Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo
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massimo livello, come Ascari o Fangio, e pur semplice, gran signore e umile uomo,
profondamente umano.
Non mi scorderò mai della Carrera Panamericana del 1953 con la Lancia Ferrari 3300,
quando in Messico si fermò, per tenere tra le braccia Felice Bonetto, in quel momento leader
della corsa, uscito di strada e morente, come volesse dargli la sensazione, mentre stava
spirando tra le sue braccia, di essere a casa. Diede così a Maglioli l’opportunità di vincere la
quarta tappa. Poi lui, che era partito in testa, vinse la quinta tappa a 194 km/h di media.
Era formativo per noi giovani godere della familiarità affettuosa e della spiritualità di tanti
uomini così diversi tra loro, ma ugualmente speciali; di gran lunga superiori alla media degli
altri italiani».
Di Piero Taruffi, tratto dal suo libro Bandiera a Scacchi 14
«Ma avevo un'altra passione: lo sci. Con 18 amici avevamo fondato in quel periodo un circolo,
lo Sci Club 18, ancora oggi valida e conosciuta associazione di discesisti dilettanti (alla quale,
tra gli altri, ha aderito anche Eugenio Monti, il noto campione olimpico e mondiale di bob.
Eugenio ha preso parte anche ad alcune gare automobilistiche, e avrebbe ottenuto brillanti
risultati se avesse insistito). Praticavo lo sci già da un paio d'anni. Nell'inverno del 1930 avevo
frequentato la celebre scuola dell’Arlberg a St. Anton. Ricordo ancora i miei maestri: Rubizza,
che mi dedicava ogni sua cura avendo constatato la mia disposizione a quello sport; Lucky
Fogger, che nel 52 in un mio viaggio in California ritrovai direttore della scuola di Yosemite
Park, e Rudy Matt, oggi direttore della sempre più quotata scuola di St. Anton. Apprezzai molto
l'utilità di detta scuola, alla quale dovetti molti dei risultati riportati in quello sport dal 1931 al
1934. Vinsi un Campionato Centro Meridionale, arrivai secondo ai Littoriali del 33 e risultai
quarto nello slalom in un campionato di Francia. In quegli anni indossai anche la maglia
azzurra nella squadra nazionale universitaria. Lo sci indubbiamente ebbe un benefico riflesso
anche sulla mia carriera di corridore. Gli “Shuss” mi tolsero l’impressione delle pendenze
stradali in discesa e i “cristiana” mi allenarono al dérapage automobilistico. L'utilità che mi
derivò da quel allenamento fu, in una parola, fisica e psicologica. I muscoli delle braccia e
delle gambe furono esercitati nelle lunghe salite; nel frattempo, imparavo a contenere
l’emozione della partenza e ad assuefarmi alla lotta per la conquista del secondo».
Ricordo di Carlo Durazzo
«A questo proposito è interessante ricordare quello che mi disse un giorno Sergio Mantovani,
ottimo sciatore ed anche pilota di Formula I (perse una gamba al circuito del Valentino a
Torino) : “le partenze in libera sono più impressionanti di quelle in Formula 1, hai più paura”.
“Perché?” gli chiesi stupito ! Risposta: “non ci sono i freni” ... ».