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Inferno - Letteratura Italiana

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to un libro licenzioso come il Decameron. E precipivanti» (v. 138). Non dice quel che lei e Paolo fanno.<br />

ta in una profonda crisi interiore, dalla quale lo fa u- Dirlo sarebbe stato banale, noioso ed anche volgare.<br />

scire l’amico Petrarca, che da sempre aveva preso gli Ma il lettore immagina, rabbrividisce e invidia; e<br />

ordini minore e che gli dice d’infischiarsene di quel prima di lui immagina Dante (vv. 118-120) che, co-<br />

frate del malaugurio, perché la cultura – il libro – è me in altri casi, il lettore deve prendere come model-<br />

più importante di tutto il resto. Insomma in vecchiaia lo di comportamento (glielo suggerisce lo stesso po-<br />

per Boccaccio la cultura s’impone sulla natura... eta). Altri versi che dicono e non dicono sono le pa-<br />

5.2. ...e poi vale la pena di ricordare che Dante camrole del conte Ugolino della Gherardesca «Poscia,<br />

bia idea in Pd VIII, 97-148, quando propone una più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno» (If XXXIII, 75) e le<br />

concezione meritocratica della società: la Provviden- parole di Piccarda Donati «Idio si sa qual poi mia<br />

za manda sulla terra tutte le capacità che servono per vita fusi» (Pd III, 108). Quest’ultimo è anche un ver-<br />

il buon funzionamento della società. Ma gli uomini so sintetico. Con i versi allusivi il poeta eccita e atti-<br />

spingono a farsi religioso chi è nato per cingere la va in modo particolare la memoria e l’immagi-<br />

spada e a farsi sovrano chi è nato per far prediche. nazione del lettore.<br />

Così la società funziona male. Qui il poeta non fa il 6.4. Per ora si diletta ad usare una soluzione molto<br />

minimo cenno alle capacità manipolatrici e plasma- leziosa: indicare i personaggi non per nome ma con<br />

trici della cultura. In vecchiaia quindi i due autori si una lunga perifrasi (vv. 97-99). Ma conosce già, da<br />

scambiano le tesi. E resta problematico il rapporto tra If III, 58-60, le variazioni sul nome detto e non det-<br />

natura e cultura...<br />

to, taciuto… Peraltro la perifrasi non è tanto una fi-<br />

6. Francesca è ancora travolta dalla passione e rivive gura retorica: essa indica realisticamente un indivi-<br />

la sua storia d’amore e di morte come se fosse appeduo con quello che fa o che ha fatto o che gli è sucna<br />

successa: «Amor condusse noi ad una morte» (v. cesso. Ne dà insomma una definizione fattuale,<br />

106). L’amore è ribadito anche dall’odio che prova comportamentistica. La perifrasi rimanda alle inten-<br />

verso il marito che l’ha uccisa e l’ha privata del piase discussioni medioevali sulla sostanza e sugli accere<br />

visivo e fisico che Paolo le dava: «Caina attende cidenti, che compaiono anche in Pd XVII, 37-45, e<br />

chi a vita ci spense» (v. 107). Essa è chiusa nel suo Pd XXIII, 85-93. Per l’uomo la realtà soffre di una<br />

amore o nel suo egoismo e dimentica che era moglie radicale frattura tra sostanza (essere uomo) e acci-<br />

di Gianciotto. Non ci pensa mai. Dimentica le regole denti (avere la barba, che alcuni uomini hanno ed<br />

sociali. Non dice neanche se il marito la trascurava o altri non hanno). Ma in Dio è da sempre chiaro come<br />

meno. Dal suo punto di vista non è importante. È gli accidenti costituiscano parte integrante della so-<br />

importante soltanto il piacere reciproco che i due instanza. Egli vede tutto ante rem (prima della cosa,<br />

namorati si davano al livello visivo con la bellezza prima che di una cosa si possa fare esperienza), gli<br />

dei loro corpi e al livello fisico con l’uso dei loro uomini possono vedere soltanto post rem (dopo la<br />

corpi.<br />

cosa, a partire dall’esperienza).<br />

6.1. Non è male confrontare la figura di Francesca 7. La lussuria è il peccato più leggero ed è punita nel<br />

con le altre figure femminili del poema, quelle posi- primo cerchio dell’inferno. Il tradimento nelle sue<br />

tive o idealizzate: Pia de’ Tolomei (Pg V), Matelda varie manifestazioni è il peccato più grave ed è puni-<br />

(Pg XXVIII), Beatrice (If II e Pg XXX), Piccarda to nel nono cerchio, il più profondo dell’inferno.<br />

Donati (Pd III), la Vergine Maria (Pd XXXIII). E Dante punisce peccati che sono sostanzialmente col-<br />

quelle che si sprofondano nella realtà: la prostituta pe sociali, non colpe religiose. Sono reati. Le due<br />

Taide (If XVIII), la «femmina» (Pg XIX), la meretri- sole eccezioni sono forse gli eretici (If X) e i bece<br />

che rappresenta la Chiesa (Pg XXXII), la ninfostemmiatori contro Dio (If XIV). Egli riprende e riemane<br />

Cunizza da Romano e la prostituta Raab (Pd labora in modo meticoloso una classificazione delle<br />

IX).<br />

colpe e delle punizioni di origine aristotelica, fatta<br />

6.2. Né ricordare che la Francesca passionale e ro- propria dalla cultura religiosa del suo tempo. La pumantica<br />

di F. de Sanctis (1817-1883) non ha niente a nizione rispetta sempre la legge del contrappasso<br />

che fare con la Francesca dantesca. Francesca non è per analogia (i lussuriosi sono travolti dalla bufera<br />

travolta dalla passione (come vorrebbero le teorie infernale come in vita lo erano dalla bufera delle<br />

romantiche), ma si innamora secondo le regole stil- passioni) o per contrasto (chi ha guardato con invinovistiche<br />

(chi è amato non può resistere all’amore) e dia ha gli occhi cuciti con un filo di ferro). Il pensie-<br />

dell’amor cortese (il reciproco piacere fisico e visivo ro laico non ha mai affrontato seriamente il proble-<br />

che i due amanti si danno) in un contesto letterario ma delle colpe e delle pene terrene che la società<br />

raffinatissimo e capace di condizionare le azioni di deve comminare a chi infrange le sue regole.<br />

coloro che s’intrattengono con tale letteratura. È la 8. Il tema dell’amore, affrontato in questo canto, va<br />

cultura che ha la meglio sulla passione, che permette confrontato con la poesia amorosa del sec. XIII:<br />

ai desideri di manifestarsi, e che plasma e dà forma ai l’amore della letteratura provenzale, la Scuola sici-<br />

desideri inespressi. Senza la cultura, senza tale cultuliana, la Scuola toscana, la corrente comico-realistica<br />

ra, non sarebbe stato possibile il tradimento. Insom- e il Dolce stil novo, che recuperano la figura della<br />

ma niente è meno spontaneo e meno istintivo dell’a- donna, tradizionalmente intesa come colei che porta<br />

more-passione dei due cognati.<br />

l’uomo al peccato. Accanto a queste correnti laiche<br />

6.3. Dante intuisce una soluzione letteraria che in sé- c’è la letteratura religiosa passata e presente, che<br />

guito porterà a risultati sbalorditivi: l’allusione. Fran- propone l’amore verso Dio (i Padri della Chiesa,<br />

cesca dice che «quel giorno più non vi leggemmo a- sant’Agostino, Francesco d’Assisi, Tommaso d’A-<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 29

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