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Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo

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Il taglio di Sandrino racconta di Vittorio Sambuy

«SAS-18 a Flims Valbella, non ricordo più l'anno 19 . Fu, quando Paolino Asta, dopo essere

arrivato quinto, si ruppe la gamba l'ultimo giorno.

Nel tardo pomeriggio, mentre scendevo per studiare i passaggi della libera dell'indomani, mi

accorsi che qualcuno aveva preparato un taglio - dati i tracciati di allora talvolta era possibile

trovarli - che eliminava tutto il curvone finale, raggiungendo la stradina una ventina di metri

più in basso, che avrebbe potuto far guadagnare alcuni secondi. L'ingresso era ben camuffato

da un pinetto estirpato e piazzato a mo' di palo mentre il successivo schuss fra i rovi era battuto

a dovere da qualcuno che se ne intendeva. Ero accompagnatore e riserva della squadra, che

informai dell'esistenza del taglio, mentre stavano sciolinando, prima di pranzo. Mi guardarono

tutti allibiti, solo Sandrino si tradì con una frase colorita che mi tacciava di rompi ... Gli feci

naturalmente un cazziatone, ma il povero Sandrino di tagli ne preparò molti altri, fra cui uno a

Sappada che alcuni ricordano ancora, ma è un'altra storia.

A me sembra di ricordare che del taglio di Flims si accorsero anche i battipista e l'indomani lo

trovammo sbarrato da una transenna. Alcuni raccontano invece che Cesira, piazzatosi dinanzi

all'imboccatura del taglio, spostava il pinetto, quando arrivavano i nostri. Questa versione é

peraltro smentita dal medesimo».

Furio Nordio racconta Giovanni Nasi, Vittorio Sambuy e Sandro Menardi

«Credo fosse il 1949, era il primo anno in cui correvo per il 18 e a febbraio c'era al Sestriere il

Derby Cittadini. Era la prima volta che andavo al Sestriere, dove conobbi Giovanni Nasi.

Uomo umile, leale, e sempre generosamente amichevole. Partimmo in treno da Cortina, Sandro

e io, per incontrarci a Milano con Vittorio Sambuy, che ci avrebbe portato in macchina.

Sandro mi aveva parlato di Sambuy che io non conoscevo: “un uomo chiaro e deciso”, in

sintesi quanto mi aveva detto di lui. La prima cosa che scoprii in quell’occasione fu il

grandissimo “scatto” di Vittorio, che pensavo derivasse dal servizio militare nella marina.

Vittorio che allora aveva una piccola fabbrichetta di microfusioni, credo pezzi di carburatori o

simili per auto, ci portò a Mirafiori a Torino. Sandro e io restammo ad attenderlo in macchina,

preoccupati perché era passato mezzogiorno e non tornava ancora mentre la gara, una libera,

era per l'indomani. Finalmente arrivò, per fortuna guidava veloce; aveva una Citroën 11

Traction-Avant, che io avevo visto spesso, da sfollato durante la guerra, a Cortina, dove di

fronte a casa mia le SS avevano requisito la villa Cicogna e si erano presi tutti le stessa

macchina nella Francia occupata, perché andava molto bene.

Arrivammo a Sestriere alle 15.30 e salimmo subito alla partenza della “Banchetta”, dove non

c'era alcun riparo, con un vento teso e un freddo! Sandro mi aveva detto: “la prima parte è

tutta liscia, aperta, c'è qualche bandierina, si fila un po’ ma poi non ci sono problemi segui

me”. Non c'era il tempo di provare la discesa. Dopo due terzi della pista arrivammo al muro,

qui trovammo tutti gli altri concorrenti tra cui anche gli italiani. Si trattava di una discesa

ripidissima con pendenza sui 60 gradi, larga ma piena di gobbe e lunga circa 250 metri con in

fondo un curva a sinistra, sempre a gobbe, tipo mare in burrasca. Poi, lo scoprii dopo, c’era un

altro pezzo ripido un po’ a mezza costa, con alla fine un ponticello, non più largo di un metro e

mezzo da infilare, per passare il traguardo. Sandro chiese agli altri italiani: “e qua ... ? ci

risposero spaventati: “... i francesi che sono qui ad allenarsi da un mese entrano in piena

velocità... A questa risposta, Sandro che stava sull'orlo della discesa di traverso alla pista,

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