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Appunti per il corso: Fisica del plasma di quark e gluoni (A.A. ... - Infn

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che compare nelle equazioni originali è definito solo quando fissiamo un particolare modo <strong>per</strong> determinarlo dai dati<br />

(questa si chiama con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> rinormalizzazione). Nel caso specifico lo si fissa dal valore s<strong>per</strong>imentale <strong>del</strong>la sezione<br />

d’urto Rutherford <strong>per</strong> q → 0. Detto questo osserviamo anche che nell’espressione precedente non compaiono quantità<br />

che siano esplicitamente <strong>di</strong>vergenti <strong>per</strong> Λ → ∞, cioè quando si rimuove <strong>il</strong> cut-off che si è inserito <strong>per</strong> definire <strong>il</strong> nostro<br />

integrale. Dato che anche eR è finito, lo otteniamo dai dati s<strong>per</strong>imentali, <strong>il</strong> risultato è che l’ampiezza espressa in<br />

termini <strong>del</strong>la carica rinormalizzata eR è finita. È ovvio che se eR è finita, allora l’originale quantità e deve <strong>di</strong>vergere<br />

<strong>per</strong> Λ → ∞. Le due espressioni coincidono, <strong>per</strong>tanto la <strong>di</strong>vergenza esplicita nella ampiezza quando espressa in termini<br />

<strong>di</strong> e compensa la <strong>di</strong>vergenza insita in e. In altri termini, <strong>per</strong> dare senso a questa procedura, occorre che la carica da cui<br />

si parte sia infinita (notiamo <strong>per</strong>ò che questa <strong>di</strong>vergenza è <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne su<strong>per</strong>iore nella carica, come si vede dall’espressione<br />

<strong>di</strong> eR). Detto ciò la rinormalizzazione consiste in una riorganizzazione <strong>del</strong>l’espansione <strong>per</strong>turbativa, che all’origine<br />

usa e come parametro <strong>di</strong> espansione, in un modo che usa invece la carica rinormalizzata eR. I termini <strong>del</strong>l’espansione<br />

sono allora convergenti. Che questo possa effettivamente realizzarsi non è una caratteristica generale <strong>del</strong>le teorie<br />

quantistiche relativistiche. Anzi vale solo <strong>per</strong> una classe ristretta <strong>di</strong> teorie. Tra le teorie rinormalizzab<strong>il</strong>i sono le teorie<br />

<strong>di</strong> gauge abeliane (esempio QED), e quelle non abeliane (esempio QCD).<br />

B. Lamb-shift e g − 2<br />

Consideriamo adesso lo scattering Rutherford, con la correzione <strong>di</strong> polarizzazione <strong>di</strong> vuoto inclusa<br />

M (1) + M (2) Ze<br />

= −2mūf (iγ0)ui<br />

2 R<br />

q2 <br />

1 − e2R 60π2 q2 m2 <br />

Il fattore<br />

Ze2 R<br />

q2 = −Ze2 R<br />

|q | 2<br />

(dove si è tenuto conto <strong>di</strong> q0 = Ef − Ei = 0) altro non è che la trasformata <strong>di</strong> Fourier <strong>del</strong> potenziale coulombiano.<br />

Infatti <strong>il</strong> potenziale scalare sod<strong>di</strong>sfa<br />

e prendendo la trasformata <strong>di</strong> Fourier<br />

e poiché V0(x) = −eRA0<br />

33<br />

(3.69)<br />

(3.70)<br />

∇ 2<br />

A0(x) = −ZeRδ 3 (x) (3.71)<br />

|q | 2 A0(q ) = ZeR<br />

V0(q ) = − Ze2 R<br />

|q | 2<br />

Ma allora l’equazione (3.69) ci <strong>di</strong>ce che gli effetti quantistici relativistici legati alla produzione ed annich<strong>il</strong>azione <strong>di</strong><br />

coppie generano una correzione al potenziale coulombiano. Il potenziale mo<strong>di</strong>ficato è<br />

V (x) = −Ze 2 R<br />

<br />

d 3 q<br />

(2π) 3<br />

eiq · x<br />

|q | 2<br />

<br />

1 + e2R 60π2 (3.72)<br />

(3.73)<br />

|q | 2<br />

m2 <br />

= − Ze2R 4π|x| − Ze4R 60π2m2 δ3 (x) (3.74)<br />

Abbiamo detto che la correzione è dovuta al fatto che <strong>il</strong> fotone scambiato può <strong>di</strong>ssociarsi in coppie virtuali <strong>di</strong> elettroni,<br />

possiamo allora cercare <strong>di</strong> visualizzare <strong>il</strong> fenomeno nel seguente modo. In questo es<strong>per</strong>imento l’elettrone rappresenta<br />

la carica test che usiamo <strong>per</strong> misurare la carica <strong>del</strong>la sorgente statica posta nell’origine. Intorno alla sorgente ci sarà<br />

un mare <strong>di</strong> coppie virtuali elettroni-positroni che sono dovute al fotone tramite <strong>il</strong> quale viene testata la sorgente. La<br />

sorgente dà luogo ad una polarizzazione <strong>di</strong> questo mare <strong>di</strong> coppie. Infatti essendo <strong>di</strong> carica positiva tenderà a crearsi<br />

attorno una nuvola <strong>di</strong> elettroni, che schermerà la sorgente, e ad allontanare i positroni. A gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze la carica<br />

test misura la carica risultante dalla carica <strong>del</strong>la sorgente e da tutte le cariche degli elettroni e dei positroni virtuali.<br />

Questa carica è <strong>per</strong> definizione eR, abbiamo infatti definito quest’ultima come la carica misurata nello scattering<br />

Rutherford <strong>per</strong> momenti trasferiti tendenti a zero. Se adesso avviciniamo la carica test alla sorgente fino a penetrare<br />

la nuvola elettronica, l’effetto <strong>di</strong> schermo degli elettroni si riduce e quin<strong>di</strong> viene s<strong>per</strong>imentata una carica più grande<br />

(ve<strong>di</strong> Fig. 25). Dunque la fisica <strong>del</strong> problema si comprende meglio parlando <strong>di</strong> una carica funzione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stanza (o

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