Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo
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Il Derby del Bondone e l'incontro con il SAS a Gstaad
«Arriva gennaio, febbraio del 1951. Il famoso Derby del Bondone che aveva istituito Rolly
Marchi per i cittadini. Successe una cosa strana lì al Derby del Bondone. Del CUS Milano ero
ovviamente l’ultimo arrivato e quando si è trattato di selezionare le due teste di serie io sono
stato escluso e sono partito con il numero 148 su 160. Era una giornata spaventosa, non si
vedeva nulla, una nebbia paurosa. E’ venuto un po’ di vento freddo prima che scendessi io, la
nebbia si è diradata, la neve si è raffreddata, la pista era tutta dritta, insomma arrivo in fondo,
passando anche su delle radici di piante perché gli altri avevano portato via tutta la neve,
primo a pari merito con Sandro Muzzi 24 bolognese, che era partito tra i primi ed era già tornato
in albergo. Alla sera c'è stata la premiazione, tutti felici quelli del CUS Milano, perché non
vincevano mai. C'erano anche Nanni Serralunga e Sandrino Menardi entrambi cittadini, ottimi
sciatori, che a un certo punto della serata, avvicinano me e Sandro Muzzi e ci chiedono se
volevamo entrare nel 18. Il 18 era una cosa mitica: maglione rosso, Cortina, i più bravi
sciatori universitari d'Italia, belle donne, belle compagnie. Noi tergiversiamo un po’, i nostri
compagni tentano di dissuaderci, dandoci dei traditori, dei venduti a Roma, a degli snob. Io
rimasi un po’ titubante, però la cosa mi attirava molto, perché era importante, significava
compiere un enorme salto di qualità. La cosa mi faceva molto piacere. Per convincerci, quelli
del 18, ci invitarono all'incontro con il SAS a Gstaad. A tavola, la sera ci fecero sedere di
fronte a due principesse.... due ragazze fantastiche, bellissime, simpatiche... Insomma abbiamo
deciso. Il giorno dopo c'era una libera, con un plateau finale tutto a gobbe. Lì sono volato,
caduto, svenuto: mi hanno portato in albergo e mi hanno lasciato lì due giorni, mezzo svenuto,
senza farmi vedere da un medico, al buio, senza nessuna cura. Di tanto in tanto entrava
qualcuno a chiedermi come stavo e per vedere se ero guarito mi chiedeva anche l'ora. Io ero
senza orologio, con le persiane chiuse, come potevo saperlo? E quindi mi lasciavano lì. Di
fianco alla mia stanza c'era una coppia e Furio Nordio e Sandrino Menardi avevano fatto un
buco nel muro per spiarli, e venivano a farmi la telecronaca di quello che accadeva nel letto
della stanza accanto... Ma erano tutte cose inventate. Ora mi è rimasto uno schiacciamento
nelle vertebre...»
N.B. Furio scrive: che Antonio è troppo buono e che era tutto vero, avevano fatto lui, Sandro e
Beti dei buchi nella porta del bagno comunicante. Ma sfortunatamente il giorno della gara si
sono alzati che era ancora buio, hanno acceso la luce per sciolinare gli sci in camera
(proibitissimo) e la signora ha visto tutti i buchetti sulla porta illuminati da dietro...
Così sono entrato nel 18
«L'iniziazione è stata fatta con procedure goliardiche che è meglio non raccontare... I quattro anni dell’ università li
ho passati tutti con il 18, facendo gare tutti i fine settimana, con Sandro Muzzi e Dante Bini, eravamo inseparabili.
All’università avevo scelto ingegneria dei trasporti perché era l'unico corso che non avesse lezione il venerdì pomeriggio,
così potevo partire. Quindi la mia scelta professionale è stata determinata dalla mia attività agonistica. Facevamo
base a Milano, a volte veniva anche Carlo Durazzo. Andavamo a Sestrières, Aprica, Madesirno, Madonna di
Campiglio, oppure Corno alle Scale. Andavamo bene tutti e tre: allenati, con attrezzatura ottima, con l’entusiasmo
alle stelle. Vincevamo sempre noi: io ero scatenato nella discesa libera, Sandro Muzzi era il gigantista e Dante Bini
nello speciale. E nel gigante puntavamo a vincere tutti e tre. Nello speciale non sono mai arrivato in fondo in
nessuna gara. Tenevo tre porte e poi saltavo 25 . Sciavo con sci da 220 cm...