Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo
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avvenne anche. Ma infine, purtroppo, peggiorò irrimediabilmente e il 1994 (verificare) lasciò la
sua famiglia, la presidenza del 18, il Circolo della Caccia e tutti noi.
L'Interim di Gustavo de Faveri
Il 18 proseguiva la sua vita all'insegna dell'ordinaria amministrazione; l'incontro Italo-Suisse era
quell'inverno a carico degli Svizzeri, che l'organizzarono a Crans, e lo vinsero, mentre la
Triangular Cup si svolse a Gstaad, e non ricordo proprio chi abbia vinto in quell'anno.
Le finanze erano sane, e a parte qualche strascico sui pettegolezzi, quel 1994 non fu davvero un
anno di grandi organizzazioni o problemi da risolvere.
La presidenza di Francesco aveva portato a un notevole rimpasto nel Consiglio Direttivo, e
Gustavo oltre a conservare la carica di tesoriere era anche vice-presidente. Il resto del Consiglio
era nuovo, e quel poco rimasto dal precedente (Gaddo e Alvise Canossa) era anche parecchio
distratto. Tutto andava avanti, ma la sensazione che mancasse una guida, per chi è avvezzo a
vedere le cose dall'interno, era evidente. Ne parlai, al solito, con Harvey, e dopo qualche
consultazione lampo si convenne che Gustavo, come peraltro prevedeva lo statuto, assumesse ad
interim la carica di presidente (cosa che egli, di carattere opposto all'esuberanza, non aveva
ancora rivendicato).
Si riproponeva comunque il problema di una presidenza eletta.
La mia seconda presidenza
La nomina
È un po' più noiosa della prima, la storia del mio secondo mandato, comunque, ... andiamo
avanti!
Dunque, gli anni in cui avevo collaborato con Harvey, e i successivi, erano stati indubbiamente
anni costruttivi per il 18; dalla situazione di bancarotta, e di liti, che trovammo nell'84, erano
usciti un corpo sociale consapevole, una situazione finanziaria esuberante, una squadra che
vinceva ai vertici nazionali, molti ragazzini che avevano veramente voglia di sciare con noi, una
Club House ambitissima, e sicuramente una buona immagine esterna. Ma tutto questo bagaglio
necessitava, per sopravvivere, di strutture e consuetudini ben collaudate; un aspetto questo che
non era ancora consolidato, e la conseguente precarietà si evidenziava su vari fronti ogni giorno
di più.
I problemi sul tappeto
Era l'agosto del 94, erano passati due anni abbondanti da quando avevo lasciato, e ritrovai un
clima diverso. La prolungata assenza di un riferimento preciso nella presidenza e l'eterogeneità
nel corpo sociale avevano radicalizzato il fenomeno tutto italiano delle "correnti", ed ebbi la
chiara impressione di un serpeggiante, generale, malcontento. E poi, la squadra; Amedeo Reale,
che ne era il simbolo, aveva smesso di correre, e le altre "punte" Pivato, Volo, Morelli, che non