Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo
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perché con la mia auto, una 1100 non “truccata”, riuscivo a perdere sulle salite i preziosi secondi
guadagnati da Dino e Nanni.
Gianni Agnelli
L’Avvocato (ma allora nessuno lo chiamava ancora così) era un bravo sciatore e anche dopo i
postumi della prima ferita alla gamba che si era fatta dopo la guerra, continuò sempre a sciare
con passione anche in seguito alla seconda ferita, assai più grave, che l’obbligò a portare sempre
la protesi. Era diventato socio del Diciotto prima della guerra.
Ricorda Vittorio di Sambuy: “Un giorno (sarà stato verso i primi degli anni Cinquanta) arrivò in
segreteria a Roma, che allora era presso l’ufficio di Bibi Menzocchi, una lettera in cui Gianni
dava le dimissioni da socio del circolo. Non erano motivate, ma in consiglio direttivo ne
conoscevamo bene le ragioni: per tema di una bocciatura secca (bastavano cinque palle nere)
non era stato ammesso in votazione un comune amico da lui stesso presentato, ottimo sciatore,
accusato però di una scorrettezza in gara a Sestrières. Per convincere Gianni a ritirare le
dimissioni Menzocchi mandò me, allora segretario, perché lo conoscevo bene fin da ragazzo.
Egli non mi disse il vero motivo della sua decisione, che peraltro immaginavo, ma m’illustrò un
suo pensiero che allora mi sembrò quasi blasfemo. Quando lo sport viveva ancora nell’epoca
decourbetiniana del dilettantismo, egli sostenne che tale epoca era finita e lo sci sarebbe
diventato spettacolo e quindi professionalizzato: pensava alle scuderie tanto che ne fondò una
subito dopo a Sestrières. Alle mie obiezioni ribadì che non vedeva un futuro per un circolo che
come il 18 nutriva serie intenzioni agonistiche non solo a livello universitario. Dopo
un’amichevole discussione in cui io continuavo a ribadire che lo spirito originale del fondatori
era lontano da quello che io tacciavo come eretico, restammo entrambi delle nostre opinioni e
tornai a Roma dicendo di non aver trovato un motivo per non accettare le dimissioni di Gianni.
Fui criticato aspramente ma la cosa finì lì”.
Il rientro di Gianni (alcuni anni dopo) raccontato da Nicolò Donà.
“In occasione di un incontro con gli svizzeri del Sas a St. Moritz sulle pendici di Corviglia,
Gianni venne ad assistere alle gare e si complimentò per il nostro successo. Assieme a Ascanio
Palchetti, amico di Gianni da vecchia data, lo convincemmo a rientrare nel club. Divenne così
socio vitalizio e fu festeggiato a Milano in occasione di un pranzo a casa mia dove gli regalai la
mia maglia rossa con il distintivo. Gianni la indossò subito poi scese in via Monte Napoleone
percorrendola fino al garage dove aveva parcheggiato la sua vettura”.