Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo
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c’era il rischio di farsi molto male. Non volle sentire ragioni: mise gli sci in spalla
cominciando da vero grande montanaro, che era stato anni prima, a scendere a piedi.
Sfortunatamente la neve non resse e iniziò ad affondare fino al ginocchio. Molto preoccupati
facemmo un giro e alla seconda discesa controllammo dove era riuscito ad arrivare. Non male!
Era avanzato di 200/300 metri in giù lungo la pista, ma arrancava sempre di più. Sempre più
preoccupati ci fermammo per tentare di convincerlo almeno a darci gli sci. Niente da fare
testardo intendeva continuare. Dopo aver fatto vari giri, lo trovammo a metà Banchetta questa
volta sfatto, con le gambe gonfie. Riuscimmo finalmente a persuaderlo e a prendere la slitta per
tornare in albergo! La sera stessa, in piena forma, nonostante un grosso gonfiore alle gambe
che gli facevano sicuramente molto male, fingendo di sbagliare Circolo, pronunciò un discorso
memorabile rivolgendosi all'Associazione Bocciofila Romana».
Alcune pillole...
E' rimasta, come un famoso exploit, la salita di Carlo in solitaria notturna, nel 1917/18 durante
la Grande Guerra, al Dente del Gigante da Courmayeur. Arrivato in cima agitò una lanterna che
aveva portato con sé, per segnalare il suo successo a valle.
Carlo ci raccontò anche di una traversata del Parco Nazionale dell'Abruzzo con gli sci
d’inverno, durata qualche giorno. Nella notte, i lupi si facevano vicini al bivacco e insieme al
suoi compagni dovette rimanere sveglio a sbattere gli sci per allontanarli. Sembrava un racconto
di Fenimore Cooper.
Carlo Franchetti aveva un grande “sense of humour” virtù di capitale importanza. Aveva fatto i
suoi studi a Oxford.
A St. Moritz, inizio anni 50, in occasione di un incontro SAS/18, fece un celebre discorso ai
diciottini: “ non posso chiamarvi camerati, e non voglio chiamarvi compagni, quindi vi
chiamerò “cameragni”. E poiché certi diciottini erano accompagnati da donne che non erano il
colmo della raffinatezza: “ cari cameragni; guardatevi dalle cameragne..” e qui fu interrotto da
Dino Zamboni che urlò “ dalle cameriere!”.
Mario Franchetti
Mario fu per molti anni l’indiscusso capitano della squadra grazie alla sua elegante sciata molto
efficace in gara, ma anche al suo carisma. Indulgeva a fare il vago e ciò lo rendeva irresistibile
alle donne. Con gli amici era sincero e disinteressato. Fu presidente del Circolo solo due anni
nel 60/61. Morì anche lui in un incidente d'auto, mentre stava andando da Genova a Pietra
Ligure per allestire una barca che lo doveva portare a fare il giro del mondo in solitario.