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Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo

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le pianure del Bengala. La meta è la regione del Sikkim, fra l'India e il Tibet: «valli sepolte

nelle nebbie e nelle piogge, allo scintillio delle vette ghiacciate libere nel sole». 9

«E quando si sentono non si è già più vicini alla comprensione?». 10 Fosco inizia a addentrarsi

nel Tibet, non solo perché si sta accingendo a scalare vette più alte, ma perché si sta addentrando

via via nella cultura, nel pensiero e nello spirito delle persone che vivono questa terra misteriosa.

«Fui il primo a fare dello sci nell'Himalaya. Avevo portato gli sci. Prima partecipai alla

spedizione con Tucci poi al ritorno Tucci si fermò per un mese a Gangtok a fare delle ricerche e

io presi 4 o 5 portatori e salii nel nord del Sikkim dove ci sono delle bellissime montagne di

7000 metri e feci parecchio sci. Purtroppo ero da solo e quindi non potevo azzardare molto, ma

insomma feci anche un passo di 5600 m. Salivo con le pelli di foca e poi scendevo. Al campo

c’erano i portatori io salivo e scendevo. La prima sera quando arrivammo a un posticino che si

chiama Sandong sono salito su un colle, mi sono messo gli sci e mi sono buttato. Quando sono

arrivato giù i portatori erano tutti spariti perché mi credevano un demonio. Poi piano, piano

sono venuti fuori e mi hanno chiesto: che cosa fosse quella cosa, per loro, volavo sulla neve...

Non avevano mai visto sciare e credevano che fosse qualcosa di soprannaturale. Loro sono

molto portati a queste interpretazioni. E invece era del semplicissimo sci. Poi era interessante

il fatto che la notte avevano una paura blu dell’uomo delle nevi. Guai ad allontanarsi di dieci

metri dalla tenda. Se uscivo per prendere un po' d'acqua, mi dicevano: stia attento, perché c'è

lo yeti che la ghermisce, la mangia, la uccide....

Io penso che, come ha detto Messner, lo yeti sia un orso. Come animale particolare, come

scimmione, s'è cercato tanto, ma non è mai stato trovato niente. Al monastero di Tian Bo c'è un

famoso cappuccio di pelle che dicono fosse dello yeti . Fatta l’analisi è risultato una pelle di

capra o di yak, quindi non c’è nessun dato positivo. C’è questa paura diffusa dappertutto e,

sicuramente, potrebbe essere stato un orso perché orsi ce ne sono. Potrebbe essere un mito

nato a partire dall’orso, anche se non sono molto grandi o aggressivi... Certo è che al campo ne

avevano terrore. Nel 1958 poi ho fatto altre sciate quando ho fatto la scalata al Gasherbrum

IV. Tra il campo terzo e il campo secondo, quindi da 6350 m a 6000 m, c’era una discesa

veramente spettacolare su un ghiacciaio senza crepacci con neve straordinaria che ho fatto tre

o quattro volte con gli sci. Era una volata di dieci minuti in discesa, mentre per salire ci

volevano un paio d'ore, però era una discesa straordinaria. Con gli sci c’erano Bonatti e Tony

Gobbi di Courmayeur. La spedizione era stata organizzata dal CAI nazionale ed era guidata da

Riccardo Cassin, io facevo l'ufficiale di collegamento con gli indigeni. Poi ho pubblicato il

libro della spedizione e ora mi hanno scritto una lettera informativa che l'anno prossimo mi

nomineranno socio onorario del CAI.

Fu un grande successo perché riuscì perfettamente senza morti o feriti, nemmeno tra i

portatori... Era una delle ascensioni più difficili d'allora, ma non perché fosse quasi un

ottomila, ma perché difficoltosa tecnicamente, c’erano dei passaggi di quarto grado a 7800 m.

Senza ossigeno, perché il peso delle bombole è tale che non conviene portarle, solo dopo gli

8000 c'è un certo vantaggio... Semmai conviene mettere un’erogazione leggerissima durante la

notte, perché la notte dormi male in mancanza di ossigeno. Con un decimo di pressione si

aggiunge un po' di ossigeno che migliora la situazione. Sopra i 6000 m si mangia male, si

dorme male, si diventa nervosi, capricciosi e difficili. Tanti amici dopo una spedizione, tornano

nemici. La nostra per fortuna andò molto bene, non ci furono inimicizie.

Io iniziai ad andare in montagna intorno al 1927/8 a 15 anni. Lo racconto nell'ultimo libro ...

».

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