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Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo

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legami sentimentali con lo Sci Club 18, ma di fatto per la sua incontrastabile protervia sul

campo) era Marliese Windischgraetz, e non c'era pranzo senza la sua assistenza. Tutto andava

bene quando stava a St.Moritz, ma a Cortina i “placement” imposti da Marliese creavano con

le nostre “sciure” locali (e probabilmente a ragione) considerevoli strascichi di malumore.

La Coppa Intercontinentale

Della Coppa Intercontinentale, passata quasi inosservata per molti dei nostri soci, tengo molto a

raccontare, perché sul profilo sportivo è stata la cosa più impegnativa e migliore fatta in quegli

anni.

Giacché l'obiettivo più sentito, perlomeno ufficialmente, era quello di riportare il livello

agonistico del Circolo agli antichi splendori, identificati con una forte squadra universitaria, mi

sforzavo di comprendere i meccanismi che nello sci italiano di fine anni '80 presiedevano a tale

settore. Appresi così che lo sci agonistico universitario era praticamente in mano a un certo

Paolo Montanini, presidente del C.U.S. Parma, e anche responsabile tecnico del C.U.S.I. (il

settore della F.I.S.I. che si occupava dello sci universitario).

Conobbi dunque Montanini, uno sportivo e una persona simpatica, e gli esposi molto

apertamente il nostro obiettivo, che era quello di attirare dei giovani, assimilabili alle

caratteristiche peculiari del 18, che avessero davanti a se un percorso sportivo da compiere e

dunque in grado di "rimettere in moto" quel meccanismo di catalizzazione che da noi era andato

perduto, ma che ancora conoscevo per averlo vissuto negli ormai lontani anni sessanta.

Appresi da Montanini che nello sci universitario, in quei venticinque anni che ci separavano dai

"miei tempi", non era cambiato praticamente niente, vale a dire che i mezzi che noi potevamo in

quel momento mettere a disposizione, contrariamente a un diffuso complesso di inferiorità,

erano più di quanto i ragazzi stessi fossero abituati a disporre. Importante era invece la presenza

del Circolo in specifiche manifestazioni sportive, perché per i ragazzi la cosa primaria era

sentirsi parte di un organismo che godesse di considerazione e prestigio nel loro ambiente

sciistico (niente di più vero!).

Montanini mi segnalò alcuni ragazzi (Morelli, Volo, Pivato) e mi chiese di organizzare con il

CUS Parma una gara internazionale universitaria in grado di costituire un grosso evento sportivo

da ripetersi annualmente; in quel periodo infatti, scomparso il Trofeo Gilera ed esauritosi il

ruolo internazionale del Concorso del SAI, non c'era, in Italia, più nulla di simile. Lavorammo

quindi alla realizzazione di questo evento, chiamando con noi anche il SAI, e battezzandolo, un

po' velleitariamente, "Coppa Intercontinentale".

La prima Coppa Intercontinentale si fece a Cortina, a ridosso delle gare di Coppa del Mondo

femminile. Utilizzammo le stesse piste sfruttandone la preparazione e le strutture, e fu per me e

per lo Sci Club 18 una straordinaria esperienza organizzativa giacché, anche se limitata a soli

sciatori universitari, quella gara aveva tutte le stesse identiche prerogative di una gara FIS di

Coppa del Mondo.

L'anno successivo abbiamo ripetuto l'evento a San Martino di Castrozza e l'anno dopo ancora a

Santa Caterina Valfurva. Non so in che misura questa politica di contiguità con il CUS possa

avervi contribuito, ma certo è che nel 1990, con Morelli, Pivato e lo stesso Amedeo Reale, che

appena due anni prima era venuto con noi mostrando non poche titubanze, abbiamo partecipato

alle Universiadi di Sapporo, ai Campionati del Mondo cittadini, e con i risultati ottenuti, di

primo piano, abbiamo quantomeno eguagliato i mitici tempi dei due fratelli Beti e Sandro

Menardi, Dino Zamboni, Furio Nordio ed Eugenio Monti.

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