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don chisciotte pagina 52<br />

Per il momento, <strong>com</strong>unque, Don Chisciotte non ha ancora esperienza di<br />

questo dissidio tra lui e il mondo sociale, o la cultura dominante. Gli<br />

interessa correre per il mondo e ha troppa fretta per stare dietro ai dettagli,<br />

<strong>com</strong>e soldi o mutande di ricambio. Il mondo è il teatro dell'avventura, e<br />

nient'altro conta.<br />

Naturalmente, questa sua idea entusiasta è un po' riduttiva e unilaterale:<br />

nulla di strano se va a scontrarsi con la realtà. Insomma, anche prendendo<br />

per buona la sua concezione della cavalleria, anche riconoscendone senza<br />

indugio la superiorità morale rispetto all'epoca, resta il fatto che essa è<br />

perfettamente anacronistica. I primi due episodi in cui il Nostro si trova<br />

coinvolto, lo rivelano subito, per non parlare dello stesso incontro con l'oste.<br />

Per l'oste Don Chisciotte è <strong>com</strong>pletamente matto: gli dà corda per divertirsi<br />

ma, quando diventa pericoloso perché non lascia avvicinare nessuno al<br />

pozzo in cui ha posato le armi per la veglia rituale, bisogna allontanarlo in<br />

fretta.<br />

Questo oste che crea il novello cavaliere è un picaro, un furfante, cioè il tipo<br />

umano più opposto che si possa immaginare. È importante questo dettaglio?<br />

Certo, Cervantes poteva anche risparmiarselo, giacché nell'economia della<br />

storia bastava un semplice oste, <strong>com</strong>e altri presenti nel romanzo. In questo<br />

caso l'oste è anche un furfante matricolato, e abbiamo un elemento in più su<br />

cui ragionare. Tra l'altro è un elemento che lo stesso Cervantes sottolinea<br />

con un certo vigore:<br />

«Lui stesso [l'oste], negli anni della sua giovinezza, si era dedicato a<br />

quell'onorevole esercizio [la vita picaresca], girando per diverse parti<br />

del mondo, cercando le sue avventure, senza trascurare i Percheles di<br />

Malaga, le Islas de Riarán, il Compás di Siviglia, l'Azoguejo di<br />

Segovia, l'Oliveira di Valencia, la Rondilla di Granada, la spiaggia di<br />

Sanlúcar, il Potro di Cordova, e le Ventillas di Toledo, e altri luoghi<br />

vari, dove aveva esercitato l'agilità dei piedi, la sottigliezza delle mani,<br />

facendo molti torti, insidiando molte vedove, disfacendo alcune<br />

donzelle e ingannando qualche pupillo, e infine facendosi conoscere<br />

dalle preture e dai tribunali di tutta la Spagna» [DQ, I, 3].<br />

Quest'uomo, che ha vissuto nei più famosi bordelli e luoghi malfamati del<br />

paese, è l'esatto contrario del cavaliere: non raddrizza i torti, ma li <strong>com</strong>pie;<br />

non protegge l'onore delle donzelle, ma ne disfa la verginità, e via dicendo.<br />

Non è un anonimo qualunque, che <strong>com</strong>pie per burla la parodia di una<br />

cerimonia d'investitura, ma è un picaro non pentito. Il picaro è uno dei<br />

personaggi letterari che, nel Cinquecento, smascherano la struttura sociale<br />

castale, con la quale non sentono nessun legame. Il nostro oste non ha<br />

rispetto per la cavalleria: asseconda Don Chisciotte per avere di che ridere<br />

per la notte: per lui il nostro eroe è un povero demente, e inoltre la<br />

cavalleria è una cosa senza valore. Sono due cose diverse. Possiamo avere il<br />

cinismo di prendere in giro un matto ma, poniamo, se questo matto fa cose<br />

blasfeme e noi siamo credenti, non lo assecondiamo più: non per rispetto a<br />

lui, ma per rispetto alla sacralità di un atto o un luogo. Invece l'oste si

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