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don chisciotte pagina 54<br />
che più merita di tutte le altre donne della preterita, presente o futura<br />
età"» 50 .<br />
L'episodio avviene nel 1545, e la condizione di Tullia, cortigiana, ovvero<br />
prostituta d'alto rango, mostra che la nobiltà si divertiva a giocare al<br />
<strong>com</strong>portamento cavalleresco. In effetti, solo nel gioco è possibile adottare<br />
una simile posizione. È talmente lontana dalla realtà che, nel racconto<br />
cervantino, una semplice obiezione basta a smontarla. Giocando a un altro<br />
gioco, uno dei mercanti toledani dice a Don Chisciotte:<br />
«Signor cavaliere, noi non conosciamo chi sia questa buona signora<br />
che dite; mostratecela: ché se ella avesse tanta bellezza <strong>com</strong>e<br />
intendete, volentieri, e anche senza alcuna pressione, confesseremmo<br />
la verità che da parte vostra ci viene chiesta» [DQ, I, 4].<br />
Il mercante, sornione e arguto <strong>com</strong>e l'oste, dà spago al gioco cavalleresco di<br />
Don Chisciotte, ma non ne rispetta le regole. Il cavaliere, ovviamente, sfida<br />
per il gusto di <strong>com</strong>battere un duello o di avere una soddisfazione personale<br />
imponendo una sua arbitrarietà. Il vile dirà subito che la dama è bella;<br />
l'uomo di valore (di quel valore guerriero che interessa nel caso specifico)<br />
coglierà l'occasione per rifiutare la sottomissione e <strong>com</strong>battere (per inciso: è<br />
quel tipo di cavalleria spaccona che nel medioevo si era attirata la condanna<br />
degli uomini di chiesa). Don Chisciotte vede bene che il gioco non è<br />
rispettato:<br />
«Se ve la mostrassi, che fareste voi nel confessare una verità così<br />
notoria? L'importanza sta nel fatto che senza vederla lo dovete credere,<br />
confessare, affermare, giurare e sostenere; se no, siete con me in<br />
battaglia, gente volgare e superba» [DQ, I, 4].<br />
I mercanti ne fanno una questione di principio, ostentando una sensibilità<br />
quantomai lontana dallo spirito cavalleresco. Non vogliono affermare ciò<br />
che non hanno visto, dicono ironicamente:<br />
«Per non caricare le nostre coscienze confessando una cosa da noi mai<br />
vista né udita, e inoltre così pregiudiziale per le imperatrici di Alcarria<br />
ed Estremadura, vostra grazia si degni di mostrarci un ritratto di<br />
codesta signora, sia pure della grandezza di un chicco di grano [...] e<br />
con ciò saremo soddisfatti e sicuri, e vostra grazia sarà contento e<br />
appagato; ed anzi, credo che siamo già tanto dalla sua parte che, anche<br />
se il suo ritratto ci mostrerà che ha un occhio storto e l'altro cisposo,<br />
ciononostante, per <strong>com</strong>piacere vostra grazia, diremo in suo favore<br />
tutto ciò che vorrà» [DQ, I, 4].<br />
Progettando la sua vita cavalleresca, Don Chisciotte aveva messo in conto di<br />
dover <strong>com</strong>battere contro la malvagità di avversi incantatori o l'ostilità di<br />
50 Paul Larivaille, La vita quotidiana delle cortigiane nell'Italia del Rinascimento, tr. it.,<br />
Rizzoli, Milano 1988, 126. Cita G. Biagi, Un'etera romana: Tullia d'Aragona, "Nuova<br />
Antologia", serie III, vol. IV, agosto 1886.