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che i nazareni e gli ebioniti, ovverosia i giudeo cristiani che rappresentavano i veri seguaci di Gesù,<br />

lo respingevano in modo assoluto.<br />

“La testimonianza che Giovanni avrebbe reso a Gesù, presentandosi come il precursore<br />

del messia oppure designando espressamente Gesù come il messia atteso, è un'altra<br />

finzione, concepita dall'apologetica cristiana per attenuare o dissimulare la dipendenza<br />

originaria del cristianesimo dalla setta battista... Sembra certo che Giovanni si sia<br />

presentato come inviato da Dio, come il profeta del novissimo giorno: come un profeta<br />

la cui missione non era subordinata a quella di nessun altro, nemmeno a quella del<br />

messia. Non era il precursore di altri fuor che di Dio” 141 .<br />

Il desiderio di fondere le due natività in un unico quadro narrativo potrebbe diventare legittimo nel<br />

momento in cui si prendesse coscienza della natura leggendaria di queste storie. In tal caso, poiché<br />

il mito ha una funzione rappresentativa ed educativa che prescinde dalla veridicità del racconto, non<br />

c’è niente di male nel creare una tradizione intorno alla quale si raccoglie l’immaginario collettivo e<br />

si fondano le basi di una civiltà etica. In effetti, nella moderna epoca tecnologica, non è giusto<br />

trasmettere i valori attraverso l’ignoranza e l’ottundimento dell’intelligenza, ed è solo la piena<br />

consapevolezza che può avvalorare il significato delle tradizioni, renderle funzionali e compatibili,<br />

risolvendo le contraddizioni che, ancora oggi, contrappongono la spiritualità alla razionalità.<br />

I filosofi del cristianesimo dovrebbero capire che la fede non ha altro da ricavare che un vantaggio<br />

dal confronto con la verità. Purtroppo, invece, la maggioranza dei fedeli e degli ecclesiastici pensa<br />

che le basi del credo cristiano verrebbero irrimediabilmente a mancare se non dovesse essere<br />

considerato storicamente credibile il racconto evangelico. Una fiaba non può bastare! O si tratta di<br />

fatti reali, o di inutili fantasie. Senza apparire in modo palese, una forma di materialismo invisibile<br />

si cela dietro questa mentalità morbosamente legata al concreto degli eventi, incapace di rendersi<br />

conto della larghissima misura in cui i miti, di ogni genere, già operano nel guidare il pensiero dei<br />

popoli e le scelte degli individui.<br />

A questo si aggiunga il fatto che le istituzioni ecclesiastiche rappresentanti della sapienza religiosa<br />

hanno sempre privilegiato le ragioni della propria egemonia, su quelle della verità, e hanno sempre<br />

temuto l’emancipazione dei fedeli, insistendo per lasciarli in una condizione di subordinazione e<br />

persino di ignoranza che, nel corso dei secoli, non ha riguardato solo la dimensione spirituale ma<br />

anche quelle economica, politica, sociale e culturale.<br />

Da qui le antiche proibizioni di leggere la Bibbia, solo apparentemente paradossali; la necessità di<br />

ricorrere al dogma, all’autoritarismo sfrenato, alla caccia alle eresie; la difesa incondizionata della<br />

141 A. Loisy, Le Origini del Cristianesimo, Il Saggiatore, 1984.

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