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don chisciotte pagina 53<br />

diverte col matto, e si diverte a parodiare una cerimonia che, evidentemente,<br />

per lui non ha alcun valore.<br />

Cervantes, che ha mostrato spesso una chiara simpatia per la vita picara,<br />

lascia scorrere davanti al lettore questa scena dissacrante, motivandola con<br />

la pazzia del protagonista e il carattere burbero dell'oste; ciò non toglie,<br />

però, che la giustificazione risulti debole. Indipendentemente dalle<br />

condizioni mentali dell'idalgo, è chiaro che costui ha una concezione elevata<br />

(ma inattuale) della cavalleria, in chiaro contrasto con la concezione<br />

prosaica e concreta che ne ha l'oste. Se si pensa un attimo all'ovvio, è chiaro<br />

che l'oste può fare il suo gioco tranquillamente, perché non è abituale che<br />

passino cavalieri per la sua locanda e che si inalberino vedendo la parodia di<br />

un rito di iniziazione cavalleresca. Cioè, nella situazione descritta dal<br />

romanzo, è l'oste e non Don Chisciotte a risultare normale, ed è Don<br />

Chisciotte, non l'oste, a far ridere il lettore.<br />

La missione del cavaliere, quale la si concepiva tempo addietro, è ormai<br />

irreale. Martín de Riquer ha notato che, nel citato episodio di Andrés e Juan<br />

Haldudo, Don Chisciotte si <strong>com</strong>porta <strong>com</strong>e avrebbe fatto un cavaliere d'altri<br />

tempi, impegnato a mantenere la parola data; vale a dire che il suo<br />

<strong>com</strong>portamento è coerente con l'etica cavalleresca. Apparentemente riporta<br />

una vittoria, perché Haldudo promette di risarcire il povero Andrés; in<br />

realtà, una volta allontanatosi il nostro eroe, tornerà a legare il giovane e a<br />

frustarlo con maggior foga. Dietro l'apparenza, dunque, Don Chisciotte<br />

viene sconfitto proprio per essersi affidato a un codice d'onore che non vige<br />

più.<br />

L'inattualità del personaggio e della cavalleria trova conferma nell'episodio<br />

successivo, quando Don Chisciotte pretende che alcuni mercanti toledani<br />

dichiarino che Dulcinea è la più bella donna del mondo, pur senza averla<br />

mai vista. È una tipica situazione cavalleresca: si impone un <strong>com</strong>portamento<br />

in fondo umiliante per avere l'occasione di battersi selezionando i migliori<br />

avversari tra chi abbia fegato sufficiente a ribellarsi e a sostenere i propri<br />

diritti armi alla mano. Naturalmente nel nostro caso l'esito non è quello<br />

sperato.<br />

Abbiamo allora nel romanzo due tesi <strong>com</strong>plementari. la prima è dichiarata<br />

esplicitamente: i libri di cavalleria contengono fantasie assurde e fuorvianti.<br />

La seconda è mostrata nei fatti: l'istituzione cavalleresca è inattuale.<br />

La cosa non è così ovvia e palese per un lettore del tempo <strong>com</strong>e lo è per noi,<br />

perché lui era ancora immerso nella retorica della cavalleria. Episodi simili<br />

a quello dei mercanti di Toledo erano accaduti in Spagna ancora pochi<br />

decenni prima. Altrove diventano atteggiamenti ostentatamente ludici e<br />

burleschi; in Italia, ad esempio,<br />

«Quando [Tullia d'Aragona] lascia Venezia, il suo ascendente tra gli<br />

uomini è tale che sei gentiluomini romani, tra cui un Orsini,<br />

pubblicamente si dichiarano pronti a <strong>com</strong>battere un intero giorno per<br />

dimostrare che '"a loro signora e padrona, la Illustrissima Signora<br />

Tullia d'Aragonia, per le infinite virtù quali in lei risplendono, è quella

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