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Rapporto sull'Attività Scientifica 2002 - INGV Home Page

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<strong>Rapporto</strong> attività scientifica <strong>2002</strong><br />

Descrizione attività<br />

Le attività di ricerca all’interno dell’Unità Funzionale Dinamica e reologia dell’interno della Terra (DRIT) nel corso del <strong>2002</strong><br />

hanno proseguito il percorso di approfondimento, iniziato l’anno precedente, nello studio di una grande varietà di processi<br />

che coinvolgono scale spaziali che vanno da 10 0 a 10 7 m e scale temporali che vanno da 10 -2 a 10 14 s.<br />

Meccanica della sorgente sismica<br />

Sono stati compiuti significativi progressi nella caratterizzazione energetica delle fasi di arresto dei terremoti e nella realizzazione<br />

di modelli numerici che possano spiegare le proprietà meccaniche fondamentali della frattura impulsiva e che ne dimostrino<br />

inequivocabilmente la compatibilità con le leggi dell’elastodinamica (Festa and Nielsen, BSSA). Si è studiato il fenomeno<br />

di fault healing (cicatrizzazione di una rottura) nell’ambito di faglie piane 2 - D pure governate da diverse leggi di attrito<br />

dipendenti dalla velocità e dallo stato. Si sono chiarite le differenze esistenti tra i diversi tipi di healing e le loro dipendenze<br />

dai parametri costitutivi (Bizzarri and Cocco, JGR; Cocco and Bizzarri, GRL). È stato risolto il problema dinamico totalmente<br />

spontaneo utilizzando configurazioni realistiche con reologia eterogenea: in questo modo si è evidenziato come anche<br />

con un semplice modello planare 2 - D sia possibile simulare fenomeni reali, caratterizzati da interazione tra patch o regioni<br />

con diverso comportamento sismico (Cocco et al., <strong>2002</strong>).<br />

È stato sviluppato un codice alle differenze finite per la risoluzione dell’equazione fondamentale dell’elastodinamica per<br />

una faglia piana di tipo 3 - D. Il codice, vettorizzabile e parallelizzabile, implementa differenti leggi costitutive e consente<br />

di considerare reologie eterogenee e di studiare interazioni tra faglie, anche non co-planari.<br />

L’utilizzo di approcci numerici basati sulla tecnica degli elementi finiti ha permesso la modellazione di eventi dislocativi<br />

in mezzi complessi con applicazioni ai terremoti di Landers ed Hector Mine (California) (Cianetti et al., GRL) e lo studio<br />

teorico sul comportamento di faglie di tipo dip-slip in condizioni realistiche di sforzo.<br />

Sono stati anche ottenuti nuovi importanti risultati nel campo dello stress triggering in regime dinamico (Antonioli et al.,<br />

<strong>2002</strong>; Belardinelli et al., <strong>2002</strong>).<br />

Sismotettonica e sismicità italiana<br />

Sono state affrontate una serie di problematiche legate alla comprensione del campo di sforzi agente nella catena<br />

Appenninica. In particolare si sono messi a punto una serie di approcci integrati modellazione-numerica/analisi-dati per<br />

affrontare i seguenti problemi: Verificare la compatibilità delle faglie sismogenetiche inverse attive contemporaneamente<br />

alle faglie normali nell’Appennino; Valutare come la deformazione si distribuisce in corrispondenza di faglie parallele<br />

normali ad alto angolo; Classificare le sequenze e determinare le weak zones in corrispondenza delle maggiori faglie<br />

normali dell’Appennino; Verificare la predizione di un meccanismo di diffusione di sforzo su scala crostale negli Appennini;<br />

Sviluppare un modello 1D della variazione del campo di sforzo in funzione della profondità nell’intervallo 0-20 km.<br />

Particolare attenzione è stata rivolta all’integrazione di dati geologici e geofisici per la caratterizzazione geometrica,<br />

cinematica e dinamica delle faglie sismogenetiche della catena umbro-marchigiana. Tali analisi sono state compiute<br />

attraverso la rilocalizzazione di dettaglio, l’analisi di dati di micro-sismicità e attraverso lo studio di sezioni sottili di porzioni<br />

di roccia campionati su faglie a basso angolo esumate (Collettini et al., <strong>2002</strong>).<br />

Infine, grazie soprattutto alla rilocalizzazione tramite l’algoritmo delle double differences degli eventi registrati durante il<br />

terremoto di Colfiorito è stato possibile effettuare un’esaustiva analisi del sistema di faglie che ha dato origine alla<br />

sequenza sismica e del ruolo svolto dai fluidi nel triggering degli aftershocks (Chiaraluce et al., <strong>2002</strong>).<br />

Sismotettonica globale<br />

È stato portato avanti il lavoro di ricerca sull’interazione fra faglie su scala globale iniziato negli ultimi anni. Attraverso<br />

una serie di simulazioni statistiche, rese possibili dalle nuove risorse di supercalcolo dell’<strong>INGV</strong>, è stata studiata l’influenza<br />

del pattern di rilascio di momento sismico sulla rottura dei piani di faglia nella fascia circumpacifica (Melini et al.,<br />

<strong>2002</strong>). Questo studio ha messo in evidenza un’interessante relazione fra la distribuzione spazio-temporale del pattern di<br />

rilascio di energia e la percentuale di eventi sismici favoriti dal campo di stress postsismico.<br />

È stata inoltre pressoché ultimata la messa a punto di un metodo di indagine completamente nuovo, basato sulle reti<br />

neurali, per lo studio dei pattern di sismicità su scala globale.<br />

In seguito al terremoto M = 8 del Perù del 2001 è stato analizzato il rilascio di sforzo postsismico della regione cilenoperuviana<br />

con particolare attenzione agli effetti sulle zone interessate dagli eventi del 1868 e del 1870, indicate come<br />

gap sismici “maturi” dalla letteratura scientifica (Casarotti and Piersanti, EPSL). I risultati indicano come la diffusione di<br />

sforzo postsismico associata ai grandi terremoti possa giocare un ruolo di primo piano, a livello regionale, nel caratterizzare,<br />

non solo in positivo ma anche in negativo i pattern di sismicità.<br />

Reologia del mantello<br />

È stata effettuata un’inversione dei dati di sea level nella baia di Hudson per ottenere indicazioni sul profilo di viscosità<br />

del mantello. L’algoritmo di inversione utilizza un approccio montecarlo ottimizzato (simulated annealing) (Cianetti et al.,<br />

JGR). È inoltre stato avviato lo sviluppo di benchmark per trattare eterogeneità laterali di viscosità tramite modelli numerici.<br />

Nell’ambito di un progetto di inversione dei profili di viscosità del mantello utilizzando in maniera congiunta le informazioni<br />

di deformazione postsismica e di post-glacial rebound, è stato implementato un nuovo modello numerico per il<br />

calcolo delle deformazioni postsismiche. Questo modello estende quello proposto da Piersanti et al. (1995), che prevede<br />

un modello a 4 strati, al caso generale di un modello a n strati.<br />

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