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Da Roma a Cortina di Carlo Durazzo

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Gli anni migliori

Vittorio

Dunque, salvo che per qualche gara amatoriale cortinese, la vita agonistico-sportiva

relazionata allo Sci Club 18 iniziò solo più tardi, con la presidenza di Vittorio Sambuy (e con i

suoi telegrammi-felicitazione che arrivavano da un posto che si chiama Bagni di Lucca)

quando, raggiunta Milano per l'università e accantonate le ambizioni azzurre, cominciai a

ripiegare sulle gare universitarie, o anche, per puro divertimento, sulle "QN" di periferia. Entrò

Gianandrea Gregorini, poi Roberto Morelli, e con Nicolò a fare da catalizzatore, con mio

fratello Carlo, e con chi c'era c' era, tra il 63 e il 66, finalmente in buona compagnia e

divertendoci, abbiamo percorso tutta l'Italia e buona parte delle limitrofe Francia, Svizzera e

Austria, per lungo e per largo, alla caccia delle gare più congeniali.

Così, pian piano, mi stavo anche "occupando" del 18. Insomma arrivato a vent'anni e

sentendomi fortemente parte di una famiglia, cominciavo a sentirne la responsabilità, e quindi

la spinta ad organizzare e intruppare gli amici. Giovanni Pierobon, Giulio Sofio, Rinaldo

Menardi, Gianandrea Gregorini, Adriano Vigo, e lo stesso Francesco Delle Piane

(distrattamente figlio di fondatore) sono stati un "nucleo" di sciatori che ha fatto in qualche

modo da ponte tra il forte contingente di dieci anni prima, guidato da Furio Nordio e Sandrino

Menardi e quello successivo "tenuto a balia" da Carlo Durazzo, che comprendeva Cimini,

Deganello, Piero Colonna, Alessandro Ponti, Gai Marzotto e forse i figlioli Franchetti, dei

quali, tuttavia, non ho mai conosciuto le gesta.

Harvey 1

Con quel "mio" gruppo (più tardi subentrava Harvey, alla sua prima presidenza) abbiamo

combinato nel '63, nel '64 e nel '65 gli incontri con il team di Oxford & Cambridge a Zürs dove

ci raggiungevano anche, da Roma, Battista, Scialoja, Poma, e mio fratello Carlo. Non eravamo

certo unagrande squadra, ma vincevamo anche, e i diversivi che più o meno tutti andavamo

cercando erano sicuramente parte integrante di quelle primitive trasferte!

In un modo o nell'altro, con reazione a catena, il 18 tornava ad essere presente nelle gare

universitarie: in Cecoslovacchia, alle Universiadi del '64, con me, Morelli e Giorgio Marchelli,

tre di noi erano nella squadra italiana, e c'era anche Zeno Soave, che avrebbe più tardi lasciato

il "Corno alle Scale" per entrare anche lui nel 18.

Alle Universiadi del '66 c'eravamo ancora Morelli, io, e Daniele Cimini, ma in quell'occasione,

per una piccola distrazione, mi feci seriamente male nelle prove della libera, finii all'ospedale, e

dovetti abbandonare le gare. Così, l'anno dopo, mi trasferii a Firenze per dare inizio, un po'

prematuramente come è sempre stato mio destino, a quella grande rottura di palle che è stato

poi il lavorare.

Avevo 23 anni, le gare erano un capitolo chiuso, ma non lo Sci Club 18. La prima verifica

arrivò presto: Francesco Colonna, che oltre ad essere il tesoriere storico evidentemente teneva

anche le fila di quel poco di segreteria che esisteva a quei tempi, avendo udito che lavoravo nel

campo editoriale, mi rifilò subito l'incarico di redigere l'annuario del 1969. Non solo: stampato

che fu (male, devo dire), defalcò la fattura del tipografo da "mie quote arretrate", e siccome

andavo comunque a credito, disse che giacché ormai lavoravo, era giusto e opportuno che

versassi un contributo!

Così era ancora il 18, all'epoca.

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