20.06.2013 Views

IL CARTEGGIO “GENESIS” - PROJECTUAP-ITALIA index

IL CARTEGGIO “GENESIS” - PROJECTUAP-ITALIA index

IL CARTEGGIO “GENESIS” - PROJECTUAP-ITALIA index

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>IL</strong> <strong>CARTEGGIO</strong> <strong>“GENESIS”</strong> Dr. Massimo Teodorani, Ph.D. – Luglio 2012<br />

francese Luc Arnold (che ha già fatto validissimi modelli di simulazione matematica su questo aspetto specifico), è quella<br />

di cercare le segnature di possibili “grandi stazioni” orbitanti attorno ad alcune stelle di tipo solare (questo è il progetto<br />

SETT: Search for Extraterrestrial Technology); ciò è possibile analizzando attentamente le “curve di luce” di quelle stelle<br />

utilizzando le stesse tecniche dei transiti utilizzate per la ricerca di pianeti extrasolari con il metodo fotometrico (lo stesso<br />

usato tuttora dal telescopio spaziale Kepler): in sostanza dalla eventuale (periodica) diminuzione della luminosità della<br />

stella e dal modo in cui la stessa diminuisce sarebbe possibile dedurre indirettamente se il corpo che eclissa la stella è un<br />

suo pianeta oppure un “pianeta artificiale”. Le faccio qui un esempio di strategia in tal senso. Supponiamo che dalle<br />

osservazioni di Kepler (telescopio spaziale ottico lanciato 3 anni fa) si derivino poi curve di luce (si tratta del modo in cui<br />

la luce di una stella varia) del tutto inconsuete di una data stella: allora in una fase immediatamente successiva<br />

potremmo decidere di puntare verso quella stessa stella anche il telescopio spaziale infrarosso Spitzer al fine di verificare<br />

se quella stella contiene un “eccesso infrarosso”. Noi non ci aspettiamo un eccesso infrarosso da stelle di tipo solare (la<br />

teoria della struttura e dell’evoluzione stellare lo impedirebbe), ma sappiamo già che se ci fosse questo eccesso esso<br />

sarebbe di natura esclusivamente artificiale, cioè dovuta a grandi sonde o “arche circumstellari” che emettono energia<br />

(soprattutto nell’infrarosso, secondo le nostre previsioni). Se, dunque, scoprissimo che una data stella mostra sia curve di<br />

luce strane nella banda ottica che eccesso infrarosso nella banda infrarossa, allora i nostri sospetti diventerebbero<br />

veramente forti. Solo in quel momento decideremmo di puntare anche i nostri radiotelescopi e telescopi ottici da terra<br />

(quelli del SETI più classico) al fine di cercare eventuali segnali intelligenti (radio e/o Laser) inviati eventualmente proprio<br />

da quella stella di cui sospettiamo l’esistenza di una tecnologia aliena all’opera in quello spazio circumstellare. Ecco, con<br />

questo esempio le volevo mostrare quale è secondo me il modo più intelligente di usare le tecniche del Progetto SETI<br />

standard: in maniera altamente selettiva, e in combinazione consequenziale con altre tecniche. Ci vuole infatti una vera<br />

strategia, e mi pare che fino ad ora (a parte l’uso di ricevitori sensibilissimi e analizzatori ad elevatissima risoluzione),<br />

questa strategia non sia quasi mai stata usata: se ancora non abbiamo trovato niente con il SETI questo è probabilmente<br />

successo perché abbiamo cercato male. Non perché non sia possibile che altre civiltà aliene possano usare le onde radio<br />

e/o il Laser per comunicare con noi, ma certamente dobbiamo capire bene dove andare a cercare questi segnali.<br />

Ovviamente io ho un progetto di ricerca già pronto in tal senso: pronto ad attivarsi non appena si offre qualche<br />

opportunità concreta. Dunque, fino a qui abbiamo parlato di SETI (e anche di SETT: Search for Extraterrestrial<br />

Technology).<br />

Sul Progetto SETV (Search for Extraterrestrial Visitation) a Larga Scala<br />

Adesso parliamo di SETV (Search for Extraterrestrial Visitation). Anche questo è un progetto di pertinenza prettamente<br />

astronomica, ed è stato ideato alla sua origine dall’ingegnere Scot Stride del JPL-NASA. Subito dopo ho iniziato a pensarci<br />

anche io, dal punto di vista astronomico-astrofisico (non ingegneristico), e ho ideato poi svariati progetti di ricerca su<br />

questo specifico tema, alcuni pubblicati su riviste e libri con peer-review. In questo caso specifico si tratta a grandi linee<br />

di cercare, usando prima telescopi spaziali infrarossi e poi grossi telescopi ottici e radiotelescopi (ed eventualmente<br />

anche nella banda Gamma o X), l’eventuale evidenza che qualcosa è penetrato *dentro* il nostro sistema solare. Ci<br />

aspettiamo che si tratti di grandissime “arche”, che emettano anche esse un forte eccesso di radiazione infrarossa, e che<br />

la loro forma geometrica possa produrre curve di luce nell’ottico dalle caratteristiche molto peculiari, soprattutto se<br />

questi oggetti ruotano attorno ad un loro asse. Lei vede subito che anche in questo caso possiamo usare tecniche di<br />

rilevazione molto simili a quelle che le ho esposto sopra per quello che riguardava un modo più razionale e strategico di<br />

fare SETI. La differenza è che in questo caso specifico la prova di “tecnologia extraterrestre” l’avremmo nel nostro<br />

giardino di casa e non fuori di esso. Anche in questo caso la ricerca richiederebbe uno scandaglio molto minuzioso nella<br />

banda infrarossa usando il telescopio Spitzer (o tutti gli altri eventuali nuovi telescopi spaziali infrarossi che debbano<br />

venire lanciati prossimamente). In questo caso specifico, nel caso trovassimo qualche strano eccesso infrarosso,<br />

punteremmo sulle coordinate di quel target specifico anche i più potenti telescopi ottici che abbiamo a terra (e anche<br />

Hubble Space Telescope), come ad esempio il VLT all’ESO in Cile. Ovviamente mi aspetto che eventuali sorgenti<br />

infrarosse del genere (che dovrebbero avere un moto proprio molto elevato, simile a quello di una cometa in transito)<br />

possano avere anche una debolissima traccia nella banda ottica, ma potremmo tentare lo stesso di fare imaging CCD<br />

ottico e, soprattutto, di acquisire spettri ottici, questi di capitale importanza per farci capire con che cosa abbiamo a che<br />

fare (composizione chimica, temperatura, densità, ecc…). Su quel tipo di target potremmo anche puntare radiotelescopi<br />

per vedere se da quel target c’è emissione anche nelle onde radio, e grazie agli analizzatori multicanale di spettro<br />

(centinaia di milioni di canali analizzabili simultaneamente con risoluzione di meno di 1 metro al secondo), saremmo in<br />

grado di determinare l’orbita e/o la traiettoria dell’oggetto: bastano due punti per “agganciarlo” (se non accelera).<br />

Potremmo puntare anche i telescopi a raggi X e Gamma in orbita, per vedere se esistono occasionali emissioni di alta<br />

127

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!