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don chisciotte pagina 49<br />
L'investitura cavalleresca<br />
Giunto nella locanda-castello, Don Chisciotte prega l'oste-castellano di farlo<br />
cavaliere, cosa che questi <strong>com</strong>pie abbastanza di buon grado. Nella<br />
cerimonia d'investitura (che era, ed è, un sacramentale, cioè un rito religioso<br />
presente nella liturgia), l'oste finge di recitare antichi formulari tratti da un<br />
libro che, in realtà, è il registro <strong>com</strong>merciale della sua attività.<br />
Martín de Riquer ha <strong>com</strong>mentato efficacemente la parodia di situazioni<br />
<strong>com</strong>uni nella letteratura cavalleresca; bisognerebbe aggiungere alle sue<br />
considerazioni anche la sottolineatura della dissacrazione operata da<br />
Cervantes:<br />
«Si tratta, dice Riquer, di una ridicola farsa e di una chiara parodia<br />
delle solenni feste così abbondanti nei libri di cavalleria, dove l'eroe<br />
viene armato con tutta la serietà del caso e con il più profondo fervore<br />
religioso. Ma la cosa importante è che l'idalgo della Mancia rimane<br />
idalgo, e in nessun modo acquista il rango di cavaliere in seguito a<br />
questa ridicola cerimonia: bisognerebbe essere pazzi quanto Don<br />
Chisciotte per crederlo. D'ora in poi l'intero romanzo scorrerà<br />
adeguandosi a questo equivoco iniziale e cosciente. Le persone sensate<br />
che s'imbatteranno in Don Chisciotte <strong>com</strong>prenderanno<br />
immediatamente che si tratta di un matto che si figura cavaliere; solo i<br />
rustici, gli ignoranti, i rimbecilliti e i tonti prenderanno sul serio la<br />
cavalleria dell'idalgo mancego» 49 .<br />
Riquer sottolinea che nel XVII secolo, quando le categorie sociali erano ben<br />
distinte, questa equivoca iniziazione cavalleresca aveva un senso chiaro per<br />
il lettore, e ricorda anche una legge delle Partidas, che considera nulla<br />
l'investitura nei seguenti casi: quando è fatta da chi non ne ha l'autorità;<br />
quando è ricevuta da chi è pazzo o molto povero; o quando viene fatta per<br />
burla o per dileggio. Dunque il nostro eroe non è un cavaliere.<br />
Naturalmente, la sua valutazione è diversa: lui si sente predestinato, e sa di<br />
possedere le virtù cavalleresche in sommo grado; tutto il resto non conta.<br />
L'investitura sembra per lui quasi una burocratica licenza di esercizio della<br />
sua nuova professione: «Si propose di farsi armare cavaliere dal primo in<br />
cui si fosse imbattuto, ad imitazione di molti altri che avevano fatto così»<br />
[DQ, I, 2].<br />
S'intende dire: dal primo cavaliere, o: dal primo e basta, da un tizio<br />
qualunque? Il testo è ambiguo. È facile sottintendere che alluda a un<br />
49 Martín de Riquer, ed. cit., 47-48.