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Rivista n.3 consultabile - Dipartimento Funzione Pubblica

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2. Il frazionamento della domanda giudiziale costituisce autonoma causa di inammissibilità dell’atto introduttivo<br />

del giudizio (Cass., sez. un., 15 novembre 2007 n. 23726). Ciò nel presupposto che unica deve essere l’azione<br />

diretta a conseguire un pagamento, quando unica è la causa del credito ed unico il momento di maturazione dello<br />

stesso, ad evitare che il giudice riesamini più volte lo stesso rapporto obbligatorio ed attribuisca, eventualmente,<br />

alla prestazione dovuta in forza di esso, di volta in volta una diversa consistenza (Cass., sez. un., 15 novembre<br />

2007 n. 23726; id., sez. un., 11 aprile 2008, n. 9544).<br />

La rinnovata attenzione della giurisprudenza di legittimità per il divieto di parcellizzazione della domanda<br />

giudiziale è da porre in relazione con il principio di correttezza e buona fede in ambito giudiziale (art. 88 c.p.c.),<br />

nonché con i canoni del giusto processo (art. 111 cost.).<br />

Sotto il primo aspetto, la S.C. ha ritenuto che il dovere di lealtà deve improntare il rapporto tra le parti non solo<br />

durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere<br />

l’adempimento, mentre la scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva<br />

utilità, costituisce un inammissibile aggravio della posizione del debitore.<br />

Secondariamente, la decisione unilaterale di frazionare l’oggetto del processo, è stata tacciata di contrasto con il<br />

principio costituzionale del giusto processo, traducendosi in un abuso degli strumenti processuali che<br />

l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale. In tal senso, la S.C.<br />

ha osservato che il processo si considera giusto quando il risultato finale (la risposta alla domanda della parte)<br />

non sia frutto di abuso, o di “esercizio dell’azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela<br />

dell’interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché la ragione dell’attribuzione, al suo titolare, della potestas<br />

agendi” (Cass., sez. un., 15 novembre 2007 n. 23726; id., sez. un., 11 aprile 2008, n. 9544).<br />

3. Il divieto di frazionamento della domanda giudiziale si colora di particolare significato nei giudizi in materia<br />

di pensione, vigente il principio della tendenziale certezza e definitività del decreto di pensione, revocabile e<br />

modificabile, d’ufficio e su istanza di parte, nei limiti precisati dagli artt. 204 e 205 del d.P.R. 29 dicembre 1973,<br />

n. 1092. E’ stato così ritenuta la violazione dei predetti canoni quando si “torna a mettere in discussione lo stesso<br />

decreto di pensione, ogni volta per un motivo diverso ma solo apparentemente “nuovo” (nel senso di<br />

sopravvenuto o emerso necessariamente soltanto dopo la proposizione del precedente ricorso), sicché il decreto

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