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don chisciotte pagina 88<br />

modo di quando si traveste per la mascherata destinata a Don Chisciotte: la<br />

sua simulata condotta riguardo al cattolicesimo sarebbe la condizione per<br />

sopravvivere nella società, e verrebbe difesa a tutti i costi. Resterebbe la<br />

maschera, ma senza il gioco.<br />

Anche nelle alte sfere della gerarchia sociale difendere la propria maschera<br />

è questione essenziale. Il prestigio e il potere richiedono qualità che uno<br />

potrebbe non avere, e il cui possesso andrebbe simulato per non perdere<br />

onore e reputazione.<br />

Osservando il mondo da questo punto di vista, lo si scopre facilmente <strong>com</strong>e<br />

un gran teatro, in cui ognuno recita il suo ruolo sociale, senza mai<br />

confessarlo pubblicamente: ai tempi di Cervantes, peraltro, questo era quasi<br />

un luogo <strong>com</strong>une, e non richiedeva dimostrazioni o speculazioni astratte a<br />

sostegno. A smascherare questo gran teatro del mondo ci si erano provati in<br />

molti, non ultimo Erasmo, ma per <strong>com</strong>piere questo lavoro di sana<br />

chiarificazione occorre qualcuno che, consapevole di cosa sia una recita,<br />

consapevole cioè dei mezzi del gran mondo del teatro, riesca ad indurre gli<br />

altri a recitare per gioco un nuovo ruolo, e a smascherarsi in esso<br />

inavvertitamente.<br />

Questo meccanismo di smascheramento è quantomai essenziale nella<br />

seconda parte del Don Chisciotte, ed è lo stesso protagonista del romanzo a<br />

trattarlo, fornendo una specie di teoria esplicita, dopo il suo incontro con i<br />

teatranti. Nel vederli viaggiare coi loro costumi di scena addosso, ci<br />

saremmo attesi un guizzo della visionaria fantasia chisciottesca - lui che<br />

aveva trasfigurato i mulini in giganti e le pecore in eserciti, cosa mai potrà<br />

fare con esseri fantastici e non usuali? Invece il nostro cavaliere, che in<br />

questa seconda parte dell'opera appare molto più capace di cogliere la realtà<br />

effettiva, li riconosce <strong>com</strong>e attori e apprezza il loro mestiere. Commedie e<br />

uomini di teatro, dice,<br />

«sono strumenti per fare un gran bene alla repubblica [cioè alla<br />

società], mettendoci dinanzi a ogni passo uno specchio, in cui si<br />

vedono dal vivo le azioni della vita umana, e non c'è nessun altro<br />

paragone capace di rappresentarci così dal vivo ciò che siamo e ciò<br />

che vogliamo essere <strong>com</strong>e la <strong>com</strong>media e i <strong>com</strong>medianti» [DQ, II,<br />

12] 55 .<br />

Rappresentare dal vivo «ciò che siamo» e «ciò che vogliamo essere»: se le<br />

due dimensioni non coincidono, è il gran teatro della nostra vita. Dice Don<br />

Chisciotte:<br />

«Non hai tu visto rappresentare qualche <strong>com</strong>media dove vengono<br />

introdotti re, imperatori e pontefici, cavalieri, dame e altri diversi<br />

personaggi? Uno fa il ruffiano, l'altro l'imbroglione, questi il mercante,<br />

55 cfr. Helena Percas de Ponseti, Cervantes y su concepto del arte, cit.: «Il significato<br />

dell'esperienza di Don Chisciotte acquisisce la verità che il lettore scopre quando si guarda<br />

in essa <strong>com</strong>e in uno specchio che gli restituisce la sua propria interiorità » (I, 25).

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