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don chisciotte pagina 35<br />
Orbene, in questa stessa introduzione, Cervantes parla delle discretas<br />
locuras del suo eroe. Pazzie, dunque, però discrete. Ritengo allora che si<br />
possa pensare a un gioco sottile: partendo dallo stato mentale realmente<br />
alterato di Alonso Quijano, il testo semina continuamente dubbi nel lettore,<br />
depista e spinge a considerare seriamente l'ipotesi che il nostro eroe non sia<br />
pazzo. Questi depistaggi non solo legittimano interpretazioni contrapposte,<br />
ma rendono anche difficoltoso sapere fino a che punto è pazzo, se lo è. Lo è<br />
quando scambia i mulini a vento per giganti? E allora perché non dovrebbe<br />
esserlo anche quando parla, con apparente lucidità, dei valori della vita<br />
guerriera e di quella intellettuale, del rapporto tra padri e figli, della<br />
giustizia, e insomma di tutti gli argomenti in cui ripete banali luoghi<br />
<strong>com</strong>uni, col consenso e l'approvazione dei suoi nobili interlocutori? È un<br />
punto che rimane ambiguo.<br />
Per Torrente, la pazzia di Don Chisciotte ha una sua coerenza. Il nostro eroe<br />
<strong>com</strong>prende la realtà e non la deforma quando questa (s'intenda: ciò che nel<br />
romanzo svolge il ruolo di realtà) è adeguata al <strong>com</strong>portamento di cavaliere<br />
che egli vuole esercitare. In altri casi l'apparenza ingannevole delle cose può<br />
far pensare di trovarsi di fronte a un'avventura: allora Don Chisciotte si<br />
attiene alle apparenze. Altrove, invece, parte da un elemento reale (ad<br />
esempio la polvere sollevata da un gregge di pecore in lontananza) per<br />
interpretarlo alla luce della sua immaginazione: è un esercito di cavalieri in<br />
marcia. Quando ciò avviene, Narratore, Cavaliere e Scudiero si <strong>com</strong>portano<br />
ciascuno secondo il modo che gli è proprio: il Narratore ricorda al lettore le<br />
condizioni mentali di Don Chisciotte; questi, a sua volta, trasfigura la realtà<br />
<strong>com</strong>e se fosse vittima di un'allucinazione (sono gli incantatori che hanno<br />
trasformato in pecore l'esercito); mentre lo Scudiero ha la corretta visione<br />
realista. Infine vi sono casi in cui il nostro eroe è costretto ad accettare la<br />
realtà così <strong>com</strong>'è, non essendo essa suscettibile di trasformarsi in materia<br />
cavalleresca (ad esempio quando sente il dolore per la ferita all'orecchio).<br />
Si ha allora un <strong>com</strong>portamento coerente: si tratta di alterare la realtà in senso<br />
cavalleresco, ogni volta che è possibile. Per Torrente, che non crede nella<br />
spiegazione della pazzia, Don Chisciotte agisce con metodo. Tuttavia le<br />
nozioni di metodo e pazzia non sono sempre in<strong>com</strong>patibili tra loro, <strong>com</strong>e<br />
avviene, ad esempio, nel caso dell'idea fissa.<br />
Comunque sia, Don Chisciotte risulta in contrasto col suo mondo: matto<br />
vero o simulato, lui non è Amadigi, e la terra in cui cammina non è la<br />
foresta di Brocelandia. Dice Torrente: «La storia consiste nel fatto che<br />
questo personaggio, inteso <strong>com</strong>e "l'uomo che simula di essere", è<br />
incongruente col mondo che lo circonda» 28 . La cavalleria non c'è più, ed<br />
egli non può limitarsi a fare il cavaliere: deve esserne il rifondatore. Al<br />
tempo stesso, la realtà non è quella dei romanzi, e dunque deve essere<br />
riformata.<br />
28 ibid., 114.