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don chisciotte pagina 46<br />

possibili tante teorie e si possono fondare, in modo più o meno giustificato,<br />

tante interpretazioni.<br />

Una volta, i soggetti che controllavano la scrittura e la formazione della<br />

cultura credevano (o dicevano di credere) a una concezione della realtà<br />

assolutamente vera (cioè proposta <strong>com</strong>e tale), indiscutibile, <strong>com</strong>unque<br />

valida, indipendentemente dai punti di vista individuali. Ora, invece, nel<br />

secolo della modernità, si vede che questo è utopico, che non esistono idee<br />

così assolute, e che l'immagine della realtà è sempre il prodotto di un<br />

incontro tra ciò che la realtà stessa è, e ciò che noi possiamo capirne<br />

interpretativamente, avendo esperienza di pochi suoi frammenti. Di<br />

conseguenza, per noi, cioè per quanto noi arriviamo a sapere, non esiste<br />

alcuna conoscenza assoluta della realtà. Il che significa che per noi non<br />

esiste alcuna realtà assoluta, ma solo la realtà in quanto interpretata. La<br />

filosofia moderna non tarderà molto a tradurre in teorie formali ciò che<br />

Cervantes traduce in immagini e situazioni letterarie 45 .<br />

Ognuno vede in modo diverso oggetti e situazioni, e da questo nasce la<br />

discussione in cui ciascuno afferma con forza ciò che ritiene vero. La cosa<br />

può essere un elmo o una bacinella, non perché cambia la sua<br />

configurazione materiale, ma perché questa stessa configurazione è<br />

affermata da alcuni <strong>com</strong>e elmo e da altri <strong>com</strong>e bacinella, scatenando una<br />

contesa. La materialità delle cose la si trova in natura, ma la loro immagine<br />

o significato è un prodotto culturale e sociale.<br />

Américo Castro ha <strong>com</strong>mentato con finezza l'episodio in cui, nella seconda<br />

parte del romanzo, un gruppo di moriscos torna clandestinamente in Spagna<br />

dopo l'espulsione. Fermatisi a mangiare all'aperto, dispongono sul prato le<br />

loro vivande, tra cui del vino rosso e un osso di prosciutto. Cervantes non<br />

dice una sola parola di <strong>com</strong>mento, ma l'osso di prosciutto non era casuale:<br />

per il musulmano la carne di maiale è tabù, perciò mettere in mostra un osso<br />

mangiato significava, per i clandestini, cautelarsi, ostentando un oggetto che<br />

li qualificasse immediatamente <strong>com</strong>e cristiani. In altre parole, seminavano<br />

segnali che avrebbero condizionato l'interpretazione della realtà a chi li<br />

avesse visti in giro. L'osso di prosciutto, per il solo fatto di trovarsi in un<br />

contesto sociale, contiene infinite possibilità di uso che rendono <strong>com</strong>plessa e<br />

contraddittoria la sua realtà. Conoscendo il problema del conflitto etnico<br />

nella Spagna del tempo, Cervantes, scrive Castro,<br />

«decise che un osso o una fetta di prosciutto si convertisse in un<br />

efficace salvacondotto per muoversi nella Spagna dei cristiani vecchi e<br />

nuovi. [...] I lettori del 1605 e del 1615 leggevano facilmente tra le<br />

righe, da qui certe furie scatenate da Cervantes» 46 .<br />

45 «Questa apertura del reale verso molteplici significati si fonda sull'idea che la realtà<br />

non è assoluta, e che il suo significato dipende dal modo in cui ciascuno vive il reale» (A.<br />

Castro, Cervantes y el Quijote a nueva luz, cit., 62).<br />

46 A. Castro, Cervantes y el Quijote a nueva luz, cit., 29.

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