Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo
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La prima Club House
Il desiderio di disporre di una "Club House" per il 18 credo sia vecchio quasi quanto il Circolo,
specie da quando questo, negli anni '50, si radicalizzò a Cortina.
Con Harvey ne discutemmo alacremente e incominciammo a mettere gli occhi su rifugi desueti,
case cantoniere dismesse dall'ANAS, fienili e insomma su ogni edificio vagamente appetibile.
Finalmente, dopo intense ricerche, nell'estate del 1986, grazie ad una segnalazione di Gino
Dimai (il mitico Fileno), che nel frattempo era diventato il nostro fac-totum nei rapporti con la
popolazione locale, saltò fuori un rifugetto-ristorante, ancora in costruzione dietro al Pierosà,
che fu, come si suol dire, "visto e preso". Il proprietario, Leo Zardini, era un fenomeno di
manualità, aveva costruito l'intero edificio con le sue mani, e poco prima del Natale 1986 riuscì
a consegnarcelo perfettamente rifinito.
Quella casa si chiamò "Staulin", dal nome della frazione ampezzana, fu la nostra prima Club
House e fu molto amata. Era un po' troppo piccola, ma aveva una bella terrazza, totalmente
isolata in mezzo ai campi e ci siamo stati in affitto, con grande soddisfazione, per una buona
decina di anni. A Staulin abbiamo fatto pranzi sociali, gare, premiazioni, riunioni e insomma di
tutto!
Fra i "di tutto" ricordo la prima cena data in chiusura di stagione per i collaboratori dello Sci
Club. Quella prima volta (ero già presidente ed anche l'unico socio presente) tra guardaporte,
cronometristi, allenatori, suonatori, qualche moglie e via dicendo, tutti convocati dal Fileno,
eravamo una quarantina di persone. La cena iniziò alle otto precise e finì, molto, molto
allegramente assai, verso le cinque del mattino. C'era una pessima stradella per arrivare a
Staulin, e andando via a quell'ora ebbi come l'impressione, per un attimo, di aver messo una
ruota in una buca più grande delle altre. Giurai fra me e me che per l'anno prossimo avrei fatto
finalmente asfaltare la strada! ma invece avevo la macchina in verticale dentro a un fosso, il
parabrezza con un bel buco, e la faccia poco riconoscibile.
La mia presidenza
Era quasi scontato, nel mio rapporto con Harvey, che sarei succeduto alla sua carica, e questo
avvenne, molto sportivamente da parte sua, dopo che fu operata una modifica allo Statuto che
portava la durata della presidenza da due a quattro anni; così al termine del terzo anno del suo
mandato, nell'ottobre del 1987, Harvey si dimise e passò la mano. Nel frattempo ero diventato
Socio Fondatore, ed ebbi quindi il piacere di assistere alla mia nomina che si svolse, con quattro
semplici chiacchiere, a Roma, nella bella casa di Francesco Colonna.
Il Consiglio Direttivo rimaneva pressappoco lo stesso, Filippo Rusca prendeva la carica di vicepresidente,
nominato al mio posto dai Fondatori, e Alvise Canossa era l'altro vice-presidente,
nominato dal Consiglio al posto di Giuseppe Gazzoni. Dunque c'ero io, Filippo Rusca e Alvise
Canossa vice-presidenti, Patrizia Medail segretaria (cosa che non gradiva affatto, nel dubbio di
esser confusa con la segretaria), Gustavo de’ Faveri tesoriere, e infine mio fratello Carlo e
Gianni Marzola "consiglieri liberi"
Di quegli anni di mia presidenza ho tanti, bellissimi, nitidi ricordi, ma qui mi pare giusto
privilegiare gli aspetti che hanno avuto rilevanza di cronaca e quelli che hanno maggiormente
caratterizzato quel periodo nella vita di noi diciottini.