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don chisciotte pagina 63<br />
Vivaldo non infierisce. Secondo Juan Bautista Avalle-Arce, questo Vivaldo<br />
potrebbe alludere a un personaggio storico, Adam de Vivaldo, poeta<br />
menzionato nella Galatea, e che non doveva a sua volta essere un campione<br />
di purezza razziale.<br />
Nel frattempo la <strong>com</strong>pagnia giunge sul luogo del funerale. Ambrosio, amico<br />
del defunto e suo esecutore testamentario, definisce Marcela «nemica<br />
mortale del genere umano», fiera e ingrata, <strong>com</strong>e da copione. Il defunto<br />
Grisostomo, invece, viene ricordato <strong>com</strong>e maestro di cortesia e gentilezza,<br />
amico magnifico:<br />
«Volle bene e fu aborrito; adorò e fu sdegnato; pregò una fiera,<br />
importunò una statua, corse dietro il vento, diede voce alla solitudine;<br />
servì l'ingratitudine, da cui ottenne in premio di essere preda della<br />
morte nel mezzo del cammino della sua vita, cui mise fine una pastora<br />
che egli cercava di eternare perché vivesse nella memoria delle genti»<br />
[DQ, I, 13].<br />
Gran bella orazione funebre, dove forse l'allusione al primo verso della<br />
Commedia dantesca serve a richiamare l'ideologia dell'amore «che a nullo<br />
amato amar perdona». Vengono letti i versi del giovane suicida, e si scopre<br />
che sono piuttosto convenzionali e falsi. Il pastore-innamorato-poeta vi<br />
accusa Marcela, senza fondamento, di tradimenti che lei non ha <strong>com</strong>messo:<br />
così vuole infatti la convenzione della gelosia e della sofferenza dell'amante<br />
respinto, secondo il modello cortese.<br />
È a questo punto che interviene il colpo di scena: la <strong>com</strong>parsa della pastora<br />
Marcella rompe l'atmosfera di <strong>com</strong>mossa solidarietà maschile e porta<br />
un'altra voce, che demolisce tutti i luoghi <strong>com</strong>uni:<br />
«Per l'amore che mi mostrate, dite, e persino volete, che io sia<br />
obbligata ad amarvi. Io conosco, con l'intelletto naturale che Dio mi ha<br />
dato, che tutto ciò che è bello è amabile, ma non arrivo a capire che,<br />
per il fatto di essere amato, ciò che è amato in quanto bello sia<br />
obbligato ad amare chi lo ama. E in più, potrebbe darsi che l'amante<br />
del bello sia esso brutto, e sic<strong>com</strong>e il brutto deve essere aborrito,<br />
risulta assurdo dire: ti voglio perché sei bella, devi amarmi anche se<br />
sono brutto» [DQ, I, 13].<br />
Accanto a questa argomentazione logica, Marcela rivendica un rapporto<br />
d'amore che sia spontaneo e consensuale, non costretto dalla violenza o<br />
dalle convenzioni. Ma soprattutto rivendica la sua libertà personale: «Io<br />
sono nata libera, e per poter vivere libera ho scelto la solitudine dei campi»<br />
[DQ, I, 13]. Questo significa che Marcela non ha una vocazione particolare<br />
alla vita solitaria: la sua vocazione è alla libertà, e per poterla realizzare non<br />
ha avuto altra via che sottrarsi al consorzio sociale soffocante.<br />
Io sono nata libera è una frase che ha la stessa forza sovversiva di quella di<br />
Areúsa nella Celestina: io sono mia. Si tratta della stessa libertà rivendicata<br />
dalla persona femminile, ma apparentemente impossibile nella società<br />
dell'epoca. Nel caso di Areúsa la si paga con la scelta della prostituzione; in