa<br />
degna di nota come questo fiumicello, che spegne<br />
sopra di sé tutte le fiammelle.» 91. Queste parole mi<br />
furon dette dalla mia guida; perciò io la pregai di<br />
soddisfare la curiosità, che aveva in me suscitato. 94.<br />
«Nel mezzo del mare si trova un paese ora caduto in<br />
rovina» egli allora disse, «che si chiama Creta, sotto<br />
il cui re (=Saturno) un tempo il mondo visse innocente.<br />
97. Vi è una montagna chiamata Ida, un tempo<br />
ricca di acque e di fronde ed ora abbandonata<br />
come una cosa vecchia. 100. Rea (=moglie di Saturno)<br />
la scelse come culla sicura per il suo piccolo<br />
(=Giove); e, per meglio nasconderlo quando piangeva,<br />
faceva fare gran rumore. 103. Dentro il monte<br />
sta dritto un vecchio di grande statura, che volge le<br />
spalle all’Egitto e guarda Roma come in uno specchio.<br />
106. La testa è fatta d’oro fine, le sue braccia e<br />
il suo petto sono d’argento puro, poi è di rame sino<br />
all’inforcatura delle gambe, 109. da qui in giù è tutto<br />
di ferro scelto, tranne il piè destro, che è di terra cotta,<br />
e sta dritto più su questo piede che sull’altro. 112.<br />
Ciascuna parte, fuorché la testa d’oro, è rotta da una<br />
fessura, che goccia lacrime, le quali, raccogliendosi<br />
ai suoi piedi, forano la roccia. 115. Esse scorrono tra<br />
le rocce sino a questa valle e formano l’Acherónte,<br />
lo Stige e il Flegetónte. Poi se ne vanno giù per questo<br />
stretto canale, 118. finché formano Cocìto nel<br />
luogo oltre il quale non si scende più. Tu vedrai<br />
com’è quello stagno, perciò qui non te ne parlo.»