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don chisciotte pagina 107<br />
Barcellona<br />
Barcellona si presenta con un triste e veridico segno: uomini impiccati agli<br />
alberi che circondano la città, esponenti di quell'autonomismo catalano che<br />
il potere centrale chiamava «banditismo». Cervantes sottolinea che è un<br />
banditismo nato soprattutto da ragioni politiche. Di questi banditi Don<br />
Chisciotte conosce e ammira un capo, Roque de Guinart, i cui uomini sono<br />
armati di pistole e non di vecchie lance. «Valoroso Roque - lo chiama - la<br />
cui fama non conosce limiti sulla terra»: è un trattamento da cavaliere, non<br />
da bandito. E a Barcellona Don Chisciotte assisterà a storie che non<br />
finiscono <strong>com</strong>e nelle fiabe o nei romanzi cavallereschi: la bella Claudia<br />
spara all'innamorato credendosi tradita, e questi muore, diventando<br />
occasione per un ulteriore scontro tra le fazioni catalane.<br />
Roque è giusto nella distribuzione del bottino, ed è una figura di bandito<br />
buono travolto dalle circostanze:<br />
«Per mia natura io sono sensibile e incline al bene, ma, <strong>com</strong>e ho detto,<br />
il volermi vendicare di un oltraggio che mi fu fatto, fa cadere tutte le<br />
mie buone propensioni al punto che io persevero in questo stato,<br />
nonostante e malgrado ne sia cosciente; e <strong>com</strong>e un abisso ne chiama<br />
un altro, e un peccato chiama un altro peccato, le vendette si sono<br />
concatenate in modo tale che prendo sopra di me non solo le mie, ma<br />
anche quelle degli altri; ma Dio ha la bontà di far sì che, sebbene mi<br />
veda in mezzo al labirinto delle mie contraddizioni, non perda la<br />
speranza di uscirne a porto sicuro» [DQ, II].<br />
Anche a Barcellona Don Chisciotte viene ingannato e incontra personaggi<br />
falsi, ma la presenza della realtà è più forte: non solo la realtà dell'apocrifo<br />
di Avellaneda, che vede in una stamperia, ma anche quella del mare, visto<br />
per la prima volta, e la realtà di una vera battaglia, con morti autentici, per la<br />
cattura di un vascello moresco. Una volta presa la nave, il suo capitano<br />
risulta essere falso: è infatti una donna e cristiana di razza mora:<br />
«Da quella razza più infelice che avveduta, su cui in questo giorno è<br />
piovuto un mare di disgrazie, nacqui io - dice la donna - generata da<br />
genitori moreschi. Trascinata nella corrente della loro sventura, fui<br />
portata da due miei zii in Berberia, senza che mi giovasse a nulla dire<br />
che ero cristiana, <strong>com</strong>e realmente sono, e non di quelle finte e<br />
d'apparenza, ma di quelle vere e cattoliche. Non mi servì a nulla con<br />
coloro che erano incaricati del nostro triste esilio dire questa verità, e<br />
gli stessi miei zii non vollero crederla» [DQ, II, 63].<br />
Un'espulsione che continua a pesare, quella dei moriscos, e che Cervantes<br />
mette nella luce peggiore, mostrando che vengono cacciati uomini e donne