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don chisciotte pagina 106
stimabile dei pubblici funzionari che ragliano, dei preti che s'ingrassano,
dell'inquisizione che incombe, e alla fine, passata molta acqua sotto i ponti e
molta amarezza nella propria vita, Cervantes crede più esemplare la beffa di
Basilio che i grandi miracoli di san Giacomo, Santiago matamoros, di cui
Don Chisciotte potrebbe «portare molti esempi che si narrano nelle genuine
storie spagnole»: come si sa, Don Chisciotte non ha mai distinto una
«genuina storia» dalle panzane di un romanzo cavalleresco, e per lui sono
tutti nello stesso calderone, Amadigi di Gaula e il Cid Campeador. C'è una
finzione dominante, che però si crede vera e normale, e c'è la finzione di chi
sopravvive, sapendo benissimo di fingere e sapendo, proprio per questo, che
fingono anche gli altri, i potenti. Se non lo sanno, vuol dire che sono
allucinati, pazzi, certamente più pazzi di Don Chisciotte: e come tali si
rivelano alla cartina di tornasole della follia del nostro cavaliere. Ci sarà una
resa dei conti tra questi due mondi, tra queste due forme di falsità e
simulazione. Un redde rationem letterario, non una rivoluzione, nel quale le
ragioni di chi è costretto a fingere emergeranno in primo piano, saranno
esposte e otterranno un riconoscimento. Il morisco Ricote era solo un inizio:
l'affondo vero avviene a Barcellona.