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Rivista n.3 consultabile - Dipartimento Funzione Pubblica

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I ricorrenti sostengono di avere svolto “nel corso degli anni 1993 e 1994, sotto la vigenza del d.p.r. 28 novembre<br />

1990, n. 384, parecchie ore di lavoro straordinario sia in regime di pronta disponibilità che, soprattutto, per<br />

ordinarie esigenze di servizio, al fine di sopperire a carenze di organico”.<br />

Tuttavia, ai fini che qui interessano, l’art. 10 del D.P.R. invocato dai ricorrenti, dopo avere affermato che “il<br />

lavoro straordinario non può essere utilizzato come fattore ordinario di programmazione del lavoro”, stabilisce<br />

che “Le prestazioni di lavoro straordinario hanno carattere eccezionale … e debbono essere preventivamente<br />

autorizzate”.<br />

Nella fattispecie, i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova circa l’effettiva esistenza della necessaria<br />

preventiva autorizzazione a svolgere il lavoro straordinario, limitandosi a produrre informali prospetti<br />

riepilogativi delle ore asseritamene effettuate.<br />

Avverso l’accoglimento della domanda dei ricorrenti soccorre la consolidata giurisprudenza del Consiglio di<br />

Stato secondo la quale l’amministrazione pubblica è tenuta ad erogare compensi per lavoro straordinario solo in<br />

presenza di una preventiva formale autorizzazione allo svolgimento del medesimo, necessaria al fine di<br />

verificare le effettive ragioni di pubblico interesse, che giustifichino il ricorso ad una prestazione lavorativa<br />

eccezionale, nel principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (cfr., ex plurimis Cons. St., sez. V, 27<br />

giugno 2001, n. 3495).<br />

Il ricorso va pertanto respinto.<br />

Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante<br />

ai fini della presente decisione.<br />

Sussistono giusti motivi perché le spese del grado del giudizio siano compensate tra le parti.

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