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Nel nostro Paese, a 60 anni dal varo della Carta Costituzionale, si registra ancora una notevole area di lavoro irregolare e sommerso. Non si tratta di un fenomeno criticabile soltanto perché induce una sorta di concorrenza sleale per le imprese che rispettano le regole, ma anche di una situazione che favorisce fenomeni di criminalità organizzata, facendola diventare un fattore che inquina le regole del mercato. Recenti studi attribuiscono al fenomeno malavitoso un utile annuo di 90 miliardi di euro. Questo dato è motivo di incubi reali per quegli imprenditori sottoposti al racket, ai furti, alle rapine, all’usura, all’abusivismo, agli appalti truccati, alla contraffazione ed alla pirateria. Si tratta di questioni cruciali non solo per gli operatori economici. Non a caso la questione sicurezza è stata uno dei temi più dibattuti nella recente campagna elettorale. Probabilmente uno dei settori che più di altri subisce gli effetti negativi di questa situazione è quello del Terziario nel quale per alcune attività la presenza di extracomunitari è consistente. Queste attività rappresentano il 9% del Pil ed in alcune realtà coinvolgono il 10% dei lavoratori dipendenti. Del resto, la procedura dei flussi messa a punto per il 2007 che prevedeva la possibilità di assunzione per 170.000 lavoratori, ha fatto registrare circa 700.000 domande da parte di altrettanti datori di lavoro. È stata in concreto evidenziata, la presenza di mezzo milione di lavoratori extracomunitari clandestini che lavorano, ma che non sono ancora in regola. Non a caso si è ipotizzato che regolarizzando tutti questi lavoratori si potrebbe realizzare un extragettito del valore di 2,5 miliardi di euro. Non va, tuttavia, taciuto che questi lavoratori considerati irregolari hanno contribuito a conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari. Infatti, le badanti hanno permesso a tante famiglie italiane, a costi sostenibili, di convivere con il drammatico problema della non autosufficienza di una popolazione sempre più anziana. È evidente che il fenomeno è L’Ispettore e la Società 25 Intervento A. Vecchietti, Dirigente “Area Legislazione d’impresa”, Confcommercio complesso e deve essere affrontato in maniera pragmatica. Lo richiede il mondo stesso delle imprese. In tal senso, occorre l’individuazione di un percorso caratterizzato da una notevole semplificazione degli adempimenti, che possa favorire l’emersione di tali lavoratori ed il permanere degli stessi all’interno del mercato del lavoro regolare. Del resto, è evidente che le imprese hanno bisogno di adempimenti certi e compatibili con le proprie esigenze. Lo richiede il mondo dei lavoratori. Occorre, infatti, ricordare che i lavoratori extracomunitari, facendosi carico in numerosissimi casi di svolgere attività in ambito familiare, forniscono indirettamente un
26 L’Ispettore e la Società Iª Giornata importante contributo all’elevazione dell’occupazione femminile,favorendo il superamento di uno dei maggiori gap del mercato del lavoro italiano. Per realizzare tale obiettivo, rientrante nella strategia di Lisbona, è indispensabile anche rimodulare la spesa sociale orientata verso le pensioni, aumentando la spesa per la famiglia, attualmente inferiore alla media europea. Il tasso di occupazione delle donne italiane nel 2007, pari al 50,7%, è di gran lunga inferiore, non solo a quello degli uomini (70,5%), ma anche alla media europea. Tale dato evidenzia la necessità di intervenire maggiormente nel processo di conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro, sul potenziamento della rete dei servizi, delle prestazioni sociali e dei connessi stanziamenti. Del resto, le esperienze europee dimostrano che il lavoro femminile è un fattore di crescita della natalità, in quanto garantisce condizioni di maggiore sicurezza economica. In Francia, ad esempio, la notevole crescita demografica è stata accompagnata dall’aumento del tasso di attività lavorativa delle donne di età compresa fra i 25 ed i 49 anni, oggi il più alto d’Europa (81%). Fra gli ostacoli maggiori che ancora si frappongono all’occupazione femminile, va, poi, richiamato l’insufficiente sviluppo dei servizi per l’infanzia e degli asili nido, soprattutto nel Mezzogiorno. Solo nel 30% dei Comuni italiani vi sono asili nido. L’Italia è ancora lontana, quindi, dal raggiungimento dell’obiettivo di assicurare, entro il 2010,al 33% dei bambini fino a tre anni di età il servizio di asilo nido. La conciliazione fra i tempi di vita e di lavoro necessita anche di interventi strutturali sul versante degli anziani e della non autosufficienza. Tale aspetto, in presenza di un costante aumento della durata della vita media rappresenta uno dei maggiori problemi sociali del Paese. E’ noto che la famiglia ha spesso rappresentato una sorta di ammortizzatore sociale per supplire alla inadeguatezza dei servizi pubblici. Anche in tale ottica, è indispensabile attuare la delega sul mercato del lavoro prevista dalla legge 247/2007 finalizzata ad incrementare il tasso di occupazione delle donne. Tuttavia, considerato che la predetta riforma deve avvenire senza ulteriori oneri per lo Stato, c’è il rischio che non se ne faccia nulla. Sarebbe questo il modo per perdere una considerevole opportunità. In tal senso non appare condivisibile la misura, sempre contenuta nella legge 247/2007, che disincentiva,mediante incrementi contributivi, i rapporti di lavoro part-time fino a 12 ore settimanali. E’ questo il modo per rendere più difficile conciliare l’attività lavorativa delle donne con i problemi familiari, rischiando di incentivare il ricorso al lavoro sommerso. In questo contesto, particolare attenzione merita il fondo di microcredito di sostegno alle attività giovanili, con particolare riferimento alle donne. Ovviamente vanno sostenute anche le attività di lavoro autonomo ed in tal senso è positiva la previsione dell’apposito fondo per il credito ai giovani lavoratori autonomi per agevolare il passaggio generazionale nelle PMI e l’avvio di nuove attività imprenditoriali. Un aspetto decisivo su cui è necessario incidere per modernizzare il nostro mercato del lavoro, è il contrasto al lavoro sommerso. Su tale aspetto consentitemi di fare alcune riflessioni sulle disposizioni introdotte recentemente. Mi riferisco, in particolare al DURC, agli adempimenti amministrativi ed ai provvedimenti di stabilizzazione. Relativamente al primo aspetto esprimiamo soddisfazione per la linea assunta dal Ministero del lavoro che recepisce la proposta delle parti datoriali finalizzata a valorizzare il ruolo degli Enti bilaterali. Infatti, in analogia a quanto avviene per il settore edile, è stata consentita la concessione del Documento anche da parte degli Enti bilaterali stessi, oltre che dall’INPS e dell’ INAIL. Il DURC, al quale è subordinata la concessione delle agevolazioni contributive e normative, può costituire una leva per fare chiarezza nel mercato. In questo senso, sarebbe necessario estendere fra le condizioni ostative alla sua concessione il rispetto dell’intero CCNL e non solo della parte economica e normativa. Diversamente si corre il rischio che il cosiddetto Welfare contrattuale sia vissuto dagli imprenditori solo in termini di costi aggiuntivi e, quindi, come un peso imposto dalle parti sociali. Ricordo, in proposito, la linea contraddittoria assunta dal Ministero del Lavoro in occasione degli interpelli sull’assistenza integrativa e sulla previdenza complementare. Con tali prese di posizione, si corre il rischio di assecondare una sorta di “dumping sociale”, tra lavoratori che, svolgendo la stessa attività lavorativa, potrebbero avere livelli di garanzie sociali diverse. Si tratta, invece, di rendere operativa la svolta culturale con la quale pariteticamente le parti sociali si sono assunte la responsabilità di dare un importante contributo alla modernizzazione di componenti significative del nostro sistema di tutele. Tra le tutele dirette a garantire la reale applicazione dell’art. 1 della Costituzione, va ricordata anche la norma sulla stabilizzazione dei rapporti di collaborazione. Si tratta di una disposizione diretta a promuoverne la conversione di tali rapporti in contratti di lavoro subordinato, a condizioni agevolate e, quindi, di un utile strumento per far emergere il lavoro irregolare, attraverso accordi promossi dalle parti sociali. Tuttavia il termine del 30 aprile 2007, originariamente previsto dalla legge finanziaria 2007 per stipulare gli accordi sindacali aziendali o territoriali, è apparso troppo esiguo e non ha consentito, in taluni casi, di accedere all’agevolazione. Un discorso analogo va fatto anche per la regolarizzazione ed il riallineamento retributivo e contributivo dei rapporti di lavoro non risultanti dai libri obbligatori, disposti dalla legge finanziaria 2007, entro il 30 settembre scorso. Anche questa disposizione,per le difficoltà oggettive della procedura non ha dato i risultati
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