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Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo

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abitavano. Mi prese subito a benvolere, mi disse di allenarsi con lui e mi sciolinò, il che era un

grande onore per me piccolo junior ignaro dei segreti dei grandi maestri. Arrivai benissimo fra

gli juniores nelle due discese del Blauherd e in quella del Gornergrat. Ricordo che la notte

prima della discesa del Blauherd nevicò mezzo metro, all’epoca non c’erano Ratrak e la pista

non era dunque stata battuta, gli sciatori d’Elite Internazionali avevano il diritto di partire

quando volevano, così si fece partire per primi noi junior a fare la pista. Partii con il n°1, tutti a

guardare come me la cavavo, avevo una fifa blu, stetti in piedi per miracolo. Rolando arrivò

sempre fra i primi cinque nelle due gare vinte se non ricordo male dal grande austriaco

Molterer il Derby e dal campione svizzero locale Martin Julen il Blauherd.

Rolando, ancora uno dei migliori discesisti italiani (era stato campione italiano di discesa negli

anni 50), era il papà di tutti gli abetonesi; Vittorio Chierroni, Zeno Colò, Celina Seghi. Era

stato già prima della guerra il primo sciatore abetonese di valore internazionale (vinse nel 38

la Tre Giorni Internazionale di Sestriere).

Convinto delle mie capacità mi invitò a Cervinia a fare la gara del Ventina che si svolgeva la

settimana dopo. Andammo su in pelle di foca. Mi fece scoprire tutti i segreti della pista che

partiva in cima al Plateau Rosa e finiva in paese. Vinse l’azzurro David Davide di Gressonay in

6 minuti battendo anche il famoso James Couttet di Chamonix, campione del mondo ed

olimpico prima della guerra, io arrivai benissimo a metà classifica circa 40 secondi dopo.

Rolando, uno dei primi a partire cascò, alla fine dello Shuss terrificante in fondo alla partenza

(circa 2 minuti di picchiata, più o meno a 100 all’ora) il che impressionò tutti. Guardando le

facce dei partenti si poteva facilmente immaginare la domanda che si facevano tutti «che cosa

c’è lì se casca lui del luogo, così forte». Non c’era nulla da fare, lo Shuss era davanti a tutti

battuto dagli alpini su due larghezze di sci, fuori Shuss il «mare in burrasca» del ghiacciaio del

Ventina impediva qualsiasi altra soluzione, impossibile frenare. Partimmo tutti, qualcun altro

cascò, io ce la feci per miracolo a salvare la pelle, alla fine dello Schuss non si sentivano più gli

sci (di legno) che ballavano da tutte le parti.

Ogni inizio di stagione in novembre andavo a stare da Rolando a Cervinia per allenarmi,

sciavamo insieme tutti i giorni. Tutte le squadre più importanti venivano a allenarsi a Cervinia,

piste lunghe e veloci per farsi le gambe, anche gli austriaci. Conoscevo bene Othmar Schneider

campione del Mondo di discesa, universitario di Innsbruck, parlava bene l’inglese. Un giorno in

funivia lo vedo con un paio di sciettoni strani con una soletta che sembrava una saponetta. Gli

chiedo cosa sono mi dice che è un nuovo sci e che l’ideatore si trovava a Cervinia in una

roulotte sul piazzale, di andare da parte sua a chiedergliene un paio. Il geniale costruttore si

chiamava Kästle e mi dette un paio di sci da 2.20 m con sotto il famoso Cofix. L’indomani

mattina monto gli attacchi e parto con Rolando, sciavo allora con i suoi sci Cambi con soletta

nera in plastica dura. Nella funivia incontro Othmar e gli racconto l’arrabbiatura di Rolando.

Othmar si mette a ridere e ci propone di provare gli sci insieme. Io, il più gramo, parto per

primo dal Plateau verso il Colle del Teodulo, seguono Othmar e Rolando. Già al colle dove

c’era una leggera risalita sento sbuffare dietro di me Rolando, lascio passare lui e Othmar. A

metà dello Shuss del Teodulo nebbia fitta, non si vedeva a dieci metri. Othmar ed io partiamo

sulla destra e ci fermiamo. Rolando dritto senza fare una piega. Othmar mi fa “ Verrückt”,

pazzo. Arriviamo a Plan Maison che Rolando sbatte ancora gli sci e sorride con scherno.

Bisogna sapere che aveva un occhio solo, l’altro perso da bambino tagliando legna, così anche

con bel tempo non vedeva mai nessun rilievo, quando “sentiva” una cunetta la schiacciava, il

non vedere le cunette per lui era normale, dunque con cattivo tempo e nebbia era molto

avvantaggiato su un sciatore con due occhi !»

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