la nuova leadership - Asam
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difficile comprendere perché l’azienda si stia ca<strong>la</strong>ndo in un universo orizzontale8 . Affermato in<br />
altri termini: in una economia post industriale e fondata sull’innovazione, tutto ciò che è verticale<br />
diventa immediatamente orizzontale. Due famosi studi professionali di architetti<br />
(Thompson & Rose di Cambridge nel Massachussets e Asymptote di New York) hanno provato<br />
ad immaginare l’azienda del ventunesimo secolo. Il primo crede che sarà l’umanesimo e non <strong>la</strong><br />
tecnologia a generare le idee e le innovazioni necessarie al successo aziendale; il secondo ritiene<br />
che i manager vivranno in aria e i quartier generali aziendali saranno terminal aeroportuali.<br />
Le aziende del futuro collocheranno le loro sedi in aeroporto dove ci sarà tutto quanto serve al<br />
business e al<strong>la</strong> persona; non ci sarà interruzione tra l’air terminal (rigorosamente personalizzato<br />
a livello aziendale) e l’aeromobile. Le aziende cominceranno a comprare o costruire i propri<br />
aeroporti, quelli esistenti potrebbero diventare tutti privati ed operare come marchi aziendali.<br />
Gli standard saranno così simili che <strong>la</strong> cultura nei business globali sarà veramente omogenea,<br />
risulterà identica in ogni aeroporto. Ma gli uffici che stimo<strong>la</strong>no <strong>la</strong> creatività, per utilizzare<br />
lo stesso titolo di uno dei quattro saggi, non avranno più nul<strong>la</strong> di “vecchio”? Gli edifici<br />
aziendali e più in generale i luoghi di <strong>la</strong>voro saranno ancora per un bel po’ progettati come<br />
antidoti al<strong>la</strong> pervasiva tecnologia digitale. Quando <strong>la</strong> tecnologia rende virtuale qualsiasi<br />
azienda, si devono ri-creare angoli del “vecchio” mondo in quanto risultano insopprimibili tre<br />
bisogni distinti: socializzazione (incontrarsi, chiacchierare), solitudine (riflettere, meditare),<br />
fisicità estetica (giardini, colori, forme).<br />
Eccoci sul finire di questa artico<strong>la</strong>ta introduzione. I successivi nove scritti, che danno corpo al<strong>la</strong><br />
quinta parte del volume, colgono e/o sviluppano alcuni degli aspetti più caratterizzanti del<strong>la</strong><br />
sezione intito<strong>la</strong>ta “L’Ecosistema Aziendale”. La “teoria” sostenuta da Anthony Bianco nel saggio<br />
d’apertura è che le imprese si occuperanno sempre più di attività pubbliche e sociali. Questa<br />
previsione permea un po’ tutta questa parte. Iniziamo un po’ da lontano.<br />
Michelle Conlin sottolinea, con partico<strong>la</strong>re sagacia, che stiamo entrando in una<br />
“Economia del Sapere” da un <strong>la</strong>to e verso <strong>la</strong> connettività globale dall’altro <strong>la</strong>to; quindi il potere<br />
sta spostandosi verso le persone qualificate. Pressoché ogni dipendente, meglio ex dipendente,<br />
diventa imprenditore di se stesso ovvero un agente indipendente che quotidianamente negozia<br />
(come al Nasdaq o a Wall Street di bene amata memoria) il suo compenso e il mix delle sue attività<br />
per il prossimo futuro che ormai è fatto di giorni e non di mesi, men che meno di anni! Non<br />
sarà più “disgustosa” l’affermazione ‘faccio il mercenario’. Si <strong>la</strong>vora per progetti e per obiet-<br />
8 E’ bene ricordare che nel testo un saggio, dal titolo “Nei loro sogni più pazzi”, è interamente dedicato<br />
a come erano costruite le sedi aziendali attraverso una carrel<strong>la</strong>ta storico-architettonica negli anni dal 1926<br />
al 1957<br />
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