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Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo

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Siamo riusciti ad avere, per i migliori e i più attivi, altri risultati di rilevanza nazionale e

universitaria. In allegato una tabella cronologica divisa per i periodi più significativi, riporta tutti

i risultati raccolti.

I periodi sono sei e sono stati scelti tenendo conto dell’epoca e dei gruppi principali di sciatori in

attività. Il fatto che lo SC 18 abbia vinto meno incontri del SAS si può spiegare con la diversa

filosofia di reclutamento dei suoi soci sciatori universitari: il 18 è molto più selettivo nelle sue

scelte, ha sempre avuto degli ottimi sciatori, molto spesso i migliori sciatori universitari italiani,

ma ha sempre tenuto conto anche della «simpatia» del nuovo socio, chiamato temporaneo, che

veniva provato dalla squadra e finalmente ammesso dopo un lungo tirocinio nella squadra in

azione e dopo votazione dal 1946/47 al 1970 3 circa, mentre il SAS ha una diffusione molto

maggiore e soci in tutte le università svizzere, suddivisi in SAS Ginevra, Losanna, Berna,

Zurigo, Friburgo.

Il primo incontro italo-svizzero al Gran Sasso d'Italia 15-19 marzo 1936

Racconto di P. Stein, SAS Zurich

«Gli incontri internazionali proliferano. Poiché la gara contro i tedeschi non si è potuta

effettuare quest’anno, siamo felici del fatto che il vagheggiato incontro Italo-Suisse si sia potuto

realizzare, per di più improvvisamente alla fine dell’inverno. Una splendida occasione per una

gara a metà marzo nel profondo sud a 42’ di latitudine: una tenzone pacifica di significato

storico, mentre già soffiano venti di guerra.

Lo Sci Club 18 di Roma, che corrisponde pressappoco al nostro SAS e raccoglie i migliori

sciatori accademici italiani, ha preso l'iniziativa invitando 9 atleti del SAS. Dopo molti

telegrammi e ininterrotte telefonate, il nostro presidente di Zurigo, Weisbrod, e il direttore

sportivo Willi Bürgin, sono riusciti a risolvere il puzzle e a radunare in pochi giorni una

squadra. L’11 marzo si sono incontrati a Milano Buff, Bürgin, Francioli, Glaser, Kaech,

Obrecht, Streiff e Stein, come caposquadra.

Mausi, che ci accompagnò fino a Roma, si prodigò instancabilmente a cucire sui nostri

maglioni del SAS la bianca croce elvetica. Un ottimo chianti e dei panettoni erano stati

preparati per il viaggio successivo ma mentre le nostre gole ardevano di sete, il nettare rosso

sparì in un baleno e alcuni ne sentirono solo il profumo; nulla però, neppure lo smarrimento

degli sci di Obrecht, che per errore erano finiti a Lucerna, poteva rovinare il nostro ottimo

umore.

A Roma fummo ricevuti dal presidente dello SC 18

Umberto Cagli, dal vicepresidente Enrico Scialoja e da Fernando Menzocchi che ci

accompagnarono al pullman che ci avrebbe condotti al Gran Sasso assieme, alla squadra

italiana.

Salendo in funivia potemmo osservare il tratto finale della pista di discesa, uno stretto canalino,

circondato da pareti rocciose, che incuteva molto rispetto. Una leggera nebbia ci accolse

all’unico albergo a quota 2200 metri che ci ospitò fino al giorno della gara del 15 marzo.

Subito incominciò un serio allenamento e, da principio, il declivio iniziale fino al canalino ci

piacque poco: da noi un pendio del genere sarebbe stato evitato per timore di slavine, ma qui

era considerato sicuro date le condizioni climatiche e del terreno. I circa 500 metri di dislivello

si potevano scendere in tempi ottimi, giacché erano lisci come uno specchio. Il canalino era

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