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venisse celebrato in Siria e in Egitto, era estremamente interessante. I celebranti si<br />

ritiravano in certi santuari interni, da dove poi uscivano, a mezzanotte, gridando – La<br />

Vergine ha partorito! La luce cresce! –. Gli egizi rappresentavano persino il neonato sole<br />

con l’immagine di un bambino che, nel suo giorno natalizio, cioè quello del solstizio<br />

d’inverno, esponevano ai fedeli. Senza dubbio, la vergine che così aveva concepito e<br />

partorito un figlio il 25 dicembre era la grande dea orientale, che i semiti chiamavano la<br />

Vergine Celeste o, semplicemente, la Dea Celeste; e che, nei territori semitici, era una<br />

delle raffigurazioni di Astarte. Ora, gli adoratori di Mitra identificavano sempre il loro dio<br />

con il sole, il sole invitto, come lo chiamavano. Quindi anche il suo giorno natalizio cadeva<br />

il 25 dicembre” 22 .<br />

In realtà, l’elemento fondamentale racchiuso nel mito della nascita verginale è un altro, ovverosia<br />

quello dell’incarnazione divina, dell’idea che l’ente supremo abbia voluto farsi carne e vivere il<br />

dramma dell’esistenza umana accanto agli uomini stessi. Per insegnare con le parole e con<br />

l’esempio, per redimere, liberare, salvare. In particolare, nel concetto cristiano, attraverso un<br />

sacrificio personale.<br />

Ecco quindi il primo significato dei racconti della natività nel contesto del Nuovo Testamento, che<br />

altrimenti poteva rimanere troppo implicito e quindi non sufficientemente espresso, in quei Vangeli<br />

che trattano solo della vita adulta dell’uomo Gesù: Dio stesso scende sulla terra e prende forma<br />

umana nella persona del Salvatore. Le natività non aggiungono, nel senso esatto dell’espressione,<br />

ma puntualizzano un elemento teologico che appartiene in modo inequivocabile e irrinunciabile alla<br />

teologia cristiana, così come essa si è definitivamente configurata in occasione del concilio<br />

ecumenico di Nicea (325 d.C.): Gesù è Dio (omoousios = consustanziale), non semplicemente un<br />

suo profeta e ambasciatore.<br />

La tradizione ebraica e quella islamica non conoscono questo genere di uomo-dio: Abramo, Isacco,<br />

Giacobbe, Mosè, Davide, Samuele, Sansone, Maometto… sono araldi del Signore ed esecutori<br />

privilegiati dei suoi piani, talvolta accompagnati nella loro comparsa da segni prodigiosi, come i<br />

miracoli, le gravidanze di madri sterili e l’annunciazione di angeli. Ma la loro natura è e rimane<br />

umana, mentre la divinità compete solo all’ente di cui non si può mostrare effigie e, talvolta, non si<br />

può pronunciare il nome. In questo senso il cristianesimo, con la sua natività protesa a dipingere il<br />

mito dell’incarnazione verginale del dio, rappresenta una forma di paganizzazione dell’ebraismo,<br />

perché utilizza una veneranda tradizione gentile e la applica all’attesa messianica degli ebrei. Per<br />

poi decorarla con un’iconografia ricchissima, anch’essa estranea all’ebraismo e derivata quasi<br />

sempre dai più antichi modelli pagani.<br />

22 J. G. Frazer, Il ramo d’oro, Newton Compton Ed., Roma, 1992; pag. 409

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