Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo
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molto e dato che non eravamo poeti ci siamo fermati lì, magari qualche giovane sarà più
bravo).
Incontro SAS/18
Non ho mai vinto ma sono arrivato due volte secondo. Una a Cortina in discesa dietro a Mark
Faber e un’altra in slalom a St. Moritz dietro a H Peter Beck (c’erano Nicola, Daniele,
Ascanio, Dino, Nicolò e Carlo Durazzo come caposquadra).
Zeno al telefono con l’Avvocato.
Il fatto è successo all’epoca di un SAS/18 a St. Moritz. Al Palace di Badrutt, Zeno mi chiama
alle ore 7 per dirmi che dovevamo andar via presto per la gara e pensava di dover cambiare
sciolina perché durante la notte aveva nevicato. Sbaglia numero e gli risponde Gianni (Agnelli).
L’ Avvocato, sveglissimo, si sente dire: sono Zeno, dai che andiamo via presto a sciare, c’ è
neve fresca e ti cambio la sciolina. Gianni risponde: carissimo Zeno, vengo subito, quale onore
sciare col campione del mondo (pensava di parlare con Zeno Colò). E Zeno dice: ma non sei
Gian? No, sono Agnelli risponde Gianni.
Chiedo il vostro affetto e di essere sempre con voi nel 18.
Racconto di Nicola
L'inizio
L'archetipo
Nell'accingermi a raccontare i miei ricordi sul 18 realizzo che prima di tutto, e indelebilmente,
emerge sempre il ricordo, o "l'archetipo", dello Sci Club18 permeato da ragazzino negli anni
Cinquanta. Credo perciò che questo archetipo, che ha poi influenzato molto di ciò che per me è
seguito, vada descritto prima di ogni altra cosa. A quell'epoca, negli anni Cinquanta, per motivi
che erano invero un po' anomali, la mia famiglia viveva a Cortina, e in parte per mia
insipienza, in parte per un'educazione un po' incongrua, anziché relazionarmi con i locali e
bearmi di quanto poteva offrire quella specie di paradiso terrestre, soffrivo di complessi verso i
figli dei "villeggianti", che vedevo poco, ma che secondo un’ottica che pareva scontata
possedevano tutte le carte per farmi sentire apolide e inadeguato.
Comunque sia, d'inverno, andavo a sciare; dai primi di dicembre alla fine di marzo, dopo la
scuola e appena mangiato, con tre golf uno sopra l'altro, da solo, esattamente come il gabbiano
Jonathan Livingston (più tardo) anch'io passavo interi pomeriggi sulle piste a studiare nuove
traiettorie, nuovi salti, cunette e contropendenze. Non avevo la più pallida idea di che cosa
fosse la stanchezza e arrivavo a fondo valle con l'ultima luce.
Facevo anche, come tutti gli altri ragazzini, le gare locali, e vincevo con sorprendenti distacchi,
a volte perfino cadendo. Insomma, anche se la concorrenza a quei tempi, per la verità, era